A Firenze rivive
l’antica tradizione
delle “buchette
del vino”
Buchetta di via del Giglio |
Nei ristoranti e wine bar del capoluogo toscano, per garantire la sicurezza del servizio e la salute di clienti e lavoratori, torna in auge l’uso della buchetta nata nel ‘600 in seguito alla peste.
Davvero la storia è un fiume carsico e davvero è dalle minacce che nascono le opportunità. Quanto sta accadendo in questa estate a Firenze è molto piacevole, molto interessante, e denota, ove ve ne fosse bisogno, la sagacia dei fiorentini. Difatti, i ristoranti e i wine bar nel centro di Firenze, a beneficio dei loro concittadini (i tanti rimasti in città) e dei turisti (ahinoi davvero pochini), stanno facendo rivivere, opportunamente attualizzata, l’antica tradizione fiorentina delle buchette del vino.
La peste funestò l’Europa in due riprese, nell’anno 1630 e nell’anno 1633. A Firenze in quegli anni terribili, onde stabilire il necessario distanziamento sociale, si provvide a queste buchette affinché coloro i quali vendevano i vini nei loro palazzi, per evitare il rischio di contagio entrando in contatto con gli acquirenti, da costoro ricevevano le monete in pagamento non direttamente mediante contatto di mani, bensì con una paletta metallica. Le monete venivano poi immediatamente immerse nell’aceto onde disinfettarle.
Ma anche il maneggio dei fiaschi, i recipienti dell’epoca, avveniva senza contatto fisico. Due le modalità. Il cliente portava il fiasco vuoto che passava attraverso la buchetta e, attraverso la stessa buchetta, a pagamento avvenuto, passava il fiasco pieno. Oppure, per caduta attraverso una cannella il contenuto del fiasco pieno andava a riempire il fiasco vuoto dell’acquirente, posto in basso. Una semplice applicazione della legge di gravità!
E adesso, dopo quasi cinque secoli, a causa della pandemia e quindi dell’obbligo dell’osservanza del distanziamento sociale e di norme igieniche più rigorose, si torna alle buchette del vino... ma non si dica, per piacere, che il take away lo abbiamo inventato noi! Oggi però, oltre al vino, attraverso le buchette arrivano ai clienti anche i caffè, i cocktail e i gelati: le buchette attualmente funzionanti in città sono oltre un centinaio! E con la storia che si ripete, chiudiamo citando Cicerone: “O tempora, o mores”.
La peste funestò l’Europa in due riprese, nell’anno 1630 e nell’anno 1633. A Firenze in quegli anni terribili, onde stabilire il necessario distanziamento sociale, si provvide a queste buchette affinché coloro i quali vendevano i vini nei loro palazzi, per evitare il rischio di contagio entrando in contatto con gli acquirenti, da costoro ricevevano le monete in pagamento non direttamente mediante contatto di mani, bensì con una paletta metallica. Le monete venivano poi immediatamente immerse nell’aceto onde disinfettarle.
Ma anche il maneggio dei fiaschi, i recipienti dell’epoca, avveniva senza contatto fisico. Due le modalità. Il cliente portava il fiasco vuoto che passava attraverso la buchetta e, attraverso la stessa buchetta, a pagamento avvenuto, passava il fiasco pieno. Oppure, per caduta attraverso una cannella il contenuto del fiasco pieno andava a riempire il fiasco vuoto dell’acquirente, posto in basso. Una semplice applicazione della legge di gravità!
E adesso, dopo quasi cinque secoli, a causa della pandemia e quindi dell’obbligo dell’osservanza del distanziamento sociale e di norme igieniche più rigorose, si torna alle buchette del vino... ma non si dica, per piacere, che il take away lo abbiamo inventato noi! Oggi però, oltre al vino, attraverso le buchette arrivano ai clienti anche i caffè, i cocktail e i gelati: le buchette attualmente funzionanti in città sono oltre un centinaio! E con la storia che si ripete, chiudiamo citando Cicerone: “O tempora, o mores”.
Vincenzo D’Antonio
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