Marche, terra di eccellenze
A ottobre torna
la fiera del tartufo
La casciotta d'Urbino |
Viaggio alla scoperta dei prodotti tipici della regione, dal brodetto ai formaggi al vino. Dal 25 ottobre e fino a metà novembre Acqualagna torna ad essere la capitale del tartufo bianco.
Non è una regione blasonata come altre, ma la forza del suo territorio la rende unica, anche nel nome. Le Marche infatti, sono l’unica regione al plurale. Abbiamo trascorso tre giorni nella parte nord-est, tra Pesaro e Fano alla scoperta di grandi prodotti e grandi produttori, di storie di uomini e dell’amore che mettono nel loro lavoro.
Iniziamo il nostro viaggio dal Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, tipico della zona compresa tra la vallata del Rubicone e del Marecchia. Realizzato per l’80% di latte ovino intero e per il 20% di latte vaccino intero, dal 2009 ha ottenuto il marchio Dop. Le forme vengono selezionate dal mastro casaro e inserite in un sacchetto di tela e poi adagiate nella fossa. La Denominazione prevede due periodi di infossatura: dal 1° marzo al 20 giugno; dal 21 giugno al 21 settembre. Prima di utilizzarle per l'infossatura, le fosse, profonde circa 3 metri, devono essere sanificate con il fumo di un piccolo falò. A seguire le pareti vengono rivestite con paglia sorretta da canne.
Sul fondo trovano posto delle assi di legno. Solo a questo punto si possono inserire le forme di formaggio. Le fosse vengono riempite con una procedura che riduce al minimo la presenza di aria tra un sacco e l’altro, chiuse in maniera ermetica. L’infossatura varia da un minimo di 80 giorni a un massimo di 100 giorni. Il sapore che ne deriva è unico e avvolgente. Noi abbiamo visitato l’infossatura di Bruno Giacobini vicino Fano e ci siamo promessi di tornare per il giorno della sfossatura per assaporarlo in tutta la sua intensità appena uscito dalla fossa.
Insieme al Fossa, c’è un altro formaggio molto noto in questa provincia e amato nientedimeno che dall’immenso Michelangelo, la Casciotta d’Urbino Dop. Oggi prodotto tra gli altri da Fattorie Marchigiane dove abbiamo visitato la produzione, la Casciotta d’Urbino Dop è un interessante formaggio con il primato di essere il primo ad aver conquistato la certificazione Dop in Italia, e nasce da una miscela di latte ovino (70-80%) e di latte vaccino (20-30%). La Denominazione prevede una pressatura delicata effettuata con le mani sovrapposte e impegnate in una consueta roteazione, anche nelle successive fasi di rivoltamento, in modo che il formaggio assuma la caratteristica forma rotondeggiante a “scodella”.?Una volta asciugata e rassodata, la giovane “Casciotta d’Urbino” viene immessa in salamoia o salata a secco. Il periodo di maturazione è di 20-30 giorni in ambienti a temperatura di 10-14°C e con umidità di 80-90%. Il sapore è delicato ed elegante e la legenda narra che il genio toscano ne andava molto ghiotto.
Tra i 9 produttori, c’è Carla Fiorini, soprannominata Lady Bianchello, erede della storica cantina Fiorini. Enologa e innamorata dei suoi vitigni, ha scelto di convertire tutto in biologico nel segno di quel rispetto per la terra ereditato dalla sua famiglia. Molto interessante della loro produzione, la linea Pop Wine, ispirata alla Pop Art che abbiamo degustato nella sua splendida tenuta a pochi chilometri da Fano. All’interno della villa, una sorpresa che non t’aspetti, un immenso tetto d’uva in una grande sottotetto dove vengono appesi e fatti appassire i grappoli del Bianchello per realizzare il vin santo. Non possiamo non ritornare in autunno per vederlo in tutti i suoi profumi e colori.
Dalle colline del Bianchello, tornando sulla costa, è d’obbligo assaggiare il piatto simbolo della cucina locale, “il brodetto alla fanese”, talmente popolare che la città ha istituito un festival per celebrarlo, il BrodettoFest. La kermesse che si prepara a sancire Fano come “capitale del Brodetto”, avrà luogo dall’11 al 13 settembre. Il brodetto è un piatto nato a bordo dei pescherecci e per realizzarlo i pescatori utilizzavano i pesci rovinati dalle reti. Senza essere sfilettati venivano cucinati in un tegame con olio, cipolla, concentrato di pomodoro e aceto, la vera caratteristica che lo contraddistingue dagli altri della costa adriatica. Il tutto veniva accompagnato con il pane raffermo. Una ricetta semplice che Confesercenti Pesaro e Urbino ha voluto rendergli onore attraverso il Festival giunto alla sua 18esima edizione.
Ne abbiamo assaggiati due, uno in chiave tradizionale cucinato dallo chef Marco Vegliò ed uno in versione contemporanea e gourmet realizzato dal giovane chef Antonio Scarantino. Classe 1988, Antonio dal 2017 è il volto del ristorante AlMare a Fano con il quale ha conquistato la critica italiana. Affacciato sull’Adriatico, il ristorante AlMare contiene, nel nome, tutta l’essenza che si riscontra nei piatti dello chef. Ottimo il rapporto qualità prezzo. Diversi e buonissimi entrambi, ricchi di sapore ben bilanciati ma comunque eleganti. L’aceto è impercettibile.
Dopo aver assaggiato questi succulenti brodetti impossibile non concludere i pasti con la “moretta fanese”, bevanda di tradizione marinara. La ricetta tramandata e che viene preparata tutt’oggi, è da sempre la stessa: si riscaldano anice, rum e cognac in parti uguali con l’aggiunta di una scorza di limone e a questo “intruglio” viene unito il caffè.
Le Marche si sa sono anche terra di tartufo ed è doveroso un pit stop ad Acqualagna, paese dal profumo inebriante, terra dell’oro nero, tra i più pregiati in Italia. Ogni anno viene celebrato dalla "Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Acqualagna". La 55ª edizione avrà luogo il 25-31 ottobre e 1-7-8-14-15 novembre. Acqualagna è sede di raccolta dei 2/3 dell’intera produzione nazionale del prezioso tubero, con circa 600 quintali di tartufo di tutti i tipi. Due curiosità, qui si trova “Il Museo del Tartufo” e la "Borsa del Tartufo" attivi nel periodo di Fiera.
Altro gioiello di questa poliedrica regione è sicuramente il bovino di Marchigiana. L’associazione di allevatori Bovinmarche è da sempre simbolo degli allevatori di bovini di Marchigiana e salvaguardia la razza da carne più diffusa nel territorio. Nata oltre 30 anni fa per identificare le produzioni di qualità della Regione e consentire ai consumatori di individuarne le carni, oggi riunisce 400 soci. Per degustare alcuni prodotti abbiamo visitato una delle macellerie convenzionate, Macelleria Alessi a Pesaro gestita da Roberto, imprenditore rigoroso e molto appassionato e sua figlia Pamela giovanissima ma già impegnata nell’attività di famiglia. Roberto ci ha preparato una merenda con una scottona con 58 giorni di frollatura, magnifica. E abbiamo assaggiato profumatissimi salumi tutti confezionati da lui con animali certificati rigorosamente locali, stagionati in maniera naturale, senza conservanti.
Prima di giungere all’ultima tappa, attraversiamo l’incantevole Riserva Naturale del Furlo, e raggiungiamo il birrificio artigianale Collesi. Arrampicato sulle cime dell'Appennino marchigiano, a 700 metri di altitudine sopra Apecchio, Collesi è un microbirrificio a ciclo completo, guidato dal suo fondatore Giuseppe Collesi. Per le sue birre, Collesi seleziona i migliori orzi, che coltiva direttamente sottoponendoli a rigidi controlli lungo tutta la filiera, li miscela con l'acqua del Monte Nerone, purissima e ricca di sali minerali e infine li conferisce a un maltificio del territorio. Con oltre 150 medaglie in appena 10 anni, Collesi è tra i birrifici italiani artigianali più premiati nel mondo.
Imprenditore inarrestabile e vulcanico, Collesi sta lavorando su due progetti, una sala multisensoriale che sorgerà il prossimo autunno dentro lo stabilimento per accogliere visitatori e clienti con un’esperienza che coinvolgerà i cinque sensi e la start-up Collesi Beauty, una inedita linea di prodotti per la cura del corpo 100% naturale ed ecosostenibile incentrata sulla birra. Ma Collesi non è solo birra: l’azienda ha al suo interno anche le Distillerie Tenute Collesi che producono 7 tipologie di grappe, 6 Gin e una Vodka con materie prime selezionatissime e metodi rigorosamente artigianali.
Iniziamo il nostro viaggio dal Formaggio di Fossa di Sogliano Dop, tipico della zona compresa tra la vallata del Rubicone e del Marecchia. Realizzato per l’80% di latte ovino intero e per il 20% di latte vaccino intero, dal 2009 ha ottenuto il marchio Dop. Le forme vengono selezionate dal mastro casaro e inserite in un sacchetto di tela e poi adagiate nella fossa. La Denominazione prevede due periodi di infossatura: dal 1° marzo al 20 giugno; dal 21 giugno al 21 settembre. Prima di utilizzarle per l'infossatura, le fosse, profonde circa 3 metri, devono essere sanificate con il fumo di un piccolo falò. A seguire le pareti vengono rivestite con paglia sorretta da canne.
Sul fondo trovano posto delle assi di legno. Solo a questo punto si possono inserire le forme di formaggio. Le fosse vengono riempite con una procedura che riduce al minimo la presenza di aria tra un sacco e l’altro, chiuse in maniera ermetica. L’infossatura varia da un minimo di 80 giorni a un massimo di 100 giorni. Il sapore che ne deriva è unico e avvolgente. Noi abbiamo visitato l’infossatura di Bruno Giacobini vicino Fano e ci siamo promessi di tornare per il giorno della sfossatura per assaporarlo in tutta la sua intensità appena uscito dalla fossa.
L'infossatura del formaggio
Insieme al Fossa, c’è un altro formaggio molto noto in questa provincia e amato nientedimeno che dall’immenso Michelangelo, la Casciotta d’Urbino Dop. Oggi prodotto tra gli altri da Fattorie Marchigiane dove abbiamo visitato la produzione, la Casciotta d’Urbino Dop è un interessante formaggio con il primato di essere il primo ad aver conquistato la certificazione Dop in Italia, e nasce da una miscela di latte ovino (70-80%) e di latte vaccino (20-30%). La Denominazione prevede una pressatura delicata effettuata con le mani sovrapposte e impegnate in una consueta roteazione, anche nelle successive fasi di rivoltamento, in modo che il formaggio assuma la caratteristica forma rotondeggiante a “scodella”.?Una volta asciugata e rassodata, la giovane “Casciotta d’Urbino” viene immessa in salamoia o salata a secco. Il periodo di maturazione è di 20-30 giorni in ambienti a temperatura di 10-14°C e con umidità di 80-90%. Il sapore è delicato ed elegante e la legenda narra che il genio toscano ne andava molto ghiotto.
Proseguiamo il viaggio tra le splendide colline della terra nota per il suo magnifico Verdicchio e scopriamo che c’è un altro vitigno che merita di essere provato, specie in questa stagione, il Bianchello del Metauro. Negli ultimi anni alcuni produttori hanno avviato un progetto sulla riqualificazione del Bianchello, costituendo il “Bianchello d’Autore” con il sostegno dell’Istituto Marchigiano di Tutela Vini. La Doc marchigiana nel 2019 ha compiuto i suoi primi 50 anni di Denominazione controllata. Ambasciatori di questo piccolo, grande vino sono nove cantine: Bruscia, Cignano, Claudio Morelli, Il Conventino di Monteciccardo, Di Sante, Fiorini, Mariotti Cesare, Terracruda, Fattoria Villa Ligi che hanno l’obiettivo di restituire a questo vitigno il valore e il prestigio che merita.
Carla Fiorini
Tra i 9 produttori, c’è Carla Fiorini, soprannominata Lady Bianchello, erede della storica cantina Fiorini. Enologa e innamorata dei suoi vitigni, ha scelto di convertire tutto in biologico nel segno di quel rispetto per la terra ereditato dalla sua famiglia. Molto interessante della loro produzione, la linea Pop Wine, ispirata alla Pop Art che abbiamo degustato nella sua splendida tenuta a pochi chilometri da Fano. All’interno della villa, una sorpresa che non t’aspetti, un immenso tetto d’uva in una grande sottotetto dove vengono appesi e fatti appassire i grappoli del Bianchello per realizzare il vin santo. Non possiamo non ritornare in autunno per vederlo in tutti i suoi profumi e colori.
Il brodetto di Fano
Dalle colline del Bianchello, tornando sulla costa, è d’obbligo assaggiare il piatto simbolo della cucina locale, “il brodetto alla fanese”, talmente popolare che la città ha istituito un festival per celebrarlo, il BrodettoFest. La kermesse che si prepara a sancire Fano come “capitale del Brodetto”, avrà luogo dall’11 al 13 settembre. Il brodetto è un piatto nato a bordo dei pescherecci e per realizzarlo i pescatori utilizzavano i pesci rovinati dalle reti. Senza essere sfilettati venivano cucinati in un tegame con olio, cipolla, concentrato di pomodoro e aceto, la vera caratteristica che lo contraddistingue dagli altri della costa adriatica. Il tutto veniva accompagnato con il pane raffermo. Una ricetta semplice che Confesercenti Pesaro e Urbino ha voluto rendergli onore attraverso il Festival giunto alla sua 18esima edizione.
Antonio Scarantino
Ne abbiamo assaggiati due, uno in chiave tradizionale cucinato dallo chef Marco Vegliò ed uno in versione contemporanea e gourmet realizzato dal giovane chef Antonio Scarantino. Classe 1988, Antonio dal 2017 è il volto del ristorante AlMare a Fano con il quale ha conquistato la critica italiana. Affacciato sull’Adriatico, il ristorante AlMare contiene, nel nome, tutta l’essenza che si riscontra nei piatti dello chef. Ottimo il rapporto qualità prezzo. Diversi e buonissimi entrambi, ricchi di sapore ben bilanciati ma comunque eleganti. L’aceto è impercettibile.
Dopo aver assaggiato questi succulenti brodetti impossibile non concludere i pasti con la “moretta fanese”, bevanda di tradizione marinara. La ricetta tramandata e che viene preparata tutt’oggi, è da sempre la stessa: si riscaldano anice, rum e cognac in parti uguali con l’aggiunta di una scorza di limone e a questo “intruglio” viene unito il caffè.
Le Marche si sa sono anche terra di tartufo ed è doveroso un pit stop ad Acqualagna, paese dal profumo inebriante, terra dell’oro nero, tra i più pregiati in Italia. Ogni anno viene celebrato dalla "Fiera Nazionale del Tartufo Bianco di Acqualagna". La 55ª edizione avrà luogo il 25-31 ottobre e 1-7-8-14-15 novembre. Acqualagna è sede di raccolta dei 2/3 dell’intera produzione nazionale del prezioso tubero, con circa 600 quintali di tartufo di tutti i tipi. Due curiosità, qui si trova “Il Museo del Tartufo” e la "Borsa del Tartufo" attivi nel periodo di Fiera.
Il tartufo bianco di Acqualagna
Altro gioiello di questa poliedrica regione è sicuramente il bovino di Marchigiana. L’associazione di allevatori Bovinmarche è da sempre simbolo degli allevatori di bovini di Marchigiana e salvaguardia la razza da carne più diffusa nel territorio. Nata oltre 30 anni fa per identificare le produzioni di qualità della Regione e consentire ai consumatori di individuarne le carni, oggi riunisce 400 soci. Per degustare alcuni prodotti abbiamo visitato una delle macellerie convenzionate, Macelleria Alessi a Pesaro gestita da Roberto, imprenditore rigoroso e molto appassionato e sua figlia Pamela giovanissima ma già impegnata nell’attività di famiglia. Roberto ci ha preparato una merenda con una scottona con 58 giorni di frollatura, magnifica. E abbiamo assaggiato profumatissimi salumi tutti confezionati da lui con animali certificati rigorosamente locali, stagionati in maniera naturale, senza conservanti.
Pamela e Roberto Alessi
Prima di giungere all’ultima tappa, attraversiamo l’incantevole Riserva Naturale del Furlo, e raggiungiamo il birrificio artigianale Collesi. Arrampicato sulle cime dell'Appennino marchigiano, a 700 metri di altitudine sopra Apecchio, Collesi è un microbirrificio a ciclo completo, guidato dal suo fondatore Giuseppe Collesi. Per le sue birre, Collesi seleziona i migliori orzi, che coltiva direttamente sottoponendoli a rigidi controlli lungo tutta la filiera, li miscela con l'acqua del Monte Nerone, purissima e ricca di sali minerali e infine li conferisce a un maltificio del territorio. Con oltre 150 medaglie in appena 10 anni, Collesi è tra i birrifici italiani artigianali più premiati nel mondo.
Giuseppe Collesi
Imprenditore inarrestabile e vulcanico, Collesi sta lavorando su due progetti, una sala multisensoriale che sorgerà il prossimo autunno dentro lo stabilimento per accogliere visitatori e clienti con un’esperienza che coinvolgerà i cinque sensi e la start-up Collesi Beauty, una inedita linea di prodotti per la cura del corpo 100% naturale ed ecosostenibile incentrata sulla birra. Ma Collesi non è solo birra: l’azienda ha al suo interno anche le Distillerie Tenute Collesi che producono 7 tipologie di grappe, 6 Gin e una Vodka con materie prime selezionatissime e metodi rigorosamente artigianali.
di Eleonora Lopes
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