La fisica in pentola: sconfiggi la ‘Mozzarella Phase’ e crea la "Cacio e Pepe.. scientifica"
La temutissima “Mozzarella phase” trasforma la Cacio e Pepe in un disastro filante, ma un team di fisici teorici ha trovato la soluzione studiando amido, temperature e reazioni chimiche .Nell’intervista a Daniel Maria Busiello scopriamo come la scienza possa rivoluzionare la cucina e svelare i segreti per una salsa perfetta.
Siete mai incappati nella temutissima “Mozzarella phase”, quella fase drammatica in cui la vostra Cacio e Pepe, invece di diventare vellutata, si trasforma in un blocco filante fuori controllo? Tranquilli: a venire in soccorso è arrivata un’allegra brigata di fisici teorici con il matterello in una mano e la tabella periodica nell’altra!
Tra loro c’è il fisico teorico Daniel Maria Busiello, che si occupa di processi di separazione di fase in meccanica statistica, concentrandosi sul comportamento di sistemi complessi. Insieme a lui, altri fisici teorici come Giacomo Bartolucci, Matteo Ciarchi, Alberto Corticelli, Ivan Di Terlizzi, Fabrizio Olmeda, Davide Revignas e Vincenzo Maria Schimmenti hanno unito competenze e curiosità scientifica per dichiarare guerra ai grumi più ostinati.
Prima della ricerca fatta dai "nostri" fisici teorici, lo chef stellato Luciano Monosilio aveva già realizzato una sua Cacio e Pepe rifacendosi a dei criteri scientifici, ottenendo un piatto a prova di effetto blob, ossia la "Mozzarella phase", anche se con qualche variazione, seppur minima, rispetto alla ricetta studiata da Busiello&Company, che ne ha fissato i principi scientifici.
Ma perché un piatto apparentemente semplice come la Cacio e Pepe può rivelarsi tanto insidioso? La risposta è tutta nella scienza: temperature, amido e reazioni fisico-chimiche che si incastrano come in un valzer perfettamente orchestrato. È proprio da qui che nascono concetti come la “Mozzarella phase”, momento in cui il formaggio si ribella e minaccia di tramutarsi in un ammasso gommoso.
L’importanza di questa ricerca non è passata inosservata: se ne è parlato su testate internazionali come il New York Times, la BBC e il Corriere della Sera, segno che la scienza può davvero cambiare il destino di una ricetta tanto amata quanto temuta.
Nell’intervista a Daniel Maria Busiello scoprirete come le leggi della fisica possano trasformare una ricetta della tradizione in un laboratorio di sapori, come i principi di separazione e aggregazione possano salvare pentole e pranzi, e soprattutto come la giusta dose di conoscenza (insieme a un pecorino di qualità) possa fare la differenza tra un fallimento epico e un trionfo culinario.
L'intervista
- Il vostro studio sulla Cacio e Pepe dimostra che la scienza può migliorare la cucina tradizionale. Crede che in futuro le tecniche scientifiche possano diventare strumenti comuni per chef e ristoratori, o rimarranno un’eccezione?
Le tecniche scientifiche stanno entrando sempre più nell’ambito culinario, consentendo di esplorare consistenze e sapori che si basano su delicati equilibri di temperature e composti chimici. Basti pensare alla cucina molecolare, alle cotture sotto vuoto, o semplicemente alla pasticceria. Credo che questo processo di integrazione tra scienza e cucina sia in continua evoluzione, anche grazie a una maggiore accessibilità a conoscenze e strumenti che consentono una sperimentazione autonoma. Dopotutto, la ricerca scientifica in cucina nasce spesso dall’esperienza… e in particolare, nel nostro caso, da vari fallimenti con il metodo tradizionale di preparazione della Cacio e Pepe, specialmente per grandi quantità di pasta.
- Avete individuato il ruolo cruciale dell’amido nella stabilità della salsa. In termini pratici, quanto può variare la resa della ricetta in base alla qualità della pasta e alla sua capacità di rilasciare amido?
Il quantitativo di amido incide drasticamente sul risultato. In particolare, l’amido rilasciato da 100g di pasta cotta in 1l di acqua è tipicamente inferiore a 1g (1% della massa della pasta). Nel nostro studio, abbiamo constatato che tale concentrazione non è sufficiente a garantire una salsa liscia ed omogenea a temperature maggiori di circa 65 gradi Celsius, generando inevitabilmente aggregazione e l’apparizione di quella che abbiamo chiamato “Mozzarella phase”. In particolare, nella nostra ricetta scientifica, suggeriamo l’utilizzo tra il 2% e il 3% di amido rispetto al totale del formaggio – pecorino, nel nostro caso – in modo da rendere la salsa stabile fino a 95 gradi Celsius. Questa proprietà rappresenta un vantaggio cruciale soprattutto nella preparazione di grandi quantità di pasta, situazione in cui è difficile controllare la temperatura. Il test finale è stato effettuato con più di 2 chili di pasta, rendendo felici molti commensali.
Di conseguenza, l’uso di una pasta dotata di un ottimo rilascio di amido in cottura potrebbe cambiare il risultato in meglio, seppure il quantitativo di amido ottimale sia ben superiore a quello atteso dalla sola cottura della pasta. La soluzione? Usare la nostra ricetta che è stata proposta, in forma lievemente modificata, anche dallo chef stellato Luciano Monosilio, come abbiamo riportato nello studio.
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- Nel vostro studio avete analizzato il comportamento di fase della salsa. Esistono altri piatti della cucina italiana che, secondo lei, potrebbero trarre beneficio da un’analisi scientifica simile?
Carbonara e Gricia sono forse gli esempi più ovvi di piatti che potrebbero beneficiare di uno studio del genere. Tuttavia, la formazione di aggregati è uno dei maggiori rischi in cucina durante la preparazione di molte salse, sia dolci che salate. La Cacio e Pepe ci è sembrato l’esempio paradigmatico per eccellenza, dato il numero limitato di ingredienti coinvolti e la risaputa difficoltà di esecuzione.
- In molti ristoranti si usa acqua di cottura per ottenere una salsa cremosa, ma senza misurazioni precise. C’è un modo semplice per uno chef o un appassionato di cucina per applicare i vostri risultati senza attrezzature di laboratorio?
Uno dei punti chiave del nostro lavoro è il fatto di aver utilizzato solo ed esclusivamente attrezzature da cucina – gli stessi esperimenti sono stati effettuati in una cucina, non propriamente un laboratorio scientifico. Il bagno termico per il controllo della temperatura è stato realizzato con un roner, in più abbiamo impiegato qualche termometro da cucina, un mixer, e delle spatole per mantenere il composto ben mescolato. In realtà, anche la raccolta dati è stata effettuata con un apparato home-made senza strumentazione specifica. Questo è uno degli aspetti di cui vado più fiero. Ci tengo anche a precisare, come indicato nello studio, che tutti i campioni di salsa analizzati sono stati mangiati sia da amici che, ovviamente, da tutti gli autori.
Infine, la ricetta scientifica da noi suggerita prevede unicamente l’utilizzo di una bilancia per dosare gli ingredienti ed è facilmente riproducibile in casa.
- La fisica e la termodinamica possono spiegare fenomeni di separazione e aggregazione negli alimenti. Crede che questa conoscenza possa aprire nuove strade per lo sviluppo di piatti innovativi, magari con consistenza mai viste prima?
L’esperienza e la necessità vengono spesso prima dello studio scientifico in questi contesti. Molte consistenze particolari sono state ottenute tramite prove e riprove con metodi empirici, e magari razionalizzate solo in un secondo momento tramite un approccio scientifico. Sicuramente, l’idea di rendere la ricerca scientifica in cucina sempre più esplorativa, e non soltanto interpretativa, è estremamente affascinante. Ci pensiamo su, magari per un prossimo studio.
- Nel vostro approccio avere usato concetti di fisica complessa per studiare un piatto tradizionale. Se potesse scegliere un’altra icona gastronomica da analizzare scientificamente, quale sarebbe e perché?
Non abbiamo ancora idee chiarissime su futuri progetti. Ci piacerebbe continuare con l’approccio utilizzato nello studio sulla Cacio e Pepe, ovvero l’utilizzo di strumenti di fisica teorica per risolvere un problema culinario pratico. Una possibilità, forse la più semplice, potrebbe essere quella di studiare l’effetto dei grassi sui fenomeni di aggregazione… in altre parole, la Gricia.
Nel frattempo, mentre elaboriamo nuove idee, ci godiamo il fatto che finalmente siamo a conoscenza di tutti i segreti per una perfetta Cacio e Pepe… e non esitiamo a condividerli.
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