Di Maio annuncia
la norma
sui rider
Ma loro:
«Non ci fidiamo più»
Prima le proteste, con la pubblicazione della lista dei clienti vip più tirchi, poi le reazioni e il (parziale) passo indietro.
Ora il polverone sollevato dai fattorini del cibo si arricchisce di un nuovo tasselloIl ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, ha annunciato l'arrivo al Senato di una norma che assicuri loro un salario minimo.
Lo ha fatto scegliendo di pubblicare un post su Facebook, utilizzando di fatto lo stesso canale usato proprio dai rider per far partire la polemica nei giorni scorsi.Una presa di posizione contro le multinazionali per cui prestano servizio, per rivendicare i loro diritti, in primis su salario e assicurazione, che ha coinvolto alcuni volti noti dello spettacolo e dello sport. La protesta è montata, fino all’annuncio (che, per la verità, non è il primo di questo genere da parte del vicepremier pentastellato) della norma che dovrebbe rimettere in sesto l’intero comparto.
«La norma sui rider è pronta - ha scritto Luigi Di Maio su Facebook - e sarà inserita nella legge sul salario minimo che è in discussione in questi giorni al Senato. Se potremo, proveremo a farla diventare legge anche prima, inserendola nella fase di conversione del "decreto crescita", ma su questo ci sarà bisogno dell'autorizzazione dei presidenti delle Camere. La norma che stiamo per approvare - continua Di Maio - ha l'obiettivo di tutelare lavoratori il cui stipendio dipende da un algoritmo e che non hanno tutele minime. La strada che rivoluziona il mondo della gig economy è ormai tracciata. I lavoratori del terzo millennio avranno finalmente più diritti e tutele tra cui: copertura Inail per gli infortuni; migliore contribuzione Inps che supera la gestione separata; divieto di retribuzione a cottimo».
Luigi Di Maio
I diretti interessati, intanto, aspettano, anche se le prime reazioni a caldo evidenziano un certo scetticismo: «Finora il governo non ha mantenuto le promesse - ha detto Tommaso Falchi, portavoce dei Riders Union Bologna a LaPresse - noi non abbiamo fiducia, siamo in ritardo per una legislazione nazionale. Sappiamo che siamo in campagna elettorale, finché non vediamo non crediamo: abbiamo avuto gli ultimi contatti a gennaio».
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