BELLENDA,
NON SOLO
PROSECCO DOCG
MA ANCHE
VINI INNOVATIVI
Il successo crescente di vendite del Prosecco in Italia e nel mondo non fa riposare sugli allori, tra l’altro meritatissimi, i produttori veneti.
Vi sono aziende che, lavorando sulla unicità del territorio e del vitigno Glera, sperimentano vini innovativi che non siano solo curiosità ma che possano aprire nuove strade di piacevolezza alle bollicine made in Veneto, passando anche dall’autoclave alla fermentazione in bottiglia.
Ciò avviene soprattutto nella zona classica della Docg, tra Valdobbiadene e Conegliano. Una delle aziende più attive in questa ricerca di nuove sensazioni ed emozioni enoiche è Bellenda, azienda storica che nel periodo delle festività tra Natale e Capodanno, ha avuto richieste di tre vini particolari, prodotti in numero limitato di bottiglie, che – come afferma Umberto Cosmo, presidente di Bellenda srl - interpretano il vitigno Glera secondo una personale idea di fermentazione in bottiglia.
Due sono Metodo classico (S.C. 1931 prodotto già da 15 anni e LEI, ultima novità , due vini con i quali si torna al periodo precedente al 1930, quando nel territorio gli spumanti si producevano senza l’ausilio dell’autoclave) e uno, “Radicale”, è l’anticipo della tipologia di spumante sui lieviti appena riconosciuta dal nuovo disciplinare di produzione, che porta l’attenzione allo spumante senza sboccatura e prodotto senza l’ausilio di solfiti aggiunti.
«Sono tre espressioni – aggiunge Cosmo – dei fermenti di idee e passioni che accompagnano noi di Bellenda sin dal 1986, tre interpretazioni del nostro territorio per restituire ampiezza e significatività a un’uva troppo spesso costretta all’interno dei tristi confini del vino di massa. Ritengo nel contempo che un’azienda che considera i vini di territorio il suo campo d’azione primario, debba impegnarsi nella ricerca a tutto tondo, anche andando a sperimentare su vini più rurali, come appunto Radicale , prodotto in 2000 bottiglie e 500 magnum».
S.C. 1931 è un Metodo classico Prosecco Superiore Docg Brut Pas Dosé. Da uve Glera delle colline di Conegliano è stata ottenuta una base di interessante complessità e mineralità. La successiva spumantizzazione in bottiglia secondo il metodo classico ne ha esaltato la fragranza e l’aromaticità, conferendo a questo spumante una decisa personalità. Ha profumo intenso di frutta a polpa bianca e nocciole con sentori di miele d’acacia accompagnati a brioche e torta di mele. Prende il nome da Sergio Cosmo fondatore di Bellenda e dal suo anno di nascita.
LEI Conegliano Valdobbiadene Docg Prosecco Superiore Dry rappresenta un ulteriore momento di ricerca effettuato da Bellenda di quei vini che in passato erano l’espressione più autentica delle uve di queste colline, indagando nella tradizione dei vini con alto residuo zuccherino. È un vino spumante che nasce per riscoprire abbinamenti inusuali e accompagnare al meglio alcuni dei piatti più tradizionali della cucina veneta, come il fegato alla veneziana e altri piatti dove l’importante commistione dolce/salato/acido deve trovare una corrispondenza nel vino di accompagnamento. La sboccatura avviene dopo diciotto mesi di sosta sui lieviti ed è seguita da affinamento in cantina per almeno altri sei mesi. Questo conferisce a LEI toni di sottile complessità che si uniscono alle caratteristiche aromatiche più tipiche del Prosecco Superiore. Il profumo ricorda fiori come il bergamotto bianco e il glicine, con note di mela golden, nocciola appena sbucciata e sentori di erbe aromatiche. Al palato è netto e croccante, pulito e persistente, con ottima corrispondenza con il profumo.
C’è un’ultima cosa che va detta su Bellenda. Da alcuni anni Umberto Cosmo e fratelli hanno
rinunciato a inviare campioni dei loro vini alle varie Guide e quindi hanno scelto di non essere giudicati e pubblicati. «Non partecipiamo per vari motivi. Il principale – afferma Umberto - è che i vini si sono evoluti in questi ultimi anni, diventando sempre di più espressione, oltre che del territorio, anche di chi li fa. Per questo motivo ritengo che batterie alla cieca siano uno schema obsoleto che rischia di appiattire la categoria. Con questo non voglio significare che si debba uscire dagli schemi di una denominazione, ma questi non devono essere una gabbia che costringe a rinunciare».
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