La formula
di Niko Romito
L'alta cucina
nella ristorazione
collettiva
Niko Romito |
Tra le iniziative in calendario per la 10ª edizione del Premio Italia a Tavola, l’Università di Bergamo ha ospitato la tavola rotonda “Cibo tra accoglienza e innovazione: oltre l’algoritmo per un’ospitalità condivisa”.
Intelligenza artificiale, app, politiche dinamiche per i prezzi di hotel e ristoranti, sistemi di gestione del fatturato e nuovi tool per software incidono sull’esperienza dell’ospite e sul turismo in generale. La tecnologia sta cambiando inevitabilmente il modo in cui l’esperienza del cliente viene vissuta e misurata. Ma c’è cliente e cliente.
L’intervento di Niko Romito, 3 stelle Michelin con il suo Reale a Castel di Sangro (Aq), è stato illuminante ed è avvenuto nel corso del convengo della domenica mattina che si è tenuto nella sede di S.Agostino dell'Università degli Studi di Bergamo (il Premio quest'anno è stato patrocinato da Regione Lombardia, Comune di Bergamo, Camera di Commercio di Bergamo, Università degli Studi di Bergamo e L'Eco di Bergamo; ha avuto invece come main sponsor Consorzio Grana Padano, TrentoDoc, Consorzio Mozzarella di Bufala e Pentole Agnelli). La cucina di Romito nasce da un pensiero e da un’esplorazione che non hanno tregua. Un’introversione gastronomica che si rivela poi impiattata in tutta la sua spiazzante semplicità. Un po’ come è lui, schivo e cristallino alloo Romito stesso tempo. Un approccio scientifico all’alta cucina capace di declinarsi in una dimensione ecumenica che vuole portare i canoni standard dei suoi processi produttivi, a base di ricerca e artigianalità, a disposizione anche della ristorazione collettiva.
Romito - ha spiegato nel corso della tavola rotonda - ha lavorato più di un anno per realizzare un protocollo di ricerca sperimentale e interdisciplinare (in collaborazione con l'unità di ricerca in Scienza dell'alimentazione e nutrizione umana dell’Università Sapienza di Roma) oggi operativo all’ospedale Cristo Re di Roma. Un processo di standardizzazione che vuole rivoluzionare la ristorazione collettiva portando la scienza e le tecniche dell'alta cucina tra le corsie d’ospedale. In questo modo il cibo diventa parte attiva della cura. Attraverso la creazione di procedure canonizzate, facilmente replicabili da personale formato, è possibile applicare tecniche e conoscenze messe a punto nella ristorazione di ricerca per offrire al paziente un'alimentazione integrata al percorso di cura. È proprio a partire dagli ospedali che il cibo dovrebbe essere di alto livello. Una logica ferrea, fino a oggi sempre disattesa.
Reingegnerizzazione delle cucine ospedaliere, standardizzazione dei processi, attenzione allo stato di nutrizione e al comportamento alimentare dei pazienti, formazione specializzata degli addetti: questi i paradigmi alla base del progetto “In” - Intelligenza Nutrizionale studiato per le mense ospedaliere ma esportabile in ogni segmento della ristorazione collettiva.
«Lasciare la ristorazione collettiva ospedaliera alla diversa sensibilità di chi si trova ai fornelli, senza procedure standard dettate da esperti di ristorazione - ha puntualizzato Romito - rischia di compromettere la qualità complessiva del servizio e di alterare negativamente i valori nutritivi e organolettici del pasto, a tutto svantaggio dell’utente finale».
Niko Romito ha elaborato un set di procedure standard replicabili in qualsiasi cucina ospedaliera che si articola in un registro di ricette protocollate e facilmente ripetibili, grazie per esempio alla programmazione delle cotture in forno (su chiavetta Usb) e all’uso dei semilavorati di qualità, che consente di snellire il momento della preparazione/impiattamento. Il margine di errore viene annullato e i valori nutritivi rimangono stabili.
Da non sottovalutare, inoltre, il peso dell'ottimizzazione economica. Il modello prevede costi differenziali rispetto a quello di ristorazione collettiva tradizionale, come l'acquisto di abbattitori e forni di ultima generazione, che vengono però ammortizzati nel prodotto realizzato. Il food cost resta invariato sotto il profilo delle derrate alimentari utilizzate, ma grazie all’utilizzo di tecniche di cottura più efficienti si abbatte il calo di peso percentuale delle materie prime (da un valore medio del 25% al 5%). Limare i costi del cibo significa ottenere un risparmio che può essere investito per acquistare materie prime di maggiore qualità. Prende il via così il circolo virtuoso dell’educazione alimentare.
Foto: Giulio Ziletti, Modestino Tozzi e Riccardo Melillo
di Gabriele Ancona
vicedirettore
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