Fenomeno Starbucks,
serve aggiornarsi
I bar italiani offrano
più qualità e servizi
Apochi giorni dall'apertura del primo Starbucks in Italia, a Milano, sembra proprio che la rete si divida tra i critici positivi e quelli profondamente contro, questi ultimi anche in maniera un po’ ideologica.
Ma cosa c'è veramente dietro questa storia, cerchiamo di dare alcune risposte al di là delle scelte industriali e commerciali dell'azienda. Noi di Italia a Tavola, siamo normalmente senza preconcetti dinanzi a nuovi pubblici esercizi, a nuove offerte e nuove imprese, convinti che in qualche maniera la concorrenza ha qualche sfaccettatura positiva sia pure di queste dimensioni. Fatta questa premessa ci preme osservare e giudicare con occhi di specialisti del settore che forse l'unica vera critica è che Milano è sempre più straniera, sempre più “occupata“ da investitori che poco hanno di meneghino, ma questa è una altra storia.Intanto facciamo, anzi alziamo il velo sul mondo del caffè, inteso come prodotto finito ed inteso come luogo di consumo. Personalmente ho, abbiamo, più volte commentato che il prezzo del caffè, inteso come tazzina al bar, nel nostro Paese è tra i più bassi d'Europa, nulla se confrontato con la vicina Svizzera, Francia o Germania. Una volta, almeno qui da noi, il costo al bar del caffè senza un patto ufficiale tra le parti, era identico a quello del quotidiano, appunto oggi a un euro e 50 la tazzina è rimasta indietro.
Questo ha provocato e provoca una marginalità molto bassa per gli esercenti, con la conseguenza che spesso il caffè è di pessima qualità, nei bar c'è poco servizio, inteso anche come bicchiere d'acqua di accompagnamento, tazzine brutte, spesso regalo del torrefattore che naturalmente deve spalmare sul prodotto caffè, tazzine, cucchiaini e quasi sempre anche la macchina data in comodato, con il risultato che sovente il “caffè prodotto“ ha un prezzo alto ma non proporzionale alla qualità.
Tant'è che la vera rivoluzione della tazzina del caffè in Italia è già cominciata da un paio d'anni in sordina, accompagnata da illustri attori o comici di fama, da quando alcune aziende hanno cominciato a proporre caffè in cialde e in capsule in televisione, già, perché oggi in tanti si strappano le vesti sulla qualità di Starbucks, ma sembra quasi che in Italia ci siano in tutte le famiglie una Bialetti o una moka napoletana; ma le capsule pubblicizzate da George Clooney ed il suo “What else?“ a cui si sono adeguate praticamente tutte le aziende del caffè, appunto chi le compra?
Basta andare in qualsiasi supermercato è notare come gli spazi dedicati alle capsule ed alle cialde in molti casi sia maggiore ormai dei vecchi pacchetti di caffè sottovuoto, e noblesse oblige non si può non notare che il caffè “nuovo“ ha un packaging da far luccicare gli occhi, anzi il palato, inteso anche come diversità di molti crù a disposizione che hanno pensionato la vecchia definizione di “Arabica“ o “Robusta“.
Tutto questo è ormai a disposizione anche della ristorazione che ha abbandonato il problema delle vecchie macchine da caffè, che bisognava tenere sempre accesa e accertarsi che il macinino fosse in perfette condizioni in base all'umidita, al calore, al sole. Oggi non solo i ristoranti ma anche molti bar offrono questo nuovo caffè, le capsule e le cialde confezionate una ad una, offrono un caffè al riparo dalla luce, igienicamente sicuro, e praticamente sempre identico. E sulle televisioni ormai offrono la macchinetta in comodato alle famiglie se comprano un certo numero di capsule.
Ed allora cos'è tutta questa ostilità verso Starbucks? Solo perchè sono americani? Noi siamo il Paese del caffè, lo gridano in tanti, peccato però che il consumo di caffè nel nostro Paese sia molto al di sotto della media europea, cioè svedesi e norvegesi ne consumano molto di più, ma tant'è.
Il concorrente in questo caso è molto grande ma in fondo i ristoratori milanesi, quelli piccoli, quelli familiari, la vecchia guardia, ha imparato - o almeno in tanti ci stanno provando - a difendersi dalla avanzata delle grandi catene, dei grandi investitori, dai cuochi stellati o usciti da Masterchef. Lo stanno facendo migliorando il servizio, migliorando la qualità, migliorando l'offerta, riscoprendo la tradizione, e allora perchè non dovrebbero farlo anche i bar, le caffetterie dinanzi alla forza di Starbucks?
Io avessi un bar a Milano, comincerei a comprare un caffè di qualità, anzi mi rivolgerei alle nuove formule e offrirei almeno due o tre tipi di caffè, cercherei un buon pasticcere per offrire delle brioches o croissant diversi, e non quelli tutti uguali di origine surgelate, mi attrezzerei per accompagnare il caffè con un bicchiere d'acqua, Napoli insegna, cercherei nuovi zuccheri e non che per avere un dolcificante o un integrale bisogna sempre chiedere al barista, curerei, scusatemi l'ardire, il bagno meglio di ciò che c'è in giro, metterei il wi-fi, insegnerei al personale a sorridere, imparerei a fare tre cocktail, ma fatti bene. Oggi a Milano è difficile bere un Campari fatto a regola d'arte, insomma farei poche cose ma buone e belle, e poi se la brioche invece di un euro e venti centesimi, la facessi pagare due euro, se è buona forse qualche cliente in più lo conquisterei.
Il vero problema di Starbucks, per noi sta proprio qui, è un nuovo concorrente, agguerrito che si può battere soltanto con l'aumento della professionalità, del servizio e della qualità, e certamente con passione. Il bar italiano è una nicchia, con tanta storia a cui sembrerebbe che anche loro, gli americani si siano ispirati ed allora dobbiamo solo riscoprire questo nostro orgoglio che Starbucks non può scalfire.
Quanto ai prezzi, ritengo che ognuno sia libero di comprare e pagare il prodotto che più aggrada, e che il caffè rientri perfettamente in questa filosofia; in tanti dimenticano che il costo di un prodotto, di un servizio ha incluso aspetti che spesso passano inosservati, dal detersivo, alle luci, non dobbiamo vergognarci a chiedere ed a pagare un prodotto migliore.
Chiedo, alla Fipe di continuare a monitorare la situazione e agire laddove necessario. Sappiamo che ad esempio il vice-presidente Aldo Cursano da tempo sta lottando per riottenere l'uso di zucchero sfuso, sarebbe bello tornare a zuccheriere, ricordo bar che offrivano zuccheri integrali fantastici di varie provenienze in zuccheriere argentate e soprattutto oggi che si parla tanto di spreco, lo zucchero che viene buttato con l'uso delle bustine è veramente tanto.
di Matteo Scibilia
Responsabile scientifico
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