La pizza non è
un salvagente:
diciamo basta
ai cornicioni esagerati
Dietro l’idea di pizza contemporanea si celano impasti ad alta idratazione, farine ricercate, lunghe lievitazioni e bordi gonfiati come canotti: fotogenici, certo, ma al morso risultano spesso più pane che pizza, con condimento ridotto, poca sostanza e tanta aria a riempire il piatto e lo stomaco
Oggi sembra impossibile entrare in una pizzeria di livello - o che si presenti al pubblico come tale - senza trovare in carta le cosiddette pizze contemporanee. Ma cosa rende una pizza “contemporanea”? I criteri ricorrenti sono, ormai, ben noti. Nello specifico:
- Alta idratazione: l’impasto contiene una percentuale di acqua molto più elevata rispetto alla pizza tradizionale, in genere tra il 65% e l’80%.
- Lievitazione e maturazione lunghe: spesso con lievito madre e tempi di maturazione di almeno 48 ore; frequente anche l’uso di pre-fermenti come biga o poolish.
- Farine selezionate: si ricorre a farine meno raffinate (tipo 1 o 2) o a miscele di cereali di pregio.
- Ingredienti di qualità: prodotti Dop, Igp e Presìdi Slow Food, con attenzione alla stagionalità.
- Creatività e cura estetica: abbinamenti studiati, presentazioni moderne e una sensibilità che guarda spesso all’alta cucina.
A tutto questo, però, si accompagna quasi sempre un ulteriore elemento distintivo: il cornicione alto e gonfio, il cosiddetto canotto, così chiamato per la somiglianza con i bordi dei gommoni.
Il nodo del cornicione a canotto
Il cornicione contemporaneo è soffice, arioso, pieno di alveoli: risultato di idratazioni spinte, farine ricche di glutine e lunghe maturazioni. Ma al momento dell’assaggio, la questione cambia: mangiarlo significa spesso trovarsi davanti a pane-pizza non condito, anzi, a una notevole quantità di aria. E qui sorge la domanda: vogliamo davvero mangiare pane e aria, o vogliamo gustare una pizza completa? Perché se il desiderio fosse il primo, basterebbe ordinare una focaccia o una schiacciata, spendendo anche meno.
Personalmente, quando vado in pizzeria, chiedo una pizza ben cotta - condizione essenziale per la digeribilità - e con cornicione ridotto al minimo. In caso contrario, la rimando indietro: ciò che cerco è un equilibrio perfetto tra impasto e condimento, boccone dopo boccone. La moda dei bordi giganti non mi convince: sembra quasi una gara tra pizzaioli a chi realizza il cornicione più imponente e con gli alveoli più vistosi.
Una scelta anche economica?
Un dettaglio tecnico non va sottovalutato: per ottenere un cornicione gonfio, il condimento non deve estendersi fino ai bordi. Ed è qui che affiora un sospetto. «A pensar male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca»: una pizza con bordo a canotto riduce sensibilmente la superficie da condire, ovvero la parte più costosa per la pizzeria. Facciamo un calcolo semplice: una pizza da 30 cm di diametro con un bordo di 5 cm per lato (e spesso è anche di più) ha una superficie da condire di 314 cm². Se lo stesso bordo fosse ridotto a 1 cm, la superficie da condire salirebbe a 615 cm²: praticamente il doppio. Difficile non notare il vantaggio economico per chi produce.
Il ritorno ai bordi “umani”
Per fortuna, qualcosa si muove. Diverse pizzerie hanno iniziato a proporre cornicioni più contenuti, segno che molti clienti hanno smesso di accettare la logica del “pane e aria” spacciato per pizza. Sempre più persone chiedono impasti digeribili, cotture ben eseguite e, soprattutto, condimenti generosi e distribuiti fino all’ultimo morso. Perché andare in pizzeria significa questo: mangiare una pizza completa, equilibrata e gustosa, non un enorme cornicione che toglie spazio al vero piacere della pizza.
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