Secondo
gli esperti nascono in modo spontaneo, per comunicare. Ma ci sono quelle che
invece vengono create a tavolino per rispondere alle esigenze più diverse (e
strane)
Può una persona inventarsi una lingua dal nulla? Ovvio che sì: c’è chi lo ha
fatto per aiutare gli altri a comunicare, come Ludwik Lejzer Zamenhof,
l’oftalmologo polacco che tra il 1872 e il 1887 creò l’Esperanto e chi
ne ha inventata una di sana pianta per esigenze letterarie: J. R. R. Tolkien,
il creatore della saga del Signore degli anelli ha creato l’elfico; Mark
Okrand ha inventato la lingua Klingon di “Star Trek”; mentre al
linguista David J. Peterson dobbiamo alcune delle lingue parlate nella serie
“Il Trono di spade”. Ma non sono casi unici: il catalogo degli idiomi nati a
tavolino è vasto...
Quella «ignota» e l’aUI di Weilgart
Una delle prime lingue artificiali di cui abbiamo notizie è la Lingua
ignota, inventata dalla monaca benedettina tedesca Ildegarda di Bingen
(1098-1179): è una parziale rilessificazione di lingue come greco, latino e
cirillico, basata su un alfabeto di 23 lettere e un migliaio di parole. I
linguisti sospettano che sia stata concepita come un linguaggio segreto, usato
da Ildegarda per comunicare con l’Altissimo.
E le lingue
artificiali nascono spesso per parlare con qualcuno che gli altri non possono
vedere. L’aUI, per esempio, è stato introdotto da John W. Weilgart
(1913–1981), che sosteneva glielo avesse insegnato un alieno. Consisteva in
diversi simboli e da 31 morfemi, i più piccoli elementi di una parola dotati di
un significato che non può essere ulteriormente suddiviso. Secondo Weilgart
avrebbe dovuto sostituire le lingue più complicate, come l’inglese, durante gli
incontri del terzo tipo.
Nel lessico
“alieno” della aUI lo spazio esterno è rappresentato da un cerchio, “dentro” è
rappresentato da un cerchio con un punto al centro e la forza da un fulmine. E
nuove parole si formano combinando insieme i simboli esistenti. Nel 1968,
Weilgart pubblicò un libro intitolato “aUI: The Language of Space”, che
conteneva i simboli che formavano il linguaggio insieme alle loro etimologie.
Da leggere casomai incontraste un alieno…
Lojban, sintesi di sei idiomi
Altre volte come nel caso del Lojban, le lingue nascono con
l’intento di creare una nuova lingua più logica e dunque facile da imparare
(apparentemente). Sviluppato nel 1987 dal Logical Language Group, il “Lojban”
si basa su 1.350 parole, derivate da parole delle sei lingue più parlate al mondo:
cinese, inglese, hindi, spagnolo, russo e arabo. L’ortografia è strettamente fonetica e le
parole si pronunciano come si leggono. La maggioranza delle persone che la
parla è concentrata in Australia, Israele e Stati Uniti, sebbene, come spiega
Dictionary.com.: “Il risultato è un linguaggio unico nel suo genere, che
secondo i parlanti Lojban ha un suono regolare e ritmato, un po’ come
l’italiano”.
Il logico Loglan
Il più
importante esempio di lingua artificiale è il Loglan (abbreviazione di
linguaggio logico), creato da James Cooke Brown nel 1955, per testare l’ipotesi
di Sapir-Whorf che prende il nome da due linguisti, Edward Sapir e Benjamin
Whorf, che all’inizio del secolo scorso avanzarono la tesi che una lingua può
influenzare il modo di pensare e di percepire la realtà. L’ipotesi è sempre
stata controversa, anche se oggi abbiamo diverse evidenze che sembrano
confermarla. Brown ha creato “Loglan” proprio per verificare se una lingua
strutturata in modo particolare potesse aiutare le persone a pensare in modo
diverso. A differenza delle lingue come
l’italiano è privo di ambiguità: mancano le parole omofoniche, che hanno lo
stesso suono ma significato diverso (esempio “letto”, “da”, ecc). Questo fa sì
che ogni frase può essere analizzata in un solo modo. La grammatica è
essenziale e il vocabolario consiste attualmente di circa diecimila parole, di
cui circa mille sono frequentemente utilizzate. Nuove parole vengono create o
unendo due parole “Loglan” o prendendo in prestito parole da altre lingue, in particolare
il vocabolario scientifico internazionale. Ecco perché i fan del “Loglan” credono che sia pronta
per diventare la lingua ufficiale del mondo.
Folkspraak, solo per... teutonici
Tra i concorrenti dell’Esperanto c’è sicuramente il Folkspraak: un
linguaggio universale che dovrebbe essere compreso da chi parla le lingue
germaniche (inglese, tedesco, olandese, danese, svedese, islandese, norvegese,
faroese e gotico), visto che trae origine proprio da alcune di esse, a
cominciare dall’inglese.
Il “Folkspraak”, che viene da “folk” (gente) e “spraak” (lingue), è ancora
in fase di sviluppo e viene creato da un gruppo di persone che si incontrano in
forum e gruppi sul web, dove discutono in modo anche acceso su quali parole
introdurre e quali, perché come insegna la storia della Torre di Babele, creare
una nuova lingua significa mettere d’accordo prima di tutto chi deve parlarla e
non è facile. Risultato: per ora ha diversi dialetti, che potrebbero portare alla
creazione di più di una lingua.
Non è la prima volta che qualcuno cerca di creare un
Esperanto germanico: Elias Molee nei primi del ‘900 inventò il Tutonish
con lo stesso scopo.
L’Interslavico e i codici «personali»
Anche i popoli slavi sono al lavoro da alcuni secoli su una loro lingua
“universale”: nel 1666 Juraj Križani creò un linguaggio chiamato Ruski,
che non ha mai preso piede, ma ha incoraggiato molti altri a tentare di creare
una lingua madre universale per i parlanti di tutte le lingue slave, tra cui
bielorusso, bosniaco, bulgaro, croato, ceco, macedone, polacco, russo, serbo,
slovacco, sloveno e lingue ucraine. Oggi tutti i tentativi di creare una lingua slava universale
sono stati fusi nell’Interslavico, che è essenzialmente una
continuazione moderna dell’antico slavo ecclesiastico, ma attinge anche alle
varie forme linguistiche improvvisate che gli slavi usano da secoli per
comunicare con slavi di altre nazionalità e su Internet, fornendo loro una base
scientifica.
Infine ci sono le “lingue personali”. Una delle più studiate è la lingua
di Poto e Cabengo, inventata da due gemelline: Grace e Virginia Kennedy
negli anni ‘70 in Georgia (Usa). Cominciarono a usarla per parlare tra loro
fino a non comprendere più la loro lingua madre (l’inglese). Poi un logopedista
si rese conto che le ragazze avevano inventato una lingua e i linguisti
cominciarono a studiarla, scoprendo che l’isolamento aveva svolto un ruolo
enorme nella sua creazione. Le sorelline, infatti, avevano passato la maggior
parte dei loro primi anni con la nonna che raramente parlava con loro.
Un altro caso celebre, citato anche dal linguista Noam
Chomsky è quello di un gruppo di tre bambini sordi, nati da genitori parlanti
che si erano rifiutati di insegnargli la lingua dei segni. Senza essere esposti
a nessuna lingua i tre bambini, giocando tra loro, svilupparono un sistema
di segni che aveva le proprietà del linguaggio normale per i bambini della
loro età, ovvero 3 e 4 anni.
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