Il Bacalà
sulle nostre tavole
sulle nostre tavole
Una volta arrivato sul territorio istroveneto, dopo il dominio di
Venezia, è stata acquisita la dizione di bacalà con una "c"
di Fabio
Sfiligoi
La Tagliapietra e Figli Srl ha
istituito, dal 2010, il Festival Triveneto del baccalà (anzi bacalà), singolare
tenzone in cui 25 ristoranti si danno battaglia per il trofeo omonimo,
consegnato durante il Galà Finale allo chef che ha presentato la migliore
ricetta a base di stoccafisso (della specie Gadus morhua o Gadus
macrocephalus) e che viene custodito per un anno nel suo ristorante (non
sarebbe male allargare la lista dei competitori ai chef più affermati del
territorio istro-dalmato). Il vincitore, oltre al trofeo, ottiene un viaggio
per due persone in Norvegia, alle isole Lofoten, patria dello stoccafisso. Il
personaggio storico a cui si deve la celebrità dello “stocco”, che ne ha
segnato le sorti culinarie sia nella tradizione italiana che istriana e
dalmata, è Pietro Querini: mercante, navigatore, nonché senatore della
Repubblica di Venezia nel XV secolo.
Partenza da Creta
L’incontro con messer stoccafisso, alias bacalà (con una
“c” alla veneta e come recita pure il nostro dialetto), alias merluzzo, oltre
che fortunosa fu del tutto casuale. Nell’aprile del 1431 Querini salpò da Creta
verso le Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie, cotone, cera
e altre mercanzie di valore. Nel settembre, superato Capo Finisterre, l’imbarcazione
con a bordo il senatore della Serenissima venne sorpresa dalla tempesta e venne
spinta al largo dell’Irlanda. Come se non bastasse, la nave perse il timone e
poi restò pure disalberata andandosene per i mari alla deriva per diverse
settimane in balia di onde e correnti. Quando nel dicembre l’equipaggio decise
di abbandonare il relitto, Querini s’imbarcò sulla lancia più grande. Toccò
terra nel gennaio 1432 nell’isola di Sandøy, nei pressi di Røst,
nell’arcipelago norvegese delle Lofoten: sedici (quattorici secondo altre
versioni) i marinai superstiti. Pietro Querini e i suoi compagni di viaggio
vissero per undici giorni sulla costa nutrendosi di molluschi, fino a quando
non furono avvistati dai pescatori di Røst che li aiutarono e li ospitarono nelle
loro case per circa quattro mesi. Durante questo periodo Querini ebbe modo di
scoprire e conoscere i metodi di essicazione, conservazione e preparazione del
merluzzo.
Baschi e Vichinghi
Le vicissitudini del capitano
veneziano furono determinanti per far conoscere lo stoccafisso in Italia e
nelle terre di conquista della Serenissima, ma non fu il primo europeo a
conoscere il merluzzo conservato. Altri, precisamente i marinai baschi,
l’avevano fatto già diversi secoli prima. Era l’anno 875 quando alcune loro
imbarcazioni partite dal golfo di Biscaglia, dopo aver percorso ben 2.400
chilometri erano arrivate alle isole FærØer dove incontrarono il merluzzo. I
Vichinghi erano giunti da poco in quelle terre e avevano subito scoperto che
questo pesce, essendo privo di grasso, si conservava meglio di ogni altro:
bastava o salarlo o metterlo al sole. In questo secondo caso si asciugava
completamente della propria umidità, diventando secco e duro come un bastone,
mantenendosi integro per molti mesi.
Per i veneziani fu “bacalà” per
assonanza col “bacalhau” portoghese e “bacalao” spagnolo, termini evidentemente
derivati dall’etimologia latina “baculus” che significa “bastone” (stock – fish
in norvegese da cui “stoccafisso”). Il dominio di Venezia sulla costa dalmata e
in Istria portò con sé anche le tradizioni culinarie, baccalà compreso.
Essiccazione
Tornando allo
stoccafisso, questo si differenzia da merluzzo (fresco) e baccalà (conservato
nel sale) per il metodo di conservazione che aiuta a mantenere inalterate tutte
le sue qualità organolettiche e i principi nutritivi. Nell’istroveneto è stata
acquisita la denominazione dal dialetto veneto di bacalà con una (c). Inoltre
la produzione di stoccafisso, a differenza di quella del baccalà, è stagionale
e va da febbraio a giugno quando sole e vento sono ottimali per permettere al
pesce un’essiccazione uniforme. I pesci, dopo essere stati puliti, vengono
appesi su apposite rastrelliere con spazi adeguati tra uno e l’altro. La
temperatura ideale è appena sopra lo zero per evitare la proliferazione
batterica e non deve scendere al di sotto dello zero per evitare la formazione
di macrocristalli di ghiaccio che ne pregiudicherebbero la qualità.
Quando si acquista lo stoccafisso in
linea di massima dovreste trovarlo già pulito, poiché residui di interiora o di
sangue deteriorerebbero il prodotto in fase di essiccazione rendendolo non
idoneo alla vendita. Potreste trovarlo intero o aperto “a libro” unito solo per
la coda. Molto probabilmente all’interno troverete ancora la vescica natatoria,
ossia il budello. Questa parte, seppur commestibile, è quella che concentra la
maggior carica batterica: rischierebbe di contaminare l’acqua di ammollo del
pesce, sprigionare cattivi odori e soprattutto dare un gusto amarognolo al piatto
finito. Se proprio siete amanti di questo boccone, la cosa migliore da fare è
estrarlo, farlo rinvenire in acqua da solo e unirlo successivamente alla vostra
ricetta.
Suggerimenti
Ricordo che papà
nel prepararlo prima di tutto lo segava a pezzi più piccoli, ma quanta forza ci
doveva mettere tanto era duro. Per essere consumato necessita di un periodo di
ammollo in acqua al fine di reidratare le sue carni e renderlo nuovamente
idoneo al consumo. L’ideale è munirsi di un contenitore sufficientemente grande
da contenere il pesce e la quantità d’acqua necessaria a ricoprirlo
completamente. Utilizzate acqua fredda e ponete il contenitore in frigorifero
(papà lo faceva sul balcone, chi scrive non sopportava l’odore, ma allora gli
inverni erano molto più rigidi di oggi). Dopo un paio d’ore cambiate l’acqua
lavando bene lo stoccafisso e mettete nuovamente in frigorifero. Da questo
momento cambiate l’acqua ogni 8 ore circa fino a raggiungere un tempo
complessivo 36/48 ore. Non fate assolutamente l’errore di ammollare il vostro
pesce a temperatura ambiente se non volete passare il resto delle feste a casa
col mal di pancia.
Ogni famiglia,
tramanda di generazione in generazione vari tipi di piatti eseguiti con questo
prezioso ingrediente: in umido, lesso, col sugo, come ripieno di golosi
ravioli, come antipasto, primo o secondo, ma soprattutto mantecato o “in
rosada” come viene chiamato in quel di Venezia. Quest’ultima preparazione è la
più difficile perché necessita di uno sforzo fisico non da poco... Oggi,
fortuna delle casalinghe, lo si trova già preparato, ma c’è sempre chi lo vuole
fare in casa per “sicurezza” e per una questione di tradizione.
“Il baccalà da noi è talmente diffuso
tra i ristoratori che non ce n’è uno che non abbia presente a tavola piatti
basati su questo ingrediente, trattoria, konoba o ristorante di lusso che sia.
Siamo quasi nella posizione – dichiarava anni fa Dražen Lesica, uno delle
massime autorità sul tema, al collega Lucio Vidotto – di rappresentare un punto
di riferimento ben oltre i nostri confini, con la possibilità di essere noi
quelli che fanno tendenza nella gastronomia internazionale sul tema del
baccalà. Sono stato ad una rassegna culinaria a Bassano del Grappa e posso
constatare che i trend gastronomici legati al bacalà nascono da noi per
diffondersi altrove”. A Fiume, nel convento francescano di Tersatto, Lesica
aveva trovato tempo fa in modo del tutto casuale una ricetta particolare: “Il
modo in cui il bacalà veniva preparato dai Francescani. Si tratta di una
ricetta ‘ereditata’ dai Benedettini. Non se ne conosce l’epoca in cui è stata
scritta. Viene semplicemente tramandata”.
Migliaia di tonnellate di baccalà
all’estero: dati in continua crescita
all’estero: dati in continua crescita
Punto fisso dell’export norvegese
La Norvegia è il più grande produttore di merluzzo
conservato ed esporta annualmente migliaia di tonnellate di baccalà salato,
baccalà secco (salato ed essicato), ma anche di stoccafisso, e i dati sono in
crescita continua.
A monitorare l’andamento dell’export e promuovere i
prodotti ittici norvegesi nei principali mercati di tutto il mondo vi è la
Norge (NSC), Commissione Norvegese che ha una sede principale a Tromsø, nella
Norvegia del nord, e diversi uffici di rappresentanza tra Svezia, Francia,
Germania, Spagna, Italia, Portogallo, Russia, Brasile, Giappone, Singapore, Usa
e Cina. È il Brasile del Bacalhau fritto ad importare più merluzzo di tutti:
nel mese di gennaio per un ammontare di 291 milioni di NOK (corone norvegesi)
su un totale di 444 milioni.
PROPRIETà
Stoccafisso, fa bene alla linea
Il processo di essicazione del merluzzo aiuta a mantenere
inalterate importanti proprietà nutritive del pesce in questione come ferro,
potassio, fosforo e iodio. Lo stoccafisso, appunto, è povero di sali e fa bene
alla linea perché contiene pochissime calorie e grassi: in 100 grammi c’è meno
di 1 grammo di grassi e 1 etto di questo pesce apporta solo 75 calorie. Per
questi motivi è particolarmente consigliato a chi sta seguendo una dieta
alimentare. È consigliato anche a chi sta seguendo una dieta iposodica in quanto favorisce la circolazione, aiutando
a sconfiggere la cellulite. Un altro importante componente del merluzzo, e
quindi dello stoccafisso, è rappresentato dagli Omega 3, preziosi acidi grassi
polinsaturi che aiutano a controllare la pressione sanguigna e ostacolano
l’accumulo di sostanze grasse nelle arterie, contribuendo ad abbassare il tasso
del colesterolo nel sangue.
magro, senza difetti e di colore brillante
Il Ragno è il migliore
Tra i migliori baccalà presenti in commercio la qualità
più rinomata e ricercata è quella del Ragno. Questo stoccafisso è ottenuto
dalla specie denominata Gadus Morhua. Si tratta di
un tipo di merluzzo che produce uno stoccafisso magro, senza difetti, di colore
brillante, il migliore che si possa ottenere. La sua provenienza, come quella
di quasi tutti i migliori stoccafissi, sono le Lofoten, ma ciò che caratterizza
l’eccellente qualità del Ragno è il fatto che viene lasciato essiccare per ben
3 mesi. La pezzatura del pesce e la polposità della sua carne consente ad ogni
filetto di entrare a far parte di una classifica che va dal migliore che è il
Ragno, alle successive cioè Westre magro, Westre Demi Magro, Grand Premier Lub,
Bremer, Hollender, Westre Courant, Westre Ancona, Westre Piccolo. Per i baccalà
di seconda scelta esiste una classifica a parte. Il merluzzo di prima scelta
deve avere le seguenti caratteristiche: forma naturale e ventre aperto, collo e
ventre puliti, assenza di ecchimosi e macchie di muffa, assenza di danni
causati dal gelo e pelle di colore brillante.
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