lunedì 9 aprile 2018

Bacalà sulle nostre tavole grazie a un Senatore veneto



Il Bacalà  
sulle nostre tavole
grazie 
a un Senatore 
veneto

Una volta arrivato sul territorio istroveneto, dopo il dominio di Venezia, è stata acquisita la dizione di bacalà con una "c"

di Fabio Sfiligoi


La Tagliapietra e Figli Srl ha istituito, dal 2010, il Festival Triveneto del baccalà (anzi bacalà), singolare tenzone in cui 25 ristoranti si danno battaglia per il trofeo omonimo, consegnato durante il Galà Finale allo chef che ha presentato la migliore ricetta a base di stoccafisso (della specie Gadus morhua o Gadus macrocephalus) e che viene custodito per un anno nel suo ristorante (non sarebbe male allargare la lista dei competitori ai chef più affermati del territorio istro-dalmato). Il vincitore, oltre al trofeo, ottiene un viaggio per due persone in Norvegia, alle isole Lofoten, patria dello stoccafisso. Il personaggio storico a cui si deve la celebrità dello “stocco”, che ne ha segnato le sorti culinarie sia nella tradizione italiana che istriana e dalmata, è Pietro Querini: mercante, navigatore, nonché senatore della Repubblica di Venezia nel XV secolo.
Partenza da Creta
L’incontro con messer stoccafisso, alias bacalà (con una “c” alla veneta e come recita pure il nostro dialetto), alias merluzzo, oltre che fortunosa fu del tutto casuale. Nell’aprile del 1431 Querini salpò da Creta verso le Fiandre con un carico di 800 barili di Malvasia, spezie, cotone, cera e altre mercanzie di valore. Nel settembre, superato Capo Finisterre, l’imbarcazione con a bordo il senatore della Serenissima venne sorpresa dalla tempesta e venne spinta al largo dell’Irlanda. Come se non bastasse, la nave perse il timone e poi restò pure disalberata andandosene per i mari alla deriva per diverse settimane in balia di onde e correnti. Quando nel dicembre l’equipaggio decise di abbandonare il relitto, Querini s’imbarcò sulla lancia più grande. Toccò terra nel gennaio 1432 nell’isola di Sandøy, nei pressi di Røst, nell’arcipelago norvegese delle Lofoten: sedici (quattorici secondo altre versioni) i marinai superstiti. Pietro Querini e i suoi compagni di viaggio vissero per undici giorni sulla costa nutrendosi di molluschi, fino a quando non furono avvistati dai pescatori di Røst che li aiutarono e li ospitarono nelle loro case per circa quattro mesi. Durante questo periodo Querini ebbe modo di scoprire e conoscere i metodi di essicazione, conservazione e preparazione del merluzzo.
Baschi e Vichinghi
Le vicissitudini del capitano veneziano furono determinanti per far conoscere lo stoccafisso in Italia e nelle terre di conquista della Serenissima, ma non fu il primo europeo a conoscere il merluzzo conservato. Altri, precisamente i marinai baschi, l’avevano fatto già diversi secoli prima. Era l’anno 875 quando alcune loro imbarcazioni partite dal golfo di Biscaglia, dopo aver percorso ben 2.400 chilometri erano arrivate alle isole FærØer dove incontrarono il merluzzo. I Vichinghi erano giunti da poco in quelle terre e avevano subito scoperto che questo pesce, essendo privo di grasso, si conservava meglio di ogni altro: bastava o salarlo o metterlo al sole. In questo secondo caso si asciugava completamente della propria umidità, diventando secco e duro come un bastone, mantenendosi integro per molti mesi.
Per i veneziani fu “bacalà” per assonanza col “bacalhau” portoghese e “bacalao” spagnolo, termini evidentemente derivati dall’etimologia latina “baculus” che significa “bastone” (stock – fish in norvegese da cui “stoccafisso”). Il dominio di Venezia sulla costa dalmata e in Istria portò con sé anche le tradizioni culinarie, baccalà compreso.
Essiccazione
Tornando allo stoccafisso, questo si differenzia da merluzzo (fresco) e baccalà (conservato nel sale) per il metodo di conservazione che aiuta a mantenere inalterate tutte le sue qualità organolettiche e i principi nutritivi. Nell’istroveneto è stata acquisita la denominazione dal dialetto veneto di bacalà con una (c). Inoltre la produzione di stoccafisso, a differenza di quella del baccalà, è stagionale e va da febbraio a giugno quando sole e vento sono ottimali per permettere al pesce un’essiccazione uniforme. I pesci, dopo essere stati puliti, vengono appesi su apposite rastrelliere con spazi adeguati tra uno e l’altro. La temperatura ideale è appena sopra lo zero per evitare la proliferazione batterica e non deve scendere al di sotto dello zero per evitare la formazione di macrocristalli di ghiaccio che ne pregiudicherebbero la qualità.
Quando si acquista lo stoccafisso in linea di massima dovreste trovarlo già pulito, poiché residui di interiora o di sangue deteriorerebbero il prodotto in fase di essiccazione rendendolo non idoneo alla vendita. Potreste trovarlo intero o aperto “a libro” unito solo per la coda. Molto probabilmente all’interno troverete ancora la vescica natatoria, ossia il budello. Questa parte, seppur commestibile, è quella che concentra la maggior carica batterica: rischierebbe di contaminare l’acqua di ammollo del pesce, sprigionare cattivi odori e soprattutto dare un gusto amarognolo al piatto finito. Se proprio siete amanti di questo boccone, la cosa migliore da fare è estrarlo, farlo rinvenire in acqua da solo e unirlo successivamente alla vostra ricetta.

Suggerimenti
Ricordo che papà nel prepararlo prima di tutto lo segava a pezzi più piccoli, ma quanta forza ci doveva mettere tanto era duro. Per essere consumato necessita di un periodo di ammollo in acqua al fine di reidratare le sue carni e renderlo nuovamente idoneo al consumo. L’ideale è munirsi di un contenitore sufficientemente grande da contenere il pesce e la quantità d’acqua necessaria a ricoprirlo completamente. Utilizzate acqua fredda e ponete il contenitore in frigorifero (papà lo faceva sul balcone, chi scrive non sopportava l’odore, ma allora gli inverni erano molto più rigidi di oggi). Dopo un paio d’ore cambiate l’acqua lavando bene lo stoccafisso e mettete nuovamente in frigorifero. Da questo momento cambiate l’acqua ogni 8 ore circa fino a raggiungere un tempo complessivo 36/48 ore. Non fate assolutamente l’errore di ammollare il vostro pesce a temperatura ambiente se non volete passare il resto delle feste a casa col mal di pancia.
Ogni famiglia, tramanda di generazione in generazione vari tipi di piatti eseguiti con questo prezioso ingrediente: in umido, lesso, col sugo, come ripieno di golosi ravioli, come antipasto, primo o secondo, ma soprattutto mantecato o “in rosada” come viene chiamato in quel di Venezia. Quest’ultima preparazione è la più difficile perché necessita di uno sforzo fisico non da poco... Oggi, fortuna delle casalinghe, lo si trova già preparato, ma c’è sempre chi lo vuole fare in casa per “sicurezza” e per una questione di tradizione.
“Il baccalà da noi è talmente diffuso tra i ristoratori che non ce n’è uno che non abbia presente a tavola piatti basati su questo ingrediente, trattoria, konoba o ristorante di lusso che sia. Siamo quasi nella posizione – dichiarava anni fa Dražen Lesica, uno delle massime autorità sul tema, al collega Lucio Vidotto – di rappresentare un punto di riferimento ben oltre i nostri confini, con la possibilità di essere noi quelli che fanno tendenza nella gastronomia internazionale sul tema del baccalà. Sono stato ad una rassegna culinaria a Bassano del Grappa e posso constatare che i trend gastronomici legati al bacalà nascono da noi per diffondersi altrove”. A Fiume, nel convento francescano di Tersatto, Lesica aveva trovato tempo fa in modo del tutto casuale una ricetta particolare: “Il modo in cui il bacalà veniva preparato dai Francescani. Si tratta di una ricetta ‘ereditata’ dai Benedettini. Non se ne conosce l’epoca in cui è stata scritta. Viene semplicemente tramandata”.

Migliaia di tonnellate di baccalà 
all’estero: dati in continua crescita
Punto fisso dell’export norvegese
La Norvegia è il più grande produttore di merluzzo conservato ed esporta annualmente migliaia di tonnellate di baccalà salato, baccalà secco (salato ed essicato), ma anche di stoccafisso, e i dati sono in crescita continua.
A monitorare l’andamento dell’export e promuovere i prodotti ittici norvegesi nei principali mercati di tutto il mondo vi è la Norge (NSC), Commissione Norvegese che ha una sede principale a Tromsø, nella Norvegia del nord, e diversi uffici di rappresentanza tra Svezia, Francia, Germania, Spagna, Italia, Portogallo, Russia, Brasile, Giappone, Singapore, Usa e Cina. È il Brasile del Bacalhau fritto ad importare più merluzzo di tutti: nel mese di gennaio per un ammontare di 291 milioni di NOK (corone norvegesi) su un totale di 444 milioni.

PROPRIETà
Stoccafisso, fa bene alla linea
Il processo di essicazione del merluzzo aiuta a mantenere inalterate importanti proprietà nutritive del pesce in questione come ferro, potassio, fosforo e iodio. Lo stoccafisso, appunto, è povero di sali e fa bene alla linea perché contiene pochissime calorie e grassi: in 100 grammi c’è meno di 1 grammo di grassi e 1 etto di questo pesce apporta solo 75 calorie. Per questi motivi è particolarmente consigliato a chi sta seguendo una dieta alimentare. È consigliato anche a chi sta seguendo una dieta iposodica in quanto favorisce la circolazione, aiutando a sconfiggere la cellulite. Un altro importante componente del merluzzo, e quindi dello stoccafisso, è rappresentato dagli Omega 3, preziosi acidi grassi polinsaturi che aiutano a controllare la pressione sanguigna e ostacolano l’accumulo di sostanze grasse nelle arterie, contribuendo ad abbassare il tasso del colesterolo nel sangue.

magro, senza difetti e di colore brillante
Il Ragno è il migliore
Tra i migliori baccalà presenti in commercio la qualità più rinomata e ricercata è quella del Ragno. Questo stoccafisso è ottenuto dalla specie denominata Gadus Morhua. Si tratta di un tipo di merluzzo che produce uno stoccafisso magro, senza difetti, di colore brillante, il migliore che si possa ottenere. La sua provenienza, come quella di quasi tutti i migliori stoccafissi, sono le Lofoten, ma ciò che caratterizza l’eccellente qualità del Ragno è il fatto che viene lasciato essiccare per ben 3 mesi. La pezzatura del pesce e la polposità della sua carne consente ad ogni filetto di entrare a far parte di una classifica che va dal migliore che è il Ragno, alle successive cioè Westre magro, Westre Demi Magro, Grand Premier Lub, Bremer, Hollender, Westre Courant, Westre Ancona, Westre Piccolo. Per i baccalà di seconda scelta esiste una classifica a parte. Il merluzzo di prima scelta deve avere le seguenti caratteristiche: forma naturale e ventre aperto, collo e ventre puliti, assenza di ecchimosi e macchie di muffa, assenza di danni causati dal gelo e pelle di colore brillante.

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