Al Sette Camini cucina di casa, con vista
sulla pianura
Pontina
PQui tutto si fa in casa ed è di provenienza sicura, i piatti sono della tradizione locale, quella di Latina, e il rapporto qualità/prezzo è davvero ottimo. Ci si sente come a casa
Una "punta avanzata" del recupero della tradizione, nel grande vivaio provinciale della ristorazione, è il Sette Camini di Cori (Lt), un locale con vista a metà strada tra i Castelli Romani e la Pianura Pontina. I sette camini ci sono davvero, inglobati nella ristrutturazione progressiva di quello che all'origine era un rustico sulla collina, la casa di Maria Antonietta Cucchiarelli, la titolare. Lo aveva sognato proprio così il suo ristorante, con la terrazza sospesa su rocce calcaree, e poi improvvise macchie di ulivi, faggete e vigne. Il borgo è davanti, col suo passato che ha anticipato Roma, con alle spalle i Monti Lepini e, di fronte, il mare e le isole ponziane. Si respira aria d'antico in questo luogo, dove la storia non ha fatto sconti e infatti ne porta con sé i segni, come il tempio di Ercole e la casa di Ponzio Pilato, prefetto di Giudea durante il regno di Tiberio che "lavandosene le mani", di fatto condannò a morte Gesù Nazareno.
Ai Sette Camini non c'è pretesa di eleganza spinta per accogliere chi arriva e che magari ha fatto i 50 km che separano Cori da Roma, ma solo garanzia di un'esperienza gustativa che coinvolge chi, a quei piatti, ha trasmesso sensibilità, esperienza e conoscenza. La cucina, più d'amore che d'autore, è concreta, di casa, dell'orto e del cortile. Ma non manca un tocco di fantasia, costruita giorno per giorno sulle materie prime, selezionate dall'occhio infallibile di Maria Antonietta. Al di là del menu vale la pena correre il rischio e farsi sorprendere.
Incontriamo Maria Antonietta nella grande cucina a vista, mentre spadella per loro un profumatissimo pollo ruspante con peperoni, con accanto la figlia Tiziana e il cuoco polacco Darius Zuchowski, impegnati a pulire montagne di carciofini da conservare sott'olio. «Sono tempi difficili - dice - ma noi almeno non dobbiamo pagare l'affitto come tanti ristoratori. E poi, costretti a fermarci, ci siamo dedicati alla campagna, alla raccolta delle olive e alle potature. Passerà anche questo».
salamoia, caciotte e insaccati della migliore tradizione macellara e salumiera. Le strisce croccanti di focaccia al pomodoro sono opera del figlio Nicola, pizzaiolo, che lavora con farine di mulino e lievitazioni coperte da segreto.
Assaporare il piacere delle cose più semplici porta ad una riscoperta della cultura del territorio e delle regole immutabili della natura; il menu, semplicissimo e scritto a mano, è lo specchio di quanto questa cultura può donare. Allora ecco le carni da cortile e l'agnello, con le erbe selvatiche che li accompagnano e non ne coprono il sapore, i broccoletti selvatici appena scottati, i pomodorini locali e le verdure che completano la magia delle fettuccine all'uovo e i tortelli dello chef, ripieni quando è stagione di funghi e castagne.
Innamorato della cucina italiana, Darius ha dimenticato la sua, sviluppando conoscenza e sensibilità non da scuole alberghiere ma da anni di esperienza sul campo. E i famosi piroski polacchi di patate e funghi li fa? «Soltanto per me», risponde Maria Antonietta guardandolo con affetto. Ma non ci sono dubbi che il vero direttore d'orchestra sia lei. Non c'è distanza tra sala e cucina, l'arredo è semplice, ricorda i mobili di casa e dopo un po' la sensazione è quella di essere in famiglia. Bellissima la terrazza da cui guardare il tramonto, sorseggiando un calice di Bellone o di Nero Buono, generosi vitigni autoctoni. Cordiale l'accoglienza di Tiziana e della sorella Lina che dà volentieri una mano, anche fuori dagli orari canonici dei pasti, perché gli ospiti sono ospiti.
E se le porzioni sono tutt'altro che light, il conto finale sorprende per leggerezza: le paste di Darius non superano gli 8-9 euro e i secondi di carne i 10-12 euro, con punte di 13 per un superbo arrosto misto. I dolci e i biscottini di Tiziana sono un irrinunciabile gran finale.
Ai Sette Camini non c'è pretesa di eleganza spinta per accogliere chi arriva e che magari ha fatto i 50 km che separano Cori da Roma, ma solo garanzia di un'esperienza gustativa che coinvolge chi, a quei piatti, ha trasmesso sensibilità, esperienza e conoscenza. La cucina, più d'amore che d'autore, è concreta, di casa, dell'orto e del cortile. Ma non manca un tocco di fantasia, costruita giorno per giorno sulle materie prime, selezionate dall'occhio infallibile di Maria Antonietta. Al di là del menu vale la pena correre il rischio e farsi sorprendere.
Una famiglia che porta avanti una cucina di casa anche con le aperture a singhiozzo
Le restrizioni per la pandemia e le aperture a singhiozzo hanno concesso alla ristorazione solo deboli spiragli di attività ma in questo piccolo borgo, dove il tempo sembra essersi fermato, è andata anche peggio. Tutti qui sanno cavarsela in cucina, con antica sapienza e l'unico "delivery" dei Sette Camini è la consegna del pasto di mezzogiorno a una mezza dozzina di anziani frati del vicino convento.Incontriamo Maria Antonietta nella grande cucina a vista, mentre spadella per loro un profumatissimo pollo ruspante con peperoni, con accanto la figlia Tiziana e il cuoco polacco Darius Zuchowski, impegnati a pulire montagne di carciofini da conservare sott'olio. «Sono tempi difficili - dice - ma noi almeno non dobbiamo pagare l'affitto come tanti ristoratori. E poi, costretti a fermarci, ci siamo dedicati alla campagna, alla raccolta delle olive e alle potature. Passerà anche questo».
Cucina espressa, home made e del territorio
Nei campi, come in cucina, non ci sono tempi morti e qui tutto, proprio tutto, si fa in casa o comunque è di sicura e rodata provenienza. La cucina è sempre espressa e vuole il suo tempo, ma aspettando la comanda arrivano a tavola melanzane sott'olio, olive itrane insalamoia, caciotte e insaccati della migliore tradizione macellara e salumiera. Le strisce croccanti di focaccia al pomodoro sono opera del figlio Nicola, pizzaiolo, che lavora con farine di mulino e lievitazioni coperte da segreto.
Assaporare il piacere delle cose più semplici porta ad una riscoperta della cultura del territorio e delle regole immutabili della natura; il menu, semplicissimo e scritto a mano, è lo specchio di quanto questa cultura può donare. Allora ecco le carni da cortile e l'agnello, con le erbe selvatiche che li accompagnano e non ne coprono il sapore, i broccoletti selvatici appena scottati, i pomodorini locali e le verdure che completano la magia delle fettuccine all'uovo e i tortelli dello chef, ripieni quando è stagione di funghi e castagne.
Innamorato della cucina italiana, Darius ha dimenticato la sua, sviluppando conoscenza e sensibilità non da scuole alberghiere ma da anni di esperienza sul campo. E i famosi piroski polacchi di patate e funghi li fa? «Soltanto per me», risponde Maria Antonietta guardandolo con affetto. Ma non ci sono dubbi che il vero direttore d'orchestra sia lei. Non c'è distanza tra sala e cucina, l'arredo è semplice, ricorda i mobili di casa e dopo un po' la sensazione è quella di essere in famiglia. Bellissima la terrazza da cui guardare il tramonto, sorseggiando un calice di Bellone o di Nero Buono, generosi vitigni autoctoni. Cordiale l'accoglienza di Tiziana e della sorella Lina che dà volentieri una mano, anche fuori dagli orari canonici dei pasti, perché gli ospiti sono ospiti.
E se le porzioni sono tutt'altro che light, il conto finale sorprende per leggerezza: le paste di Darius non superano gli 8-9 euro e i secondi di carne i 10-12 euro, con punte di 13 per un superbo arrosto misto. I dolci e i biscottini di Tiziana sono un irrinunciabile gran finale.
di Mariella Morosi
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