venerdì 13 maggio 2022

Lavoro post pandemia: il 40% si dimette anche senza un’alternativa

 

Lavoro post pandemia: 

il 40% si dimette 

anche senza 

un’alternativa

Sono emerse esigenze esistenziali e abbassate le soglie di tolleranza. Il lavoro è importante, ma non gli si consente più di “mortificare la vita”. I dati della Ricerca dell’Osservatorio Hr Innovation Practice

di Gabriele Ancona
vicedirettore Iat

«Occorre ricreare benessere per i lavoratori. La pandemia ha destabilizzato la routine e il lavoro sta attraversando una fase di disequilibrio. Bisogna impostare nuovi modelli ed equilibri tra vita privata e lavorativa». Questo l’incipit di Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Hr Innovation Practice della School of Management del Politecnico di Milano, presentando la Ricerca 2021-2022 nell’ambito del convegno “Riconquistare le persone ai tempi delle Grandi Dimissioni: alla ricerca dell’equilibrio perduto”.

Fase di instabilità

Dall’indagine è emerso che il mercato del lavoro post Covid è profondamente cambiato. Per il 44% delle aziende la propria capacità di attrarre candidati è notevolmente diminuita. A preoccupare sono anche le difficoltà in termini di capacità di motivare, coinvolgere e trattenere le persone già presenti al loro interno. Nell’ultimo anno il tasso di turnover è aumentato per il 73% delle aziende. Il 45% degli occupati ha dichiarato di aver cambiato lavoro nell’ultimo anno o di avere intenzione di farlo da qui a 18 mesi. Numeri che crescono per i giovani (18-30 anni) e per alcuni profili (professionalità digitali). Tra le persone che hanno cambiato lavoro, 4 su 10 lo hanno fatto senza un’altra offerta al momento delle dimissioni. Chi cambia lo fa principalmente per cercare benefici economici (46%), opportunità di carriera (35%), per una maggiore salute fisica o mentale (24%) o per inseguire le proprie passioni personali (18%) o una maggiore flessibilità dell’orario (18%). Il 6% vuole prendersi una pausa. «La fase di instabilità è delicata – ha annotato Mariano Corso – Il malessere è crescente e sottovalutato».

Mariano Corso Post pandemia: il 40% si dimette senza un’alternativa

Mariano Corso

Diminuzione del livello di impegno

Analizzando tre dimensioni del benessere lavorativo (fisica, sociale e psicologica), solo il 9% degli occupati ha dichiarato di stare bene in tutte e tre. L’aspetto più critico è quello psicologico: 4 su 10 hanno avuto almeno un’assenza nell’ultimo anno per malessere emotivo. Preoccupazioni che si riflettono anche sullo stato fisico, con difficoltà a riposare bene e/o insonnia (55%). Questo malessere, però, sembra quasi totalmente sconosciuto alle aziende, che solo nel 5% dei casi lo considerano un aspetto problematico. A questo si accompagna una diminuzione del livello di impegno: rispetto al 2021 i lavoratori pienamente “coinvolti” sono passati da un già basso 20% a un preoccupante 14%. E solo il 17% delle persone si è sentito incluso e valorizzato all’interno dell’organizzazione. La cause del malessere, nel 47% dei casi, sono imputabili ai ritmi sostenuti e alla pressione.

Il ruolo delle Risorse umane

Un quadro che sta mettendo in crisi il mercato del lavoro e i tradizionali modelli organizzativi. Diventa fondamentale quindi il ruolo della Direzione Hr (risorse umane), a cui si richiede una funzione guida per portare le aziende a un modello di lavoro “sostenibile”, che metta al centro il benessere dei lavoratori, il loro coinvolgimento e la loro impiegabilità. Bisogna puntare sulle persone e sul loro spazio di crescita. Il tempo dilatato della pandemia ha fatto emergere esigenze esistenziali e abbassato le soglie di tolleranza. Il lavoro è importante, ma non gli si consente più di “mortificare la vita”.

Benessere e coinvolgimento

«Per migliorare benessere e coinvolgimento – ha annotato Martina Mauri, direttrice dell’Osservatorio Hr Innovation Practice - bisogna agire in maniera prioritaria su due leve. Da una parte aumentare la flessibilità, intesa soprattutto come responsabilizzazione e autonomia della persona nella gestione delle proprie attività lavorative, dall’altra creare un ambiente aperto e inclusivo, capace di valorizzare al meglio le competenze dei lavoratori, ma anche i loro interessi e passioni personali, a cui dare piena cittadinanza all’interno dei confini organizzativi».

 Al centro la persona

Favorire un clima di benessere complessivo e una comunicazione trasparente anche in termini di riconoscimenti e obiettivi è un tema di fondo da sviluppare. Le Direzioni Hr sono chiamate a investire e reinventarsi se vogliono trattenere il proprio capitale umano e non perdere la spinta verso il futuro. Mettendo al centro della scala dei valori coinvolgimento decisionale, autonomia, senso dell’esistenza e spazio per le passioni.

www.osservatori.net

Nessun commento:

Posta un commento