Natale a Napoli: tra capitoni
e capretti, cosa si mangia
nelle case per le feste?
Cosa si mangia a Napoli durante le feste di Natale? Le tavole si imbandiscono già il 23 dicembre, per l'antivigilia, e fino a Santo Stefano è una festa di cibo e convivialità. Alla scoperta di alcune delle ricette del periodo
Per comprendere e conseguentemente apprezzare le tradizioni del Natale a tavola a Napoli, facciamo cenno agli anni dolenti dal 1943 al 1945. Raid aerei e bombe della Seconda guerra mondiale avevano devastata la città dalle colline al mare, da occidente a oriente. Circa venticinquemila vittime, grandi sofferenze per tutti.
Mostaccioli, dolce tipico delle festivitàScriveva Anna Maria Ortese: «Erano molto veri il dolore e il male della città uscita a pezzi dalla guerra. Ma Napoli era città sterminata, piena anche di infinite risorse nella sua grazia naturale, nel suo vivere pieno di radici». Già sul finire dell’anno 1945 la rinascita della vita democratica, sebbene lenta e difficoltosa, cominciò a produrre risanamento morale e ricostruzione materiale.
Napoli, il cibo per "dimenticare" il dolore
Il 10 settembre 1944 Napoli fu la prima città a ricevere la Medaglia d’Oro della Resistenza per l’evento passato alla storia con il nome delle Quattro giornate, tra il 27 e il 30 settembre 1943. Esattamente dopo mezzo secolo, nel 1994 Napoli fu riconosciuta dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità. La motivazione sottolineava che “Napoli è una città tra le più antiche d’Europa il cui tessuto urbano presenta gli elementi di lunga e importante storia”.
Ed è così, dalle rovine della Seconda Guerra Mondiale, dalla fame “nera” vissuta dai napoletani negli anni terribili dal 1943 al 1945 che nasce per contrappasso l’abitudine di esorcizzare a tavola i flagelli vissuti, mediante cene e pranzi natalizi, con esibita dovizia di pietanze in successione. L’abbondanza già comincia con il numero dei giorni di festa a Natale. Non due, e cioè Vigilia e Natale, bensì quattro: antivigilia (23 dicembre) e Santo Stefano (26 dicembre). L’antivigilia ha la sua ragion d’essere come giorno festivo in ragione dell’inizio delle lunghe vacanze scolastiche. Con bambini e ragazzi in casa, il 23 è già festa!
Napoli, convivialità e abbondanza le parole d'ordine
Se ne approfitta per andare tutti insieme a fare gli ultimi acquisti (gli ultimissimi si faranno il giorno dopo!), a sera ci si riunisce in tanti, ma proprio tanti tanti, amici, amici degli amici, parenti e parenti dei parenti e si gioca a tombola. In tavola frutta fresca, mandarini soprattutto, e frutta secca, noci e castagne soprattutto. Perché? Perché le bucce servono per “coprire” sulle cartelle della tombola i numeri che man mano uscivano dal “panaro”. E come venivano annunciati i numeri? Raramente con il loro “nome proprio”, bensì sovente con il loro significato così come da Smorfia. E chi non conosceva il significato ? Bastava chiedere e si veniva al riguardo eruditi. Però, poi alla seconda volta dovevi averlo imparato! E alla terza eri tu ad erudire! Mi sembra che abbia fatto quaterna, controlliamo. Sì, bravo! Adesso si va per la cinquina e poi per la . . . tombola!
La via dei presepi, San Gregorio ArmenoVigilia di Natale a Napoli, inizia la festa con un menu di pesce
Al mattino del 24 gli studenti diligenti cominciavano a “fare i compiti”. Sì, ma in percentuali di quelle con lo zero davanti. Le feste, in giorno secondo entravano nel vivo e tutto veniva vissuto in funzione del Cenone. Ultimi preparativi, assegnazione precisa tra le donne di casa del “chi fa cosa”. Uomini di casa per gli ultimissimi acquisti. Brunch veloce, ma non si chiamava così, a mezzogiorno, con presenza fugace degli amici che erano venuti a fare gli auguri e poi ci rivediamo domani per farceli nuovamente. Sonnellino pomeridiano, ché la serata è lunga. Buio, siamo pur sempre nei giorni più corti dell’anno (se solo si sapesse che il Natale è praticamente la festa del solstizio d’inverno) e il rito comincia: è il Cenone della Vigilia. Lo abbiamo aspettato un anno! Il menù è a base di pesce.
Capitone, un must della VigiliaBeneaugurante, fresco, oggi lo chiameremmo entrée, cominciamo con il polpo all’insalata. La conversazione non può non essere incentrata sulle fasi antecedenti la portata in tavola. Dove lo si è acquistato e sia chiaro che era vivo. Ed è arrivato vivo a casa. E si trattava di ammazzarlo. Chi osa? Chi lo sa fare? Ma come si fa? Un grande valzer di bugie, con questo polpo che praticamente ad ascoltare i racconti è morto in cento modi diversi, per poi scoprire che. . . è morto di morte naturale se morte naturale è privare un mollusco cefalopode del suo elemento naturale: l’acqua del mare! La dovizia delle portate, la loro successione sequenziale o parallela ha già sua prima evidenza con il polpo all’insalata. In questo caso in parallelo, ovvero in contestualità di tempi, giungono in tavola anche le alici marinate.
Ci sono pure le alici marinateA proposito, ma come si marinano le alici? Un momento, ma prima ancora la domanda da porsi è: “è tempo di alici?” Le due discussioni sono aperte, e mentre la seconda (“è tempo di alici “) la si liquida con un perentorio “sì”, la prima scatena sfoggio di competenze: olio e limone; ma come olio e limone senza aceto?! io ci metto anche una puntina di zucchero; zucchero, ma noooo. Io marino due giorni in frigo; ma noooo, un paio di ore ma fuori dal frigo. A Napoli quando si mangia la conversazione verte su ciò che si sta mangiando! Rumoreggiare di piatti provengono dalla cucina. Il padrone di casa si alza da tavola appena un attimo: deve dare l’OK alla scolatura degli spaghetti; in altri termini deve stabilire se la cottura è perfetta: al dente ma senza esagerare.
Il primo: spaghetti (o vermicelli) con le vongole
L’uomo di casa ha detto sì. Si spegne la fiamma sotto il pentolone dove si sono cotti gli spaghetti, ma vanno benone anche i vermicelli. Colapasta. Spaghetti (vermicelli) dal colapasta alla padella dove le vongole hanno vissuto brevi momenti di cottura dopo che la loro fase delicata è stata l’apertura delle valve. Prezzemolo: e vai a mischiare il tutto. I piatti, i piatti!!!
Pasta con le vongole, il primo della VigiliaPrima a donna Amalia, poi a suo marito, poi al ragazzo, quello deve crescere, e adesso a noi di casa. Ultima, colei che della casa è (sarebbe) la padrona. Conversazione animata: le vongole in bianco? E qualche pomodorino appena scamazzato (schiacciato con la mano) perché no? E perché no, perché a noi piacciono in bianco. Ma un pomodorino ci voleva!
Si prosegue con l'immancabile capitone (con riserva)
Ed eccoci alla pietanza il cui racconto ne sovrasta il consumo a tavola. Il capitone. Il Capitone non deve mancare al cenone di Natale. Si mangia per allontanare la cattiva sorte, così esorcizzando l’antico serpente simbolo del male. Capitone e anguilla sono lo stesso pesce, ma qui è matriarcato imperante. L’anguilla, piccolina, è maschio. Il capitone, ben più grande, è femmina.
La Vigilia a Napoli è interamente a base di pesceUn capitone che si rispetti deve avere lunghezza non inferiore al metro. Lo friggiamo e ce lo mangiamo per devozione. Praticamente non piace a nessuno; ma nessuno lo ammetterà mai, però... a me giusto un boccone, per devozione, ma non di più che poi non lo digerisco e stanotte io voglio dormire. A proposito di stanotte, ma a mezzanotte voi venite a Messa? Certo che sì! Per devozione!
Arriva il pesce cotto al forno
Sacro e profano, sempre di devozione trattasi. Dopotutto, la Vergine Maria sottomette alla sua autorità il serpente (quindi il capitone) schiacciandogli la testa sotto i suoi piedi. Chi l’ha ammazzato questo capitone che è stato acquistato ancora vivo sgusciante? Mia moglie: ammazzare il capitone è affare di donne. E sennò . . . la Vergine Maria?! Tolto dalla tavola il cibo della devozione, questo capitone che praticamente a nessuno piace, o quantomeno nessuno se lo andrebbe a cercare, ecco l’anelato pesce al forno. Una volta il pesce cotto al forno era il cefalo, una vera prelibatezza ma, con il progresso (ma quale progresso?) si scoprì che costava poco e allora non faceva status. Vuoi mettere la spigola oppure l’orata? Meno gustose ma più costose. Vuoi mettere?!
Insalate e broccoli come contorni, e la frittura
Contorni a pulire la bocca: l’insalata di rinforzo e i broccoli al limone. Una fritturina di gamberi e calamari? Sì, ci vuole proprio. E allora adesso ci prendiamo una lunga pausa. Perché? Come perché? Perché gamberi e calamari si friggono all’istante, mica la frittura la si porta in tavola che ha perso profumi, sapori e fragranza?
Spazio anche per la fritturaAltrimenti perché si direbbe “frienn magnann”, ovvero si frigge e al contempo si mangia! Ehi, si sono fatte le undici e un quarto! Noi dobbiamo essere in Chiesa a mezzanotte, per la messa. E va bene, allora i dolci!
I dolci della tradizione in chiusura
Che ben di Dio: cassatine, mostaccioli, raffioli, susamielli e gli struffoli. Fatti con la ricetta di mamma. Io ho la ricetta di mia suocera, un’altra cosa. A me piacciono quelli che fa mia moglie. Magari è una piccola bugia, ma ci sta di un bene. Divisione dei commensali: devoti a Messa e laici tra giochi di carte e tombola. E dalla Vigilia di Natale siamo arrivati a Natale. Il Bambino Gesù compare sul Presepe.
Struffoli, tra i dolci delle festeCosa si mangia a Napoli per Natale?
Risveglio in tarda mattinata. A Messa, a passeggio, auguri di qua, auguri di là. Ben presto è ora di pranzo: il pranzo di Natale. Contrappasso: a base di pesce la Vigilia (appena ieri sera), a base di carne oggi. Oggi che è quel santo giorno di Natale! Che gustoso l’antipasto ! Un dovizioso tagliere di salumi. Senza esagerare, che sennò va via l’appetito!
Come si vivono le festività a Napoli e cosa si mangia per Natale?Ma se in toto la tradizione la si vuole ossequiare, ben oltre il tagliere, il vero antipasto, che una volta, quando i tempi erano grami era addirittura il piatto unico del Natale, è la minestra maritata. Che allegria: si mangia carne e abbiamo maritato la carne alle verdure: ecco perché diciamo “minestra maritata”. La verdura è zuppa, solitamente scarole e cicorie; la carne è di maiale.
Un menu tutto a base di carne
Eccoci ai primi. C’è chi preferisce la pasta al forno, di esecuzione in tempo differito e quindi più agevole a servirsi. Ma c’è anche il timballo di maccheroni, condito con il ragù. Valide e saporite alternative: il sartù di riso oppure la lasagna.
Tortellini in brodo, il primo del NataleAd emulare i connazionali emiliani: tortellini in brodo, con abbondante spolverata di Parmigiano. Secondi di carne, in coerenza con tutto il pranzo. Che squisitezza le braciole imbottite, ma anche le polpette, ma anche il capretto al forno con patate. I contorni? Ma ieri sera se ne fecero in abbondanza, un passaggio nel forno caldo per togliergli il freddo che hanno addosso, ed ecco ricomparire l’insalata di rinforzo e i broccoli. Idem per i dolci, oramai onnipresenti fino all’Epifania: struffoli, mostaccioli, roccocò, cassatine, sempre accompagnati dalla frutta secca.
Cosa si mangia a Napoli per Santo Stefano?
Sbarazziamo la tavola! Le carte e le cartelle della tombola: si gioca. E per stasera almeno, di cena non si parla proprio. Ma ai ragazzi, si sa, viene appetito: con tutto quanto è rimasto si farà presto a sfamarli. Domani, suvvia è già domani, è Santo Stefano. E Santo Stefano va festeggiato! Il 26 dicembre è anche detto “prima festa” in quanto è la prima festa segnata in rosso sul calendario dopo il Natale. Che si fa a Santo Stefano? Pranzo speciale anche oggi, e altrimenti che festa sarebbe. Sì, ma cosa? Quanta dolce arguzia nel fare refreshing, chiamiamolo riuso, degli avanzi non solo di ieri (pranzo di Natale), ma anche dell’altro ieri (cenone della Vigilia).
L‘insalata di rinforzo, un piatto per tutti i giorni di festaQuel tagliere del pranzo di ieri, gli affettati? È l’antipasto di oggi, ovvio. Ieri al forno cucinammo il capretto e lo cucinammo con le patate. Quante patate! manifestamente sovrabbondanti rispetto al capretto e pure il capretto, a dirla tutta, ma quanto! Ecco, abbiamo le linguine e facciamo come primo piatto le linguine con patate e con il sugo del capretto: una delizia. Se poi abbiamo cura di salare poco l’acqua della pasta, questa volta la spolverata abbondante non è di Parmigiano, come invece facemmo ieri sui tortellini in brodo, ma è di Pecorino Romano: una favola. E per secondo ancora cosciotto di capretto al forno? Sì, certamente, quello al forno fatto ieri, che opportunamente riscaldiamo e poi, affinché mai si dica che mangiamo solo gli avanzi, che comunque erano previsti e schedulati, esclusivamente per questo pranzo di Santo Stefano, il capretto lo facciamo anche in fricassea e facciamo anche le costolette di capretto fritte.
I dolci... ci sono e sono ancora quelli! Idem la frutta secca. Sbarazzo, riposino. Arrivano gli amici. Mercante in fiera! Pandoro, panettone. Insomma, allegria. Domani, dopotutto, si torna al lavoro.
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