I politici non brindano
insieme a Vinitaly
Ma il vino aspetta
un progetto vero
Il punto del direttore di Italia a Tavola
Né Salvini né Di Maio al Vinitaly si sbilanciano nemmeno su un progetto per il vino italiano, un settore tanto strategico per il sistema Italia quanto da riformare per gareggiare con competitor come la Francia
Che il vino sia un elemento centrale nella vita e nell’immagine dell’Italia non c’era certo bisogno dell’attuale edizione del Vinitaly per averne conferma. Comprensibile quindi che gli aspiranti capi del Governo italiano, alla ricerca di consensi più ampi rispetto a quanto gli elettori gli hanno dato, abbiano immaginato la fiera come una sorta di palcoscenico per l’attuale gioco a rimpiattino in cui nessuno vuole restare col cerino acceso in mano.
Nell’immaginario collettivo non c’è forse niente di meglio di un’intesa siglata con una stretta di mano e il tintinnare di due calici di vino. E ciò è quello che si aspettavano in tanti. Invece i due sfidanti (destinati peraltro ad un matrimonio, non si sa quanto longevo…), non solo non hanno brindato insieme, ma non si sono nemmeno incontrati. Pazienza, si sa che in Italia le liturgie della politica sono complesse, e sono pure le prime cose a cui si adattano anche coloro che le vogliono cambiare. Del resto le rivoluzioni si fanno o con i mitra o con tanta tanta pazienza. E per fortuna in Italia si sceglie la seconda strada.
Detto ciò, e giudicando comprensibile il mancato incontro fra Salvini e Di Maio, fa un po’ specie che nessuno dei tanti leader presenti a Verona abbia colto l’occasione per lanciare un vero segnale di attenzione verso un comparto produttivo strategico per l’immagine complessiva del sistema Italia e centrale per il turismo.
Luigi Di Maio e Matteo Salvini
Sarà forse anche un segnale di prudenza e di volontà di stare coi piedi per terra. O forse un non volere mostrare tutte le carte da giocare qualora si facesse un nuovo Governo, ma sta di fatto che al momento tutti stanno zitti. Il basso profilo ha del resto accomunato anche le più alte cariche dello Stato, dalla presidente del Senato Casellati al presidente del consiglio Gentiloni (in carica per gli affari correnti anche con la delega di ministro delle Politiche agricole); si sono sentiti solo messaggi di considerazione ma nessun progetto concreto per l’enogastronomia. Chissà, forse un po’ tutti i politici hanno timore di mettersi in gara con l’allora presidente del consiglio Renzi che, quasi incurante di quale è la condizione del mercato, 3 anni proprio dalla tribuna del Vinitaly aveva sparato la bordata assicurando che l’export di vino italiano sarebbe passato da 5 miliardi a 7,5 entro il 2020. È vero che adesso siamo a quasi 6 miliardi, ma difficilmente sarà possibile crescere ancora senza un progetto serio di valorizzazione del vino italiano. Giusto ciò che finora, al di là delle iniziative di facciata del Governo, è di fatto mancato.
Lo spazio per crescere non è tanto quantitativo, ma di valore. Negli Usa vendiamo il doppio delle bottiglie della Francia, che però ci supera in valore perché sa fare sistema. Questo è quello che a noi manca e che speriamo il prossimo Governo riesca a mettere in agenda, dopo che i nuovi leader politici hanno toccato con mano a Vinitaly le potenzialità delle cantine italiane…
Nessun commento:
Posta un commento