Con la verdura al centro cambiano i menu
(e i margini): ecco come e perché
Il trend plant-forward ridefinisce la ristorazione: piatti vegetali creativi, sostenibili e redditizi conquistano chef e consumatori. Non è rinuncia ma evoluzione: reinterpretare i classici con gusto, contenere i costi e intercettare il mercato giovane e consapevole. Il mercato dei cibi plant-based è proiettato a raggiungere i 162 miliardi di dollari entro il 2030
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
Diciamocelo chiaramente: se qualcuno avesse predetto dieci anni fa che la carbonara alle alghe sarebbe diventata il piatto di punta di un ristorante romano, probabilmente sarebbe stato accompagnato gentilmente alla porta. Eppure, eccoci qui nel 2025, in un mondo dove le zucchine si travestono da spaghetti con tale convinzione da meritarsi applausi e dove il più carnivoro dei clienti ordina con entusiasmo il "pulled jackfruit" pensando di essere molto trendy.
Il fenomeno plant-forward sta ridefinendo il panorama della ristorazione mondiale con una forza che va ben oltre le aspettative. I menu a base vegetale sono stati identificati come il trend N°1 della ristorazione nel 2024 e i numeri parlano chiaro: il mercato dei cibi plant-based è proiettato a raggiungere i 162 miliardi di dollari entro il 2030. Ma attenzione, non stiamo parlando dell'ennesima moda passeggera, bensì di una vera rivoluzione che sta coinvolgendo ristoranti che fino a ieri servivano bistecche da mezzo chilo come specialty della casa.
Cosa significa davvero plant-forward: gusto, non rinuncia
Il bello del movimento plant-forward è che non si presenta in modo punitivo o predicatorio: non si tratta di sostituire tutto con il tofu e sperare per il meglio, ma di creare piatti vegetali così deliziosi che nessuno senta la mancanza della carne.
Quasi un quarto dei consumatori limita il consumo di carne, mentre un terzo è disposto a pagare prezzi più alti per piatti plant-forward. È un dato che dovrebbe far drizzare le orecchie a qualsiasi ristoratore che ancora crede che "vegetariano" sia sinonimo di "margine ridotto".
Gli chef più astuti hanno capito che la chiave non è eliminare, ma reinterpretare. Le "carbonare" di cavolfiore stanno spuntando nei menu con la stessa frequenza con cui una volta comparivano le tartare di manzo. I funghi porcini vengono lavorati per ottenere texture che ricordano la carne, mentre il jackfruit continua la sua incredibile carriera di imitatore seriale di pulled pork.
Gli chef stanno sfruttando il vasto potenziale degli ingredienti vegetali, creando piatti diversificati e saporiti che si estendono ben oltre le offerte tradizionali per includere burger, pizze e piatti culturalmente diversi a base vegetale.
La vera magia sta nel fatto che questi piatti non vengono percepiti come "versioni povere" degli originali, ma come creazioni culinarie a pieno titolo. Il risotto ai funghi porcini e anacardi non è un "finto risotto", è semplicemente un risotto che ha scelto di percorrere una strada diversa. E i clienti lo adorano.
Menu plant-forward e margini più alti: una scelta sostenibile
Ora arriviamo alla parte che fa battere il cuore di ogni proprietario di ristorante: i margini di profitto. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, il passaggio a menu più plant-forward non è necessariamente un salto nel vuoto economico. Anzi, spesso è proprio il contrario.
Per rimanere economicamente sostenibili, i ristoranti devono mantenere la percentuale del food cost tra il 28% e il 35% a seconda della tipologia e qualità merceologica e della provenienza delle materie prime.
Le proteine vegetali, quando usate intelligentemente, possono offrire margini molto interessanti. Un chilo di lenticchie IGP (Castelluccio di Norcia o Altamura) costa significativamente meno di un chilo di manzo di qualità e, con le giuste tecniche di preparazione, può offrire un analogo livello di soddisfazione gustativa.
I margini di profitto stanno diminuendo in tutto il settore della ristorazione (causa costi di affitto e generali di gestione) con i margini scesi al di sotto del 10% nel 2023.
In questo contesto, il modello plant-forward rappresenta un'opportunità strategica, permettendo spesso di controllare meglio i costi e di differenziarsi dalla concorrenza senza aumentare i prezzi di vendita.
Il target ideale: giovani, donne
e consumatori consapevoli
Il dato forse più interessante è che il 19% della Gen Z abbraccia abitudini alimentari plant-based, e questo gruppo demografico sta diventando sempre più influente nelle scelte di consumo.
Ma il fenomeno non si limita ai giovani: le donne sono quasi due volte più propense degli uomini a non ordinare bevande alcoliche al ristorante e tendono a prediligere opzioni più salutari e sostenibili. Il 71% degli avventori tra i 20 e i 29 anni cerca attivamente ristoranti che danno priorità a scelte salutari. Non è più una nicchia, è il mainstream di domani che bussa alla porta oggi.
Reinterpretare i piatti classici in chiave vegetale
Il vero genio del movimento plant-forward sta nella capacità di reinterpretazione dei classici. Non stiamo parlando di sostituzioni meccaniche, ma di vere rivisitazioni creative.
Gli chef stanno preservando la connessione emotiva che questi piatti rappresentano mentre introducono texture e sapori inaspettati.
Prendiamo il caso delle "polpette della nonna": invece di sostituire semplicemente la carne con un impasto di legumi, gli chef più creativi stanno lavorando su combinazioni di funghi, noci e cereali che mantengono la texture familiare ma aggiungono complessità di sapore. Il risultato è un piatto che soddisfa tanto la nostalgia quanto la curiosità culinaria.
Fermentazione e umami: il ritorno di antiche tecniche
Le tecniche di fermentazione stanno vivendo una seconda giovinezza in questo contesto. Le tradizioni senza tempo di fermentazione e marinatura stanno facendo un grande ritorno, trasformando il modo in cui pensiamo al sapore, alla conservazione e alla nutrizione.
Kimchi, verdure fermentate e miso stanno diventando i nuovi "segreti" per aggiungere profondità umami ai piatti vegetali.
Perché il plant-forward è il nuovo standard
della cucina moderna
Il trend plant-forward rappresenta molto più di una moda alimentare: è la risposta del settore a una trasformazione culturale profonda. I ristoratori più lungimiranti stanno già adattando i loro menu, non per seguire una tendenza, ma per anticipare le esigenze di una clientela che diventa sempre più consapevole e esigente.
La bellezza di questo movimento sta nella sua flessibilità: non comporta traumi e non richiede rivoluzioni drastiche, ma piuttosto evoluzioni intelligenti. Un menu plant-forward di successo non esclude necessariamente la carne, ma la affianca con alternative vegetali così convincenti che la scelta diventa difficile per tutti i motivi giusti.
Alla fine, il plant-forward dining ci sta insegnando che la trasformazione culinaria più efficace non è quella che nega il passato, ma quella che lo reinterpreta con creatività, sostenibilità e, soprattutto, con un irresistibile senso del gusto.
E se questo significa che tra qualche anno ordineremo tutti i "tonnarelli cacio e pepe" con lo stesso entusiasmo con cui oggi ordiniamo la versione tradizionale, ma senza uovo, parmigiano e pecorino… Beh, forse non è poi una prospettiva così terribile!
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