La Marinara Atomica che ha scosso la pizza italiana: Martucci svela il metodo
Francesco Martucci conquista per la settima volta la classifica di Top 50 Pizza e la sua Marinara Atomica è la pizza dell'anno 2025, la conferma di una qualità sempre di primissimo ordine.

In questa intervista esclusiva a Italia a Tavola racconta le scelte tecniche, l’esperienza sensoriale della sua sala degustazione e la filosofia che c'è dietro le sue creazioni, non negando che in futuro potrebbe aprire un'accademia
Redattore
Francesco Martucci ha trasformato la pizza in un linguaggio universale fatto di tecnica, sensibilità, rispetto e conoscenza per la materia prima. Appena incoronato per la settima volta vincitore del 50 Top Pizza Italia, e con la sua “Marinara Atomica” come Pizza dell’Anno 2025, Martucci conferma ancora una volta la sua posizione al vertice della scena gastronomica italiana.
Con la pizzeria Masanielli a Caserta, divenuta ormai un punto di riferimento internazionale, Martucci ha saputo ridefinire i confini del concetto di pizza, spingendolo verso territori inesplorati grazie a impasti evoluti, cotture inedite e ingredienti selezionati con cura quasi maniacale.
In questa intervista esclusiva a Italia a Tavola, Martucci si racconta a cuore aperto: spiega come si bilancia tra la sperimentazione estrema e il rispetto della tradizione, parla dell'importanza della musica in sala, dell'approccio scientifico alla filiera e del valore delle collaborazioni con grandi chef e produttori. Il risultato? Una visione d’insieme che va oltre la pizza e diventa un manifesto di autenticità, rigore e passione.
Sperimentazione e tradizione: il segreto
della Marinara Atomica
La sua “Marinara Atomica” è stata eletta Pizza dell’Anno 2025. Quali sono state le scelte tecniche - impasto, condimenti, cottura - che hanno fatto la differenza, e quanto è difficile riprodurla fedelmente fuori dal suo locale?
La Marinara è una pizza molto semplice all'apparenza ma altrettanto difficile da eseguire, è comunque storia della pizza. Bisogna cercare di migliorare un caposaldo. Nel 2016 abbiamo iniziato in questo senso con il Futuro di Marinara, ora negli ultimi 3 anni con Marinara Atomica siamo andati ad alzare il gusto, a renderla meno spigolosa, con un pomodoro messo cotto invece che a crudo, quindi siamo andati a stringere, ad amplificare la materia. I pomodori hanno la caratteristica che cucinandoli possono addirittura migliorare. Abbiamo pensato al non spreco con un ragù di san Marzano con olio e cipolla soffritta, l'abbiamo fatto cuocere per 12 ore, abbiamo preso l'olio in eccesso e fatto una mousse, col pomodoro secco del Piennolo, per valorizzare il territorio e allo stesso tempo migliorare la tradizione. Certo che è una pizza replicabile, bisogna solo avere una conoscenza approfondita della materia.
La pizza in tre temperature e il suo impatto internazionale
La celebre pizza in tre temperature - vapore, frittura e forno - è diventata un suo marchio di fabbrica. Ma è davvero proponibile anche in un ristorante con ritmi serrati, oppure resta un lusso da laboratorio d’autore?
Abbiamo in carta 4 pizze cotte a tre temperature, basta investire nella tecnologia, nell'organizzazione e nelle risorse, e si può proporre su larga scala. Ci sono ristoranti 3 stelle Michelin come i Quattro Passi, che nell'amuse bouche propongono l'omaggio a Francesco Martucci che è una Futuro di Marinara cotta in più modi, oppure un altro 3 stelle come lo spanolo Muñoz che ha proposto una pizza a tre cotture vapore, fritta e forno. A me fa piacere, significa che abbiamo tracciato una strada e nel nostro lavoro, quando lo fai e sei utile agli altri, hai fatto centro.
La nuova sala degustazione dove i piatti dialogano, tra le altre, con la musica di Bach ha fatto molto parlare. Si tratta solo di un’esperienza sensoriale o c’è un riscontro concreto sul servizio, la soddisfazione del cliente e il valore percepito?
Partiamo da Bach come da altri, proponiamo diversi tipi di musica, fino ad Elvis per esempio, proponiamo un po' tutto quanto di bello è stato fatto nella musica, perchè quando mi chiedono Masanielli che ruolo ha, io rispondo sempre che siamo come gli anni 60' per la musica, una ventata d'aria fresca, non immobilismo quasi totale. Credo proprio che questo aumenti il valore percepito. Facciamo solo 10 degustazioni a servizio e siamo sempre full, siamo contenti perchè chi entra da me non deve percepire giorni e orari, ma focalizzarsi solo su ciò che facciamo, che cerchiamo di fare nel miglior modo possibile.
Collaborazioni, alta cucina e un possibile futuro da maestro
Dalla cena con Nino Di Costanzo alla collaborazione con Latteria Sorrentina, è sempre più vicino al mondo dell’alta cucina. Questo l'ha cambiata anche nel modo in cui pensa la pizza quotidiana, in termini di preparazione, rigore o narrazione?
Con Nino Di Costanzo a Milano abbiamo fatto il menu in 5 minuti, lui ha firmato delle pizze molto importanti di grandi maestri italiani, è molto esperto in topping. Credo non sia una questione alta cucina, ma di conoscenza della materia. Se non conosci la materia non la puoi sviluppare, se non cerchi di non sprecarla, di rispettarla. Bisogna approfondire a 360° la conoscenza della materia, se no un semplice pomodoro viene consumato solo in un modo e invece ce ne sono milioni.
Ha vinto nuovamente Top 50 Pizza Italia. Cosa significa per Lei oggi “fare scuola”? Pensa a un’accademia, un team da crescere, o a un progetto editoriale più profondo?
Il settimo anno consecutivo che vinciamo, una grandissima soddisfazione, è bello arrivarci ma poi una volta, due, tre..addirittura 7, la dice lunga sul percorso che abbiamo fatto e facciamo. A noi non interessa quello che succede fuori dal locale, non so gli altri cosa fanno, io cerco di creare un'identità ben definita del mio locale, un'unicità che diventa poi destinazione, perchè certe cose le puoi mangiare solo da noi, anche se i miei menù sono replicati da moltissimi pizzaioli. Torniamo però al discorso precedente, quando tracci una strada dai un contributo al mondo della pizza. Arrivare primo o centesimo, credo prima di tutto che si debba avere un rispetto totale per tutti. In fondo siamo tutti dei matti che passano tante ore nel proprio locale, tutto tempo che non si dedica ai figli, alla famiglia, questo lavoro è fatto di queste cose. Un'accademia? Sì, mi piacerebbe, ma ora sono ancora impegnato a fare le pizze in prima persona, quando riuscirò a staccarmi dall'attività, mi piacerebbe sicuramente insegnare.
Tecnologia, filiera e sostenibilità: la visione imprenditoriale
MartucciLand oggi è una macchina da 160 coperti su 600 metri quadri, metà dei quali occupati dalla cucina. Come si gestisce un locale di queste dimensioni senza perdere controllo, qualità e identità?
Con la passione delle persone che collaborano con me, bisogna renderli partecipi. Quando hai delle risorse performanti, che sono forti, che capiscono il concetto e vogliono proseguire anche loro nella crescita del progetto, viene tutto più facile. È la forza della risorsa, e senza risorse non si va da nessuna parte.
Ha sempre investito in attrezzature all’avanguardia e tecniche evolute. Ma quanto di tutto questo è davvero indispensabile per ottenere una grande pizza? Cosa fa davvero la differenza e cosa no?
Credo ci sia sempre una componente di sensibilità, di capire la materia attraversandola. Conoscerla, smontarla, rimontarla, è lì che si capisce quasi tutto. Dopo la sensibilità arriva il duro lavoro, e poi solo dopo la tecnologia, che sicuramente aiuta.
Utilizza ingredienti eccellenti come il San Marzano e la bufala campana, spesso soggetti a rincari o scarsità. Sta valutando accordi diretti con i produttori o addirittura una sua filiera controllata?
Abbiamo una filiera controllata da sempre, da quando abbiamo la pizzeria, non è mai stato un problema. Abbiamo programmi di ultima generazione dove in ogni postazione ci sono dei display dove viene registrato il prodotto già quando entra, una completa tracciabilità di tutta la filiera. Postazioni online dove possiamo controllare in tempo reale cosa succede nei magazzini, nei frigoriferi, in pizzeria.
I suoi forni lavorano a temperature molto elevate, con consumi energetici importanti. Ha già adottato soluzioni per ridurre gli sprechi e ottimizzare i costi, magari in chiave sostenibile?
Il locale come azienda deve autosostenersi, è vitale per te ma anche per tutti i fornitori, le persone vanno pagate e rispettate. I rincari ci sono e bisogna regolarsi di conseguenza. A volte qualcuno si lamenta dei prezzi alti, ma io dico che i costi sono alti in Italia. Se non fai le cose in trasparenza, l'etica e la reputazione che hai guadagnato in anni di lavoro la butti via.
Con il “Fiordilatte Taglio a mestiere” e altri progetti, sta entrando anche nel mondo dei prodotti firmati. È un semplice esperimento o sta costruendo un marchio con una linea destinata alla distribuzione?
Collaboro dal 2001 con Latteria Sorrentina, da quando Masanielli esiste, poi ci siamo incontrati di nuovo recentemente. Prima il ruolo del pizzaiolo e quello dell'azienda erano più lontani. Quello era il prodotto, se ti piaceva bene, altrimenti ne sceglievi un altro. Invece è capitato con Giovanni Amodio e con la nuova generazione del caseificio di poter collaborare, loro sono più vicini al pizzaiolo e quel taglio di mozzarella ne è l'esempio, è grande merito loro più che mio. Io non penso a brand miei, non intraprendo strade che poi non saprei come gestire.
Napoli, Caserta e oltre: la pizza come linguaggio universale
Con Lei si allunga la lista dei pizzaioli casertani oggi ai vertici della scena nazionale. Secondo Lei esiste davvero una differenza tra la “scuola di Caserta” e quella di Napoli? E se sì, dove si vede più chiaramente: nell’impasto, nella mentalità o nel modo di servire la pizza?
Io sono sempre per la pizza che o è buona o non buona. Mi rendo conto che in questo periodo storico tutti attribuiscono etichette come scuola casertana, napoletana, romana etc. In certe cose penso ci sia qualche differenza, ma se ne parlassi sarei di parte e non sarei corretto verso le altre cosiddette scuole. Sembra quasi una sorta di razzismo enogastronomico distinguere la provenienza delle pizze, ma secondo me, ribadisco, alla fine la pizza o è buona o non lo è, questo conta.
Tanta passione cui però va aggiunto un duro lavoro e uno studio costante. È la ricetta del successo, certificato dal fatto che oggi la sua pizzeria viene valutata ancora una volta la migliore d'Italia, nonostante tanti giovani si stiano facendo strada con idee innovative. Perchè, come ha ripetuto lui stesso sul palco dell'ultima premiazione «noi della vecchia guardia dobbiamo essere bravi ad essere attuali, proprio nel far capire ai giovani che l’olio di gomito vince sempre. La tradizione è come iniziare a camminare, sta a noi vedere se possiamo migliorare qualcosa».
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