La rivincita
del vino rosato
Crescono
consumo
ed export
In crescita, ma soprattutto adatto più di altri a rispondere alle diverse esigenze del mercato. È il vino rosato italiano, secondo una ricerca di Nomisma, presentata nelle scorse ore al Vinitaly. Bene anche l’export.
La ricerca ha analizzato le dinamiche dei vini rosati nel panorama del mercato internazionale, mettendo in evidenza come il consumo di questa tipologia enoica continua a crescere, con progressioni più significative in alcuni Paesi, come gli Stati Uniti.
Inoltre, la ricerca ha evidenziato che al pari degli spumanti, anche i rosati rappresentano la tipologia di vino che meglio si adatta ai cambiamenti negli stili di vita e nelle modalità di consumo del vino da parte delle nuove generazioni, non solo per una questione di tendenza ma anche per una facilità di “beva”.
«I dati - ha spiegato il senatore Dario Stefano, che ha promosso la ricerca - ci confermano che dieci anni fa ci avevamo visto giusto a investire sui rosati, peccato però che oggi la Puglia non sia più alla testa di una locomotiva dal potenziale straordinariamente enorme. L’idea di un Osservatorio che raccogliesse i dati, che ad oggi mancano, su questa tipologia enoica l’abbiamo lasciata nel cassetto chiuso nel 2009 ed oggi sono altri territori ad intestarsi questa, necessaria, attività. A loro ovviamente va tutto il nostro plauso, ma è evidente che la Puglia ha perso un’occasione importante. Così come abbiamo fatto morire il Concorso nazionale organizzato nella nostra regione, che è stata occasione di stimolo per produttori di tutto il Paese».
Riguardo in particolare alla Puglia, la ricerca ha sottolineato che rappresenta un territorio storicamente vocato alla produzione di rosati e in questo scenario di mercato può giocare una partita importante anche se su target di consumo differenti: i vini pugliesi, alla stregua di quanto accade sul mercato per gli autoctoni, rappresentano una specificità nella categoria dei rosati e come tali possono incontrare l’apprezzamento di consumatori più esperti o in cerca di un “upgrade” nella tipologia. «La Puglia del vino cresce in valore - ha concluso Stefàno - ed è un’ottima notizia, perché abbiamo due elementi forti su cui continuare a investire: l’autoctonia e l’identità».
Inoltre, la ricerca ha evidenziato che al pari degli spumanti, anche i rosati rappresentano la tipologia di vino che meglio si adatta ai cambiamenti negli stili di vita e nelle modalità di consumo del vino da parte delle nuove generazioni, non solo per una questione di tendenza ma anche per una facilità di “beva”.
«I dati - ha spiegato il senatore Dario Stefano, che ha promosso la ricerca - ci confermano che dieci anni fa ci avevamo visto giusto a investire sui rosati, peccato però che oggi la Puglia non sia più alla testa di una locomotiva dal potenziale straordinariamente enorme. L’idea di un Osservatorio che raccogliesse i dati, che ad oggi mancano, su questa tipologia enoica l’abbiamo lasciata nel cassetto chiuso nel 2009 ed oggi sono altri territori ad intestarsi questa, necessaria, attività. A loro ovviamente va tutto il nostro plauso, ma è evidente che la Puglia ha perso un’occasione importante. Così come abbiamo fatto morire il Concorso nazionale organizzato nella nostra regione, che è stata occasione di stimolo per produttori di tutto il Paese».
Riguardo in particolare alla Puglia, la ricerca ha sottolineato che rappresenta un territorio storicamente vocato alla produzione di rosati e in questo scenario di mercato può giocare una partita importante anche se su target di consumo differenti: i vini pugliesi, alla stregua di quanto accade sul mercato per gli autoctoni, rappresentano una specificità nella categoria dei rosati e come tali possono incontrare l’apprezzamento di consumatori più esperti o in cerca di un “upgrade” nella tipologia. «La Puglia del vino cresce in valore - ha concluso Stefàno - ed è un’ottima notizia, perché abbiamo due elementi forti su cui continuare a investire: l’autoctonia e l’identità».
italiaatavola
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