lunedì 5 febbraio 2024

Le Mìgole di Malonno, un piatto che profuma di antico

 

Le Mìgole di Malonno, 

un piatto che profuma 

di antico e di Valle Camonica

Ad aprile inizierà un progetto per far conoscere un piatto nato come pietanza completa, da mangiarsi rigorosamente con le mani. Un importante tassello per la continuazione e la preservazione di un patrimonio locale

di Carlos Mac Adden

Mìgola, briciola, minuzzolo, così riporta il "Lessico bresciano" di Gianni Pasquini, testo con «I diversi significati, le varie sfumature, le pronunce altre e le scritture di una lingua che ha connotato una civiltà», dal sottotitolo in copertina. Ne esiste anche il plurale «Mìgole», briciole, che a Malonno, in Valle Camonicasi fa cibo omericoinsieme di due farine che profumano di anticograno saraceno e castagne (utilizzata sin dal 1600), con l'aggiunta di acquasale e un filo di olio di semi o di oliva, ma non extravergine che ne segnerebbe troppo il sapore, a sostituire, per stomaci più delicati e lavori meno gravosi, il lardo di un tempo.

Le Mìgole di Malonno, un piatto che profuma di antico e di Valle Camonica

Le Mìgole di Malonno

E poi ancora olio, quello di gomito, per mescolare a lungo una specie di soda polenta affinché si sbricioli onorando il nome, giunge poi il burro, preferibilmente di malga, giallo d'erbe locali, a condire il tutto. Ed ecco, dopo un lungo rimestare, le Mìgole di Malonno, piatto identitario quanto pochi, strettamente legato a quella località, tanto da meritarsi, grazie all'attività iniziata nel 2003 della Nuova Proloco e dell'amministrazione comunale, la De.C.O. - Denominazione Comunale di Origine - con attestato di registrazione n° 1 in data 28 ottobre 2022. Il volume Segni di Stelle - Percorsi culinari in Valle Camonica, realizzato all'interno del progetto Cam-On-Eat per l'Expo 2015, lo considera piatto unico «tipico di Malonno … realizzato soprattutto in questo paese e nelle zone circostanti» e proposta «prevalentemente autunnale e invernale» anche se tale collocazione stagionale non è affatto vincolante, riportandolo nella sezione Le ricette dimenticate, il testo della De.C.O. ne precisa la cottura, preferibilmente su stufa o nel caminetto a legna, il recipiente, un paiolo di rame o ghisa, la grammatura degli ingredienti e il modo di mescolare la miscela, dal basso verso l'alto, favorendo lo sbriciolamento della massa.

Ad aprile un progetto per far conoscere le Mìgole di Malonno

Parte da qui, e da una Sagra istituita nel 2018, che quest'anno si terrà nel mese di aprile, il progetto di far conoscere un piatto nato come pietanza completa, da mangiarsi «rigorosamente con le mani» come consiglia Stefano Mariotti, vicepresidente della Nuova Proloco, anche al di fuori dei ristretti e originari confini, utilizzando tutte le risorse che le attuali modalità di comunicazione offrono, come auspica Fausto Mariotti, attuale presidente della stessa. A confortare entrambi il recentissimo inserimento delle «Mìgole», avvenuto ufficialmente alla fine dello scorso dicembre, nell'elenco dei Prodotti agroalimentari tradizionali (Pat) della Regione Lombardia, elenco che include quei prodotti e quei piatti composti che caratterizzano un territorio, sono frutto di una consuetudine locale costante e vengono ottenuti «con metodi di lavorazione, conservazione e stagionatura consolidati nel tempo, omogenei per tutto il territorio interessato, secondo regole tradizionali, per un periodo non inferiore ai venticinque anni».

Un altro, importante, tassello per la continuazione e la preservazione di un patrimonio locale altrimenti destinato, con il passare del tempo e il mutare delle abitudini all'oblio e alla scomparsa, come avvenuto in passato per tante preparazioni ormai dimenticate. Oggigiorno poi, e la Sagra dedicata ne è concreta testimonianza, le Mìgole da parco piatto unico sono diventate originale contorno per i salumi da pentola - cotechino, salame cotto - ma anche per un buon salame «nostrano» giustamente stagionato, per del cremoso gorgonzola, per un piatto di radicchio o, in abbinamento, singolare e insospettabile, con dei pesciolini marinati. Da gustare con un bicchiere di rosso montano, camuno ovviamente, divenendo l'ennesimo viatico per scoprire una tradizione vitivinicola in espansione ma ancora poco conosciuta ai più.

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