lunedì 17 dicembre 2018

HOLD l’app anti-app


HOLD  
l’app 
anti-app


Il software nato in Norvegia ora è attivo anche nel Regno Unito e punta ad espandersi nel resto d’Europa 


C'è un’app che paga per non usare app. Si chiama Hold e si sta espandendo dai Paesi scandinavi (dov’è nata) alla Gran Bretagna. Il suo obiettivo è semplice: premiare chi resiste alla tentazione di usare compulsivamente il proprio smartphone. Nello specifico, si rivolge agli studenti universitari per tentare di limitare le distrazioni mentre sono a lezione. Quello che devono fare è attivare l’app: da allora parte un software collegato ad un timer che permette di calcolare per quanto tempo il cellulare resta a riposo. E più il tempo passa, più lo studente accumula punti. Per farci cosa? I punti diventano buoni da spendere sul mercato incorporato nell’applicazione: possono essere utilizzati per avere sconti, sia online che (con un QR Code) alla cassa di alcuni punti vendita, per comprare snack, libri, servizi universitari, prestiti in biblioteca.
Riscontri positivi
Il mercato sul quale spendere i punti è sostanzialmente un luogo digitale dove promuovere prodotti. I marchi, quindi, pagano “Hold” per entrarci e avere un contatto diretto con un pubblico preciso (quello degli studenti). I fondatori dell’app, Maths Mathisen, Florian Winder e Vinoth Vinaya, hanno detto che proteggere gli studenti dalle distrazioni digitali “è una grande sfida”. Che si vince convincendoli ad allontanare il dispositivo dalle loro mani.
I primi riscontri sono positivi: “Hold” ha già ottenuto 1,4 milioni di dollari dagli investitori. E, secondo i dati forniti dai tre fondatori, un quarto degli studenti norvegesi (la società ha sede a Oslo) ha scaricato l’app nei primi tre mesi dal lancio. “I numeri – sottolineano – dimostrano che i giovani sono pronti per affrontare questo cambiamento”.
Come funziona
Dopo aver installato “Hold” (disponibile per iOS e Android), è sufficiente lasciare il telefono fermo in un punto il più a lungo possibile così da accumulare punti. L’utente riceve 10 punti ogni 20 minuti trascorsi senza toccare il telefono: per ottenere biglietti per il cinema a metà prezzo occorrono 60 punti, l’equivalente dunque di 120 minuti lontani dal telefono; per due caffè gratis occorrono 300 punti, cioè 600 minuti lontani dal telefono; per i buoni Amazon da £ 5, gli utenti devono aver raggiunto 1000 punti, il che richiederebbe 33 ore trascorse lontano dal proprio smartphone.
Un’app come “Hold” potrebbe esser d’aiuto a molti, non soltanto agli studenti, ma non tutti forse si accontentano di un caffè come incentivo. Intanto aspettiamo che l’app arrivi anche da noi per capire se sarà capace di tenere lontani i nostri giovani dalle tentazioni dello smartphone.

    «Disconnect» rivista digitale off-line
Sulla stessa lunghezza d’onda viaggia The Disconnect, una nuova rivista digitale (lanciata a febbraio) che costringe a staccare la spina da Internet, nel senso che il lettore può fruire dei suoi contenuti una volta sola e soltanto se si è disconnesso dalla rete. Il tutto suona di provocazione, naturalmente, anche se il fondatore della rivista Chris Bolin dice di voler sottolineare proprio questa contraddizione: un contenuto solo sul digitale ma che si può leggere soltanto off-line.
Il sito sfrutta una funzione integrata nella maggior parte dei browser web che rileva se un utente è connesso o meno a Internet. Così, quando si accede per la prima volta al sito di “The Disconnect” (dopo essersi iscritti via mail) si legge: “Si prega di scollegare da Internet. Questa è una rivista offline di commento, finzione e poesia”. Così, dopo la disconnessione, il sito si rivela ed è in tutto e per tutto un normale magazine online: racconti brevi, saggi ed editoriali. “Ho creato questa rivista in parte perché penso che sia molto divertente usare l’ironia in questo modo: avere un pezzo di Internet che ti costringe a lasciare internet “, spiega il fondatore Chris Bolin

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I social non allontanano 
dalla vita reale: 
uno studio lo conferma

Chi passa più tempo sui social è una persona più introversa e tendente all’isolamento. 
È questa la percezione che, al giorno d’oggi, tutti hanno dei social network: da Facebook a Instagram, chi condivide di più in rete parallelamente non vive la socialità reale nel modo giusto. Pare proprio che, però, si tratti di una percezione sbagliata. Uno studio condotto dall’Università del Kansas, pubblicato sulla rivista “Information, Communication & Society”, confermerebbe che non esiste alcun collegamento tra le due situazioni e che le due realtà non sarebbero mai completamente sovrapposte. In particolare, lo studio prevede due approfondimenti: uno che tiene conto delle informazioni raccolte nel “Longitudinal Study of American Youth” per gli anni 2009-2011, un gigantesco database scientifico che contiene informazioni relative anche all’uso dei social media e ai rapporti interpersonali; e il secondo che studia gli atteggiamenti di 116 persone tra adulti e universitari.

I risultati per ciascuno dei due focus non lascerebbe dubbi: non c’è correlazione tra l’uso dei social network e le interazioni nella vita reale e lo studio non vuole incentivare l’utilizzo spropositato dei social a scapito della vita reale. Di certo, le conseguenze dell’abuso dei social possono essere molto gravi, ma non nella maniera in cui pensiamo solitamente: possiamo continuare tranquillamente a usare Facebook e a non sentirci “asociali”
 

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