QUANDO L’EXPORT
DIVENTA NECESSARIO
Nel rapporto di SACE il quadro per le imprese italiane esportatrici

Questo il quadro per le imprese esportatrici italiane delineato dall’ultimo Rapporto Export di SACE, “Quando l’export diventa necessario”, che traccia le principali direttrici geografiche, settoriali e strategiche per le vendite di beni italiani all’estero nel quadriennio 2013-2016.
L’export italiano crescerà del 7,2 p.c.nel 2013 e accelererà il ritmo di crescita negli anni successivi fino a mettere a segno un +8,5 p.c. nel 2016, raggiungendo un valore pari a 535 miliardi di euro.
Il trend positivo è il frutto del processo di “ristrutturazione silenziosa” realizzato nell’ultimo decennio dalle imprese del Made in Italy: un progressivo riposizionamento di mercato, non solo geografico ma anche qualitativo, che ha consentito all’export italiano di intercettare nuovi bacini di domanda, in un contesto di rallentamento delle economie avanzate e di crescita delle eco¬nomie emergenti.
Le previsioni di SACE confermano dunque il trend di risalita, lenta ma sostenuta, delle vendite all’estero: un cammino che ha consentito di recuperare i livelli pre-crisi già nel 2011(375 miliardi di euro di export in valore), grazie ad un tasso di crescita dell’il ,4 p.c.

In una logica di medio-lungo termine, tuttavia, il Rapporto segnala un numero significativo di mercati di prossima generazione (next generation market), localizzati prevalentemente nel Sud-est asiatico, verso i quali il settore ha raggiunto livelli ancora non elevati ma si prepara a mettere a segno tassi di crescita sostenuta nei prossimi anni: Indonesia (+10,1 p.c.), Filippine (+10,8 p.c.), Malesia (+9,6 p.c.), Cile (+8,9 p.c.), Nigeria (+9,4 p.c.), Angola (+10,2 p.c.) e Qatar (+9,7 p.c.).
Saranno i comparti a medio-alta tecnologia a guidare le performance dell’export italiano. Complessivamente, a registrare i più elevati tassi di crescita saranno i beni d’investi¬ mento, trainati dai settori meccanica strumentale (+9,7 p.c.) e apparecchiature elettriche (+8,0 p.c.), i beni intermedi dell’industria metallurgica (+10,1 p.c.), estrattiva (+8,8 p.c.), della gomma e della plastica (+8,6 p.c.) e della chimica (+8,3 p.c.).
Il Made in Italy tradizionale (alimentari, arredamento, abbigliamento) vedrà ridimensionato invece il proprio ruolo propulsivo, con tassi inferiori al 6 p.c., ad eccezione di bacini di opportunità nell’alto di gamma dove le performance saranno invece molto superiori alla media.

La Bussola indica inoltre nuove direttrici dell’export da perseguire nel medio-lungo termine per intercettare la domanda delle classi medie in forte crescita: India e Cile per i prodotti alimentari, Singapore e Qatar per l’arredamento e Indonesia e Corea del Sud per l’abbigliamento; Messico, Malesia, Sudafrica per i mezzi di trasporto; Tailandia, Messico ed Emirati Arabi Uniti per la gomma e la plastica. Lo sviluppo infrastrutturale e industriale di Paesi come l’Angola e la Tunisia genererà ampie opportunità per la meccanica strumentale, le apparecchiature elettriche e il settore dei metalli, senza contare le prospettive offerte dai piani d’investimento di Paesi mediorientali come il Qatar. (aise)
Ardea Velikonja
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