Figli d'arte:
Tamara Podversic
«Il vino è
condivisione»
Damijan e Tamara Podversic in Collio |
La formazione in Borgogna prima di tornare nell’azienda vinicola guidata dal padre Damijan nel Collio. In cantina bisogna dare il massimo e non perdere mai la curiosità .
Abbiamo atteso con grande aspettative questo 2020 anche perché eravamo stati accreditati al più grande evento enologico in Francia. Eravamo pronti ad andare al Grand Jours de Bourgogne (GJB) che ogni 2 anni permette a un ristretto numero di operatori mondiali, in 5 giornate super impegnative, di conoscere e assaggiare praticamente tutta la produzione di questa denominazione. Eravamo ulteriormente felici perché in quelle terre avremmo avuto la possibilità di incontrare Tamara Podversic, figlia di Damijan mitico vignaiolo del Collio, che è appunto in Borgogna a lavorare. Tutti sogni infranti, purtroppo, da questo maledetto virus. Ma non demordiamo e allora abbiamo intervistato Tamara via mail. Ecco cosa ci ha raccontato.
Tamara, sappiamo che sei figlia d'arte, ma... raccontaci in un pochino di te.
Ho avuto la fortuna di nascere nella famiglia Podversic nel 1994. Cresciuta nella minoranza slovena sia in ambito educativo che culturale ho avuto la possibilità di imparare e creare in più ambenti. La curiosità è sempre stata il motore in tutte le cose che imparavo: pianoforte, canto corale, teatro, scoutismo e sport. Dopo aver frequentato ragioneria con lingua d’insegnamento slovena a Gorizia avevo deciso di intraprendere la strada dell’ingegneria gestionale cercando un approccio più aperto possibile nell’unione del settore secondario e terziario. La scelta universitaria non è stata molto condivisa da mio padre, però sono felice che mi abbia lasciato sempre la libertà nelle mie decisioni. Non rimpiango nemmeno un passo del mio cammino.
In Italia hai scelto di lavorare nell'azienda di famiglia. Com’è lavorare con Damijan?
Molto stimolante. Mi piace paragonare il lavoro e la famiglia come due pezzi di stoffa. Le cuciture a volte possono sembrare strette o pizzicare la pelle, però se fatte bene danno quel tocco in più e rendono il vestito unico. Per adesso conosco molto bene la stoffa famigliare e sto imparando ad avere dimestichezza con quella lavorativa. Elena e Damijan in tutto ciò sono dei bravi sarti. La mia mano, a differenza loro, ha ancora quel tremolio di voler dimostrare tanto e subito. Ma in fondo l’importante è non smettere mai di cucire, tutto il resto vien col tempo.
Hai deciso di fare un'esperienza lavorativa all'estero, come mai la Borgogna?
La Francia mi ha sempre affascinato per il rispetto che gli porta il mondo del vino. Pertanto la Borgogna per la sua lunga tradizione, nonché la valorizzazione del territorio, mi ha portato a questa scelta.
Cosa ne pensi dei Vin Méthod Nature da poco classificati in Francia e cosa ne pensano le persone con cui lavori?
In un mondo pieno di certificazioni il consumatore tende a perdersi e a fare confusione tra le varie categorie. Per non parlare di quanto possono essere fuorvianti e utilizzate per la maggior parte come strumento di marketing. Il fatto che Inao (Institute national de l'origine et de la qualité, ndr) abbia da febbraio accettato Vin Méthod Nature come certificazione ancora più restrittiva dalla già esistente biologica, conferma il trend di un’agricoltura e di una vinificazione meno interventistiche possibile. Il tutto però è partito dal sindacato dei vini naturali francesi con a capo i vignaioli della valle della Loira e Rodano. In Borgogna non ho avuto modo di sentirne parlare molto e non ho riscontrato una particolare curiosità a riguardo. A mio parere la certificazione può essere una garanzia ma non una conferma. Auguro di non fermarsi davanti a un timbro sull’etichetta, ma di essere curiosi nonostante quello.
Sappiamo bene che tuo papà è considerato un maestro nella produzione di vini bianchi macerati. Anche in Borgogna producono vini bianchi macerati?
Non è esattamente la regione che vanta il numero più alto di vini bianchi macerati. Ce ne sono pochi, ma ci sono. Peccato che non ho avuto modo di assaggiarne con il lockdown totale per via del coronavirus.
Mi ha scombussolato tutti i piani! Prima del confinamento non perdevo occasione per conoscere produttori, assaggiare vini e per capire meglio le varie zone. La vivo un po’ con malinconia sapendo di aver perso molte opportunità come GJB e tanti altri eventi, nonché visite in aziende e serate. Per fortuna lavorando nei vigneti posso uscire di casa ed essere in contatto con il team rispettando pur sempre tutte le misure di sicurezza. Con i social media poi è facile rimanere in contatto con i vari gruppi con cui ho legato tra videoapertivi e dirette istruttive molto interessanti.
Consiglieresti un'esperienza come la tua ai giovani enologi?
Assolutamente sì. Per me il vino è condivisione e non mi riferisco solo alla bottiglia ma anche al tempo che si trascorre stappandola. Auguro a tutti di non perdere mai la curiosità e di non aver paura del confronto. Abbiamo la fortuna di lavorare la materia con il principio dell’unione e trasformazione. Un’esperienza del genere è come una annata: cresci, maturi e fermenti per poi andare in affinamento e hai una sola chance. Bisogna cercare il massimo.
Una domanda che sono anni che ci gira per la testa. Perché i vini bianchi francesi maturi (dai 10 anni in su), ovviamente Grand Cru, sono ricercatissimi e hanno dei prezzi stratosferici e da noi ricercano i vini d'annata e considerano "vecchi" i vini bianchi di 2/3 anni?
Questo è anche uno dei motivi che mi ha trainato in Francia. Il motivo principale a parere mio è la storia e le scelte prese nel corso degli anni. La classificazione del territorio ha giocato un ruolo importante. Aggiungendo anche la visione di produrre il vino con un potenziale di affinamento in bottiglia dai 10 anni in su e rilasciarlo sul mercato in lotti piccoli se non addirittura con fama d’eccezionalità. L’Italia ha un grosso potenziale ma perde tempo cercando di confrontarsi con il resto del mondo e sventolare orgogliosamente la bandiera per essere la prima in produzione per hl al mondo. Ogni giorno faccio tesoro dell’insegnamento di mio padre: la terra che coltiviamo ce l’abbiamo in affitto dai nostri figli. Solo così potremo dare valore al domani.
Per informazioni: www.damijanpodversic.com
Tamara, sappiamo che sei figlia d'arte, ma... raccontaci in un pochino di te.
Ho avuto la fortuna di nascere nella famiglia Podversic nel 1994. Cresciuta nella minoranza slovena sia in ambito educativo che culturale ho avuto la possibilità di imparare e creare in più ambenti. La curiosità è sempre stata il motore in tutte le cose che imparavo: pianoforte, canto corale, teatro, scoutismo e sport. Dopo aver frequentato ragioneria con lingua d’insegnamento slovena a Gorizia avevo deciso di intraprendere la strada dell’ingegneria gestionale cercando un approccio più aperto possibile nell’unione del settore secondario e terziario. La scelta universitaria non è stata molto condivisa da mio padre, però sono felice che mi abbia lasciato sempre la libertà nelle mie decisioni. Non rimpiango nemmeno un passo del mio cammino.
In Italia hai scelto di lavorare nell'azienda di famiglia. Com’è lavorare con Damijan?
Molto stimolante. Mi piace paragonare il lavoro e la famiglia come due pezzi di stoffa. Le cuciture a volte possono sembrare strette o pizzicare la pelle, però se fatte bene danno quel tocco in più e rendono il vestito unico. Per adesso conosco molto bene la stoffa famigliare e sto imparando ad avere dimestichezza con quella lavorativa. Elena e Damijan in tutto ciò sono dei bravi sarti. La mia mano, a differenza loro, ha ancora quel tremolio di voler dimostrare tanto e subito. Ma in fondo l’importante è non smettere mai di cucire, tutto il resto vien col tempo.
Tamara al lavoro in vigna
Hai deciso di fare un'esperienza lavorativa all'estero, come mai la Borgogna?
La Francia mi ha sempre affascinato per il rispetto che gli porta il mondo del vino. Pertanto la Borgogna per la sua lunga tradizione, nonché la valorizzazione del territorio, mi ha portato a questa scelta.
Cosa ne pensi dei Vin Méthod Nature da poco classificati in Francia e cosa ne pensano le persone con cui lavori?
In un mondo pieno di certificazioni il consumatore tende a perdersi e a fare confusione tra le varie categorie. Per non parlare di quanto possono essere fuorvianti e utilizzate per la maggior parte come strumento di marketing. Il fatto che Inao (Institute national de l'origine et de la qualité, ndr) abbia da febbraio accettato Vin Méthod Nature come certificazione ancora più restrittiva dalla già esistente biologica, conferma il trend di un’agricoltura e di una vinificazione meno interventistiche possibile. Il tutto però è partito dal sindacato dei vini naturali francesi con a capo i vignaioli della valle della Loira e Rodano. In Borgogna non ho avuto modo di sentirne parlare molto e non ho riscontrato una particolare curiosità a riguardo. A mio parere la certificazione può essere una garanzia ma non una conferma. Auguro di non fermarsi davanti a un timbro sull’etichetta, ma di essere curiosi nonostante quello.
Sappiamo bene che tuo papà è considerato un maestro nella produzione di vini bianchi macerati. Anche in Borgogna producono vini bianchi macerati?
Non è esattamente la regione che vanta il numero più alto di vini bianchi macerati. Ce ne sono pochi, ma ci sono. Peccato che non ho avuto modo di assaggiarne con il lockdown totale per via del coronavirus.
Alcune etichette di Damijan Podversic
Come stai vivendo l'emergenza coronavirus e come la stanno vivendo i francesi che conosci?
Come stai vivendo l'emergenza coronavirus e come la stanno vivendo i francesi che conosci?
Mi ha scombussolato tutti i piani! Prima del confinamento non perdevo occasione per conoscere produttori, assaggiare vini e per capire meglio le varie zone. La vivo un po’ con malinconia sapendo di aver perso molte opportunità come GJB e tanti altri eventi, nonché visite in aziende e serate. Per fortuna lavorando nei vigneti posso uscire di casa ed essere in contatto con il team rispettando pur sempre tutte le misure di sicurezza. Con i social media poi è facile rimanere in contatto con i vari gruppi con cui ho legato tra videoapertivi e dirette istruttive molto interessanti.
Consiglieresti un'esperienza come la tua ai giovani enologi?
Assolutamente sì. Per me il vino è condivisione e non mi riferisco solo alla bottiglia ma anche al tempo che si trascorre stappandola. Auguro a tutti di non perdere mai la curiosità e di non aver paura del confronto. Abbiamo la fortuna di lavorare la materia con il principio dell’unione e trasformazione. Un’esperienza del genere è come una annata: cresci, maturi e fermenti per poi andare in affinamento e hai una sola chance. Bisogna cercare il massimo.
Una domanda che sono anni che ci gira per la testa. Perché i vini bianchi francesi maturi (dai 10 anni in su), ovviamente Grand Cru, sono ricercatissimi e hanno dei prezzi stratosferici e da noi ricercano i vini d'annata e considerano "vecchi" i vini bianchi di 2/3 anni?
Questo è anche uno dei motivi che mi ha trainato in Francia. Il motivo principale a parere mio è la storia e le scelte prese nel corso degli anni. La classificazione del territorio ha giocato un ruolo importante. Aggiungendo anche la visione di produrre il vino con un potenziale di affinamento in bottiglia dai 10 anni in su e rilasciarlo sul mercato in lotti piccoli se non addirittura con fama d’eccezionalità. L’Italia ha un grosso potenziale ma perde tempo cercando di confrontarsi con il resto del mondo e sventolare orgogliosamente la bandiera per essere la prima in produzione per hl al mondo. Ogni giorno faccio tesoro dell’insegnamento di mio padre: la terra che coltiviamo ce l’abbiamo in affitto dai nostri figli. Solo così potremo dare valore al domani.
di Liliana Savioli
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