venerdì 4 marzo 2016

IL PICCIONE E I TALEBANI DELLA TAVOLA

Il piccione 

e i talebani 

della tavola


Se l’Isis vuole imporre anche col sangue la legge
 ebrei o islamici che non mangiano maiale, ma questo è un precetto religioso che per fortuna non influenza le nostre scelte alimentari. Qualcuno vorrebbe invece farci cambiare il modo in cui mangiamo con prepotenza.
coranica a chi non è musulmano sunnita, c’è chi il sangue (animale) non lo vorrebbe proprio vedere neanche in cucina. Vegetariani, vegani e animalisti (per citare solo le tendenze più comuni), pur con tutti i distinguo simili a quelli delle fedi, sono da tempo in campo con le loro crociate per un’alimentazione che non prevede carne. Se fino a qualche tempo fa si trattava di un proselitismo assolutamente pacifico e basato sulla ragionevolezza, ora sembra però essersi rotto un equilibrio. Tutti rispettiamo

La denuncia di Aidaa (associazione di animalisti) contro Carlo Cracco perché a MasterChef ha cucinato un piccione è un segno pericoloso di un atteggiamento che non è tollerabile. Al di là del gossip, deve fare riflettere che su una scelta di assoluta libertà come l’alimentazione ci possano essere posizioni così oltranziste e assolutamente senza senso. Un conto è promuove azioni per ridurre il consumo di carni animali (soprattutto bovine) per ragioni di salute e di risparmio di risorse. Un altro strumentalizzare un episodio sulla base della faziosità e della falsità. 

Denunciare un cuoco perché cucina un piccione definendolo animale selvatico e perciò protetto da alcune norme, peraltro generiche, è un modo di imbrogliare la gente. I piccioni utilizzati in cucina sono allevati per questo scopo (e la norma li assimila a polli e quaglie) e ogni denuncia è fuori luogo. È come se qualcuno denunciasse chi cucina un coniglio perché oggi è definito un animale di compagnia e perciò tutelato. Siamo fuori da ogni logica giuridica e di obiettività.

Cracco non ha certo bisogno della nostra difesa, ma va tutelata la sua libertà professionale prima di tutto. E con la libertà di un cuoco di cucinare va tutelata la libertà dei consumatori di mangiare quel che si vuole. Purché ovviamente non sia vietato dalla legge, come può essere il caso dei datteri di mare illegali dal 1998. Che poi a chi scrive piaccia mangiare i piccioni è irrilevante. E avendolo fatto anche pochi giorni fa, invito l’Aidaa, se vuole, a denunciarmi. Ciò che conta è mettere dei paletti (anzi una vera barriera) ad un oltranzismo da talebani che si alimenta come avviene nelle sette religiose. Recentemente in una stube altoatesina ho assistito allo scontro fra una signora un po’ invasata che aggrediva uno sconosciuto che in un altro tavolo si era permesso di ordinare un piatto di capriolo.

Purtroppo alla base di questi atteggiamenti c’è l’eccesso di spettacolarizzazione che è stato dato al cibo e all’alimentazione. Pensiamo solo all’imbarazzante confronto a “Porta a Porta” sulle diete e allo scontro fra chi sostiene quella Mediterranea o quella basata sui gruppi sanguigni. Di questo passo per entrare in un ristorante si dovranno magari esibire passaporto, tesserino sanitario e certificato di battesimo.

Torniamo a stare con serenità a tavola e abbassiamo i toni. E poi, giusto per non sembrare di parte, quando posso ad una bistecca io preferisco semi, farro e quinoa. Ma voglio potere essere libero di scegliere anche fra un cavolo cappuccio ed un branzino. 
ALBERTO LUPINI
direttore di
ITALIAATAVOLA

Nessun commento:

Posta un commento