Recensioni false online, la regolamentazione italiana si ferma
in Europa
Le recensioni online influenzano oltre il 30% del fatturato di molte attività del turismo, ma il sistema è minacciato da pratiche scorrette come commenti falsi e pacchetti acquistabili . Italia a Tavola e le associazioni del comparto tra cui Fipe chiedono di regolare il settore, ma l’Europa ha frenato l’iter legislativo italiano, sollevando dubbi sulla compatibilità con il Digital services act
Le recensioni digitali pesano ormai per oltre il 30% sul fatturato di molte attività. Ma il sistema è sempre più compromesso da pratiche scorrette: commenti falsi, compravendita di pacchetti di recensioni, manipolazioni algoritmiche. Per rispondere a questo fenomeno, il governo italiano ha introdotto, all’interno di un disegno di legge approvato lo scorso gennaio, una proposta di regolamentazione delle recensioni online che vede da sempre Italia a Tavola in prima fila. Il provvedimento, fortemente sostenuto da Fipe-Confcommercio (la Federazione italiana dei pubblici esercizi) e altre associazioni del turismo, punta a introdurre più trasparenza e responsabilità sulle piattaforme digitali. Tuttavia, lo stop imposto dall’Europa ha bloccato un iter che sembrava aver imboccato una strada promettente per gli esercenti.
Recensioni online nel turismo, il ddl italiano sotto la lente dell’Europa
Nel settore del turismo italiano, dominato da una miriade di imprese a conduzione familiare, la reputazione online è diventata uno dei principali fattori di competitività. Dalla ristorazione all’ospitalità, le opinioni lasciate sui portali digitali da clienti reali - o presunti tali - possono influenzare pesantemente la scelta dei consumatori. Secondo alcune stime, oggi oltre il 30% del fatturato di ristoranti e hotel dipende direttamente dalle recensioni pubblicate su piattaforme come Google, Booking o Tripadvisor. Ma è proprio in questo contesto che crescono le segnalazioni di pratiche scorrette, a partire dalla diffusione di recensioni false fino alla compravendita organizzata di pacchetti di commenti. Un fenomeno ormai fuori controllo, che ha spinto il governo italiano a intervenire con una proposta di legge contenuta in un disegno approvato a gennaio 2025, oggi ancora in fase di valutazione.
L'Europa si trova oggi a gestire un problema legato alla sovrapposizione normativa con il Digital Services Act (Dsa). Le piattaforme digitali sono transfrontaliere, operano su più mercati, e ciò comporta che eventuali restrizioni all’operatività in un singolo Paese - come l’Italia - possano generare modalità d’intervento diverse da Stato a Stato. Una posizione che il dg di Fipe Roberto Calugi contesta: «Una regolamentazione nazionale possa e debba partire da una base comune europea, per poi eventualmente essere resa più restrittiva a livello locale».
Recensioni online, la legge italiana e il freno europeo
Il disegno di legge prevedeva che le piattaforme digitali siano responsabili della verifica dell’autenticità dei commenti pubblicati, assicurandosi che chi recensisce un ristorante o una struttura ricettiva vi sia effettivamente stato. Il periodo massimo per lasciare un’opinione non potrà superare i 15 giorni dalla visita. Altro punto chiave del testo è il diritto di replica garantito all’esercente, oltre alla previsione di sanzioni penali per chi acquista o vende recensioni fittizie. Il compito di redigere un regolamento tecnico attuativo sarà affidato all’Agcom. Il provvedimento si propone dunque di riportare trasparenza e affidabilità nel mercato digitale delle opinioni, un settore in cui, secondo Calugi, «il gioco è sempre più truccato» e rischia di degenerare ulteriormente con l’intelligenza artificiale generativa, capace di moltiplicare contenuti ingannevoli con grande velocità.
Tuttavia, prima di entrare in vigore, il disegno di legge deve passare al vaglio della Commissione europea attraverso la procedura Tris (Technical Regulation Information System), che serve a garantire che le normative nazionali non violino le regole comunitarie sulla libera concorrenza e sul mercato interno. A febbraio, Bruxelles ha chiesto chiarimenti all’Italia, che però non sono stati ritenuti sufficienti. Una seconda richiesta formale è arrivata a fine aprile e ha di fatto sospeso l’iter legislativo, rinviando ogni decisione.
Recensioni online, le piattaforme non si smuovono
Le grandi piattaforme digitali, da parte loro, hanno manifestato preoccupazione per il rischio di una frammentazione normativa a livello europeo, che complicherebbe la gestione dei servizi transfrontalieri. Secondo loro, una restrizione nazionale come quella italiana potrebbe creare una disparità di trattamento tra mercati diversi, compromettendo l’efficienza del sistema. In questo quadro si inserisce anche l’incontro del 10 aprile 2025 tra il ministro del Turismo Daniela Santanchè e i rappresentanti delle principali piattaforme digitali. Al tavolo di confronto hanno partecipato nomi come Airbnb, Booking.com, Meta, Google, TripAdvisor, Trustpilot, Skyscanner, Expedia Group, eDreams, Trip.com e il Consorzio Netcomm. L’incontro ha avuto l’obiettivo di approfondire i contenuti del disegno di legge e confrontarsi sulle criticità emerse.
Le piattaforme, pur esprimendo alcune riserve sul testo, hanno concordato sulla necessità di una regolamentazione condivisa e hanno condiviso esperienze e osservazioni utili al perfezionamento della normativa. Ringraziando il ministro per il coinvolgimento in un tema considerato centrale, i rappresentanti delle aziende digitali hanno manifestato la piena disponibilità a collaborare attivamente nella definizione di una disciplina condivisa ed efficace. Tuttavia, al netto dei buoni propositi e delle buone intenzioni, a conti fatti non è stato assunto alcun impegno concreto né è stato fatto alcun passo tangibile. Anche perché non hanno alcun interesse a modificare lo status quo.
Recensioni: concorrenza leale e qualità, la posta in gioco
Le associazioni del settore turistico, tra cui Fipe, Federalberghi, Fiavet e Fto, continuano a chiedere che si faccia chiarezza e si garantisca una reale concorrenza leale. Calugi precisa: «Non siamo contrari alle recensioni, positive o negative che siano, ma vogliamo che siano autentiche. Nessuno chiede di impedire l’uso di nickname, ma è essenziale che dietro un commento ci sia davvero una persona che ha usufruito del servizio». Quindi conclude: «Noi contiamo sull’azione del governo italiano per difendere quelle che riteniamo legittime richieste da parte delle imprese. Nessuno ce l’ha con le recensioni in sé. Siamo assolutamente favorevoli sia a quelle positive che a quelle negative. Quello che vogliamo evitare è di diventare schiavi di algoritmi e sistemi automatizzati che, diffusi in tutto il mondo, possono decidere le sorti di un’attività: possono farla esplodere o portarla al fallimento. Dai nostri dati stimiamo che almeno il 30% del fatturato di un’azienda derivi oggi dalla reputazione online e dal sistema delle recensioni. Ed è un dato destinato a crescere».
Tuttavia, l’efficacia della legge dipenderà dalla sua applicazione concreta: servono controlli serrati, personale dedicato, l’uso dell’intelligenza artificiale per rilevare abusi e l’obbligo per le piattaforme di adottare strumenti di moderazione avanzata. Il testo denuncia il comportamento passivo o complice delle piattaforme, evidenzia i danni economici e reputazionali subiti dagli operatori onesti e sottolinea l’urgenza di un cambiamento culturale nel modo in cui si producono e si leggono le recensioni. Solo così le opinioni online potranno tornare a essere uno strumento utile e affidabile per i consumatori, e non un’arma pericolosa nelle mani sbagliate. Senza contare che rimarrà da vedere come si declinerà tutto questo: se cioè effettivamente le aziende accetteranno la stretta ventilata dal governo e chiesta - oltre che da Italia a Tavola - dagli esercenti oppure se le richieste delle piattaforme digitali diluiranno il testo tanto da renderlo di fatto inefficace.
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