Hiša Franko
Il profumo dell'aria è lo stesso, così come la strada; solo le indicazioni stradali qui assumono un aspetto differente e le tracce di umanità si fanno più labili. Il cuore verde sloveno, stretto tra le acque di Isonzo e Natisone, è pura natura, senza filtri, penetrante, come la purezza che si trova nei piatti di Ana Roš, cuoca autodidatta arrivata ai fornelli passando dalla carriera diplomatica. Galeotti furono a questo proposito l’amore e la gostilna ereditata dalla famiglia del marito. L’approccio alla cucina di questa donna è distante dai dettami convenzionali e trasmette vigore e rigore. Vanno scordati i fiori, le schiume, le sferificazioni: nulla illude e tutto vibra d'energia.
Concedersi almeno un giorno di adattamento all'ambiente è il miglior approccio a HIŠA FRANKO, con le due sale sempre piene da quando lo scorso anno Ana è stata premiata come miglior chef donna al mondo nella classifica dei 50 Best. Lei e Valter, compagno di vita e sommelier, non hanno comunque perso il contatto con la realtà. Presenti e affaccendati tra cantina e cucina sorridono cordiali e si occupano dell'accoglienza. Proprio come i loro giovani e capaci collaboratori dal sorriso radioso, disponibili reclute provenienti da vari paesi del mondo che con abilità linguistica sanno incontrare i desideri degli ospiti, anche loro dalle molteplici origini.
Solo durante il week-end si può pranzare, mentre in settimana si fanno due turni, alle 17 e alle 20. Al centro della struttura una concierge divide la due sale: una dalle pareti rosse, più intima e invernale, l'altra è un cubo di vetro che si apre sui tre lati con vista panoramica a 180°, dove si mangia e s'immagina.
Il percorso degustativo offre tre varianti: 6, 8 oppure 11 portate. Il menu ha un prologo che è la storia salata del dragoncello e un epilogo strettamente collegato, la sua storia dolce. Contenuto all'interno, un racconto abbinabile a vini naturali della zona oppure a una bottiglia scelta dalla carta.
Gli antipasti scendono dai pendii dell’Alpe Adria per tuffarsi nel Golfo di Trieste. Acacia fritta in pastella di grano saraceno, kefir e polline: un sentore di affumicato che si mescola alla dolcezza dei fiori e alla delicata fermentazione del kefir, piatto audace ma definito.
Gli antipasti scendono dai pendii dell’Alpe Adria per tuffarsi nel Golfo di Trieste. Acacia fritta in pastella di grano saraceno, kefir e polline: un sentore di affumicato che si mescola alla dolcezza dei fiori e alla delicata fermentazione del kefir, piatto audace ma definito.
Scampo e ciliegie in tartare e testa di scampo ripiena di caprino e polvere di camomilla è un boccone dai contrasti dolci e aspri, morbido e croccante. Il ripieno della testa fa arrivare al palato una miscela di mare e latte, leggermente amarognola, prolungando le sensazioni del crudo. Ancora Sardina marinata, carota, acqua di pomodoro, marmellata di scalogno e poi taco di mais, piselli, cozze e crema di aglio giovane.
I ravioli di cavolfiore con riduzione di scampi e fegato di vitello: grassezza, dolcezza e la persistenza sulfurea dell’ortaggio si fondono, accendendo il palato con eleganti accordi tra mare e terra.
I secondi sono quattro: il primo sorprende per la forza che la lingua di manzo esprime nell’umami, la trota di fiume su siero di latte con semi di papavero e fava tonka regala la grazia e la poesia di sapori ancestrale di cui si invocherebbe volentieri la replica, la trippa cotta nel fondo di selvaggina, Tolminc di fossa, funghi locali e ortiche fritte ha le sembianze di un piatto "sporco" ma nasconde precisione, vi si riconoscono nitidi tutti gli elementi e la frattaglia è una favola.
Orso cotto in vino e miele con salsa di anguilla e trota affumicata, uova di trota. La carne è di bontà e morbidezza assolute. Riuscita inoltre l'idea di proporla insieme agli elementi di cui si ciba l’animale.
Orso cotto in vino e miele con salsa di anguilla e trota affumicata, uova di trota. La carne è di bontà e morbidezza assolute. Riuscita inoltre l'idea di proporla insieme agli elementi di cui si ciba l’animale.
Lick your fingers/capretto e granchio rappresenta una ferma obiezione verso chi nutre perplessità di fronte a carne e pesce nello stesso piatto, con due elementi che trovano esaltazione e sublimazione reciproca nell’accostamento.
Il primo dessert traghetta verso il dolce, ed è il grande formaggio di Tolminc con birra, noce e cioccolato bianco. Poi Rabarbaro, fragole e gelato di sambuco su marshmallow e fallopia japonica, una combinazione di sapori schietti, come pantoni di dolcezza su una scala alternata di cromatismi.
L’abbinamento con i vini è azzeccato, la giovane sommelier preparata. Partendo con la grazia dei bianchi vi farà arrivare a rossi di carattere e profondità.
Se sapete usare tutti i sensi, se volete sconfinare e non avete preconcetti, se la cucina per voi è esperienza, this must be the place!
I menu degustazione sono proposti a 125, 135 e 150 euro e cambiano mensilmente, così come gli ingredienti proposti
Nessun commento:
Posta un commento