Cocktail in lattina contro il bartender:
i ready-to-drink
stanno cambiando l’aperitivo italiano?
Mentre vino e birra rallentano, i cocktail pronti da bere (ready to drink) corrono e attirano giovani e locali di intrattenimento. In Italia il mercato vale 304 milioni, tra spritz in lattina e Negroni “light”. Per bar, ristoranti e persino pasticcerie si aprono nuove opportunità di business, ma resta il dubbio: rappresentano un’innovazione sostenibile o una minaccia alla tradizione del bere artigianale?
Mentre l’alcol - vino, birra e superalcolici - si trova a confrontarsi con una crisi dei consumi e una frenata dei mercati, il settore dei ready-to-drink rappresenta probabilmente uno dei segmenti più dinamici dell'industria delle bevande alcoliche, con una crescita che supera le aspettative del mercato tradizionale e una penetrazione sempre più significativa nel canale fuori casa. I cocktail pronti al consumo stanno ridefinendo le modalità di servizio in bar, ristoranti e locali di intrattenimento, costruendo nuove opportunità di business anche in contesti in cui la miscelazione non è una vera priorità.
il settore dei ready-to-drink rappresenta probabilmente uno dei segmenti più dinamici dell'industria delle bevande alcoliche
Secondo Fortune Business Insights, il mercato globale dei ready-to-drink ha raggiunto i 766 miliardi di dollari nel 2024 e in ogni caso tutte le previsioni convergono su tassi di crescita significativi, oltre il 6% annuo per il periodo 2025-2032. Il segmento più dinamico risulta essere quello dei cocktail a base spirits, che solo negli Stati Uniti avrebbe superato i 900 milioni di dollari nel 2024, con una crescita attesa del 15,3% fino al 2030. È però l’area Asia-Pacifico a trainare la domanda, con una quota del 33,26% nel 2024, con l’India particolarmente promettente, mentre il Sud America dovrebbe registrare la crescita più rapida nei prossimi 5 anni.
La sfida del fuori casa
L'inserimento dei ready-to-drink nel fuori casa rappresenta una delle evoluzioni più interessanti del settore. Nonostante un player importante come Nuccio Caffo, ceo del gruppo liquoristico di famiglia, segnali che «i RTD funzionano più nella grande distribuzione, quindi per il consumo in casa, mentre nel fuori casa ancora non c’è molta domanda in quanto i barman preferiscono preparare i cocktail al momento», secondo le stime CGA by NIQ la categoria vale oltre 13 miliardi di dollari l’anno nell’on-premise, crescendo del 5% in un mercato generalmente in declino, rappresentando il 12% del mercato alcolico totale.
Nel canale fuori casa l’evoluzione procede comunque lentamente, dato che i RTD rappresenterebbero solo l'1,2% della spesa, ma stanno registrando una crescita (a spese di spirits e vino). I bar premium, come il casual e fine dining, hanno visto aumenti più modesti, mentre sono club e locali notturni a trainare la domanda, dato che facilità di gestione, coerenza di gusto e velocità di servizio sono particolarmente apprezzate. Gli osservatori segnalano inoltre un interesse per i locali "eater-tainment" (come minigolf, bowling, beach club) che combinano ristorazione con intrattenimento, senza avere un vero focus sull’unicità della proposta food e beverage.
Italia più lenta, ma cresce
Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio UIV su base Iwsr, il mercato RTD in Italia è ancora molto piccolo, specialmente se paragonato a quello degli Stati Uniti, dove il valore complessivo delle vendite supera i 20 miliardi di dollari. «Nel nostro Paese il volume totale dei consumi nel 2024 si aggira sui 4 milioni di casse da 9 litri, per un valore di 304 milioni di euro - spiega il responsabile dell’Osservatorio Carlo Flamini - La categoria non è ancora ritornata ai livelli pre-Covid, segnando una riduzione dei consumi tra 2019 e 2024 del 4%, mentre da qui al 2029 è prevista una piccola ripresa, attorno a +2% sia lato volume che valore, dovuta sostanzialmente alla performance dei cocktail & long drink (il 70% circa dei consumi), che vanno a controbilanciare la dinamica riduttiva dei no-alcohol, attorno a -6%». Sono previsti in forte crescita gli Hard Seltzer, ma la loro quota è ancora piccola, attorno all’1%.
«Da notare - aggiunge - come invece in USA gli Hard Seltzer, che negli ultimi anni sono stati protagonisti di una cavalcata straordinaria che li aveva portati in testa alla classifica per tipologie nel 2024 (6.7 miliardi di dollari contro 6 ciascuno per cocktails e bevande aromatizzate), sono previsti in forte decrescita al 2029 (-22%), contro ripresa dei cocktails (+50%) ma soprattutto scalzati dall’avanzata degli Hard Teas, che nel giro di 4 anni sono previsti al raddoppio delle vendite, oltre 4 miliardi di dollari». Tornando all’Italia, i consumi sono ripartiti per due terzi sul canale Horeca e un terzo sul retail. L’Horeca fatica ancora però a ritornare sopra i livelli pre-pandemia, con una riduzione dei consumi tra 2019 e 2024 di -8%, dovuta sostanzialmente agli alcohol-free (-17%). In aumento invece gli acquisti sul canale retail (+6%), dove la categoria che sta sovraperformando è proprio quella dei no-alcohol (+13% contro il +6% dei cocktails).
Al Malat (Dry Milano): «Cocktail performanti»
Qual è oggi la dinamica di utilizzo dei RTD in Italia? «Il segmento dei Ready-to-Drink è in forte e costante crescita - rimarca Edris Al Malat, bar manager al Dry Milano - tanto da essere identificato come una priorità strategica dai principali player del settore beverage. Questa importanza è dovuta sia al potenziale di posizionamento in occasione di grandi eventi che al crescente consumo casalingo. Nel fuori casa la visibilità e i consumi (in particolare dei cocktail pronti) sono in aumento. I giovani adulti e la Gen-Z sono i principali motori di questa tendenza, guidando la curiosità verso nuovi format di bevande che rappresentano un'alternativa alle classiche proposte». Tra bar e ristoranti c’è domanda soprattutto per soluzioni pratiche e di tendenza, come spritz pronti, low-ABV, seltzer alcolici - spiega Al Malat. «I locali stanno testando RTD sia come offerta in vetro/lattina sia come modo per velocizzare il servizio - spoilera - ma dipende sempre dal posizionamento e dal target dei propri ospiti».
«In termini di volumi - aggiunge il bar manager - i cocktail RTD sono i più performanti, ma si registra anche un forte incremento dei mocktail (analcolici pronti). Entrambi i formati sono efficaci, ma la scelta vincente è legata a molteplici fattori: il posizionamento del brand e il contesto d'uso. I grandi marchi stanno investendo per capitalizzare questa tendenza: Aperol sta creando il proprio fusto di spritz RTD per entrare nel mercato degli eventi (come i concerti) e la stessa Redbull sta sviluppando nuove ricette per dare forti alternative ai giovani rispetto al consumo del caffè. Strizzando l’occhio alle bibite senza zucchero, ormai nuovo core business di tutte le grandi multinazionali».
Il Negroni “light” di Castagner
Gli stimoli non mancano e anche i produttori italiani si dimostrano reattivi. Se Caffo ha lanciato il Capo Tonic e lo spritz Capo Arrabbiato in lattina, entrambi naturalmente basati sul Vecchio Amaro del Capo, in Veneto la distilleria Castagner gioca la carta della gradazione ridotta con un Negroni premiscelato a 9 gradi alcol, la cui particolarità è di essere fatto con la grappa Casta. «È un prodotto studiato e miscelato integralmente in casa - rivela Giulia Castagner - quindi con bitter Castagner, vermouth Castagner e con grappa Casta in uguali proporzioni. Rispetto ai 27 gradi del Negroni, c’è però l'effetto diluizione che non avviene con acqua, ma attraverso un'altra infusione (ovviamente a base acqua) delle botaniche che noi utilizziamo. È un prodotto straordinario perché è pieno di sapore, molto morbido al palato, e permette di bere meno alcolico senza sacrificare il gusto».
Il Negroni Castagner è distribuito in bottiglie da 70 cl per la GDO e da 1 litro per l'Horeca. «Il vero motivo per cui noi abbiamo creato questo prodotto - chiosa l’imprenditrice - è dare la possibilità a tutti gli operatori che in questo momento si stanno affacciando al momento dell'aperitivo, magari non avendo competenze specifiche o personale dedicato. Parlo di tutto il mondo dei bistrò o delle pasticcerie che magari allungano un po' l'orario dell'apertura per offrire anche un momento aperitivo, ma anche i bar diurni che decidono di cavalcare l'onda dell'aperitivo offrendo una proposta di cocktail». Dunque Negroni low alcol, con una logica pre-batch, come alternativa allo spritz. «Il mercato sta rispondendo lentamente, anche perché noi siamo specializzati nella grappa - conclude Castagner - ma è assolutamente un prodotto nel quale crediamo per avvicinarci a un segmento che non ci appartiene, che è quello dell'aperitivo, e anche a una tendenza che è quella del bere a minor gradazione alcolica senza però, perché secondo noi è fondamentale, sostituire l'alcol con lo zucchero».
Irripetibile American: il cocktail che non si ripete mai
È di fatto un RTD anche Irripetibile American, il nuovo aperitivo frutto di un brevetto dell’imprenditore Gianni Tagliapietra. Da Breganze (Vicenza) rivolge al settore beverage una provocazione, per cui questo drink non si ripete ma ogni bottiglia è unica, in quanto si compone di tre basi assemblate in diverse percentuali secondo un algoritmo e un processo brevettati da un team di professionisti.
Le tre basi che compongono il drink sono bitter, speziata e dolce, con proporzioni espresse su ciascuna etichetta (la prima cifra indica la base bitter, la seconda la spicy, la terza la sweet) così da orientare l’acquisto in base alle preferenze personali o la specifica occasione. La formula di servizio è liscio on the rocks o in versione highball, miscelato con una soda, e Tagliapietra l’ha pensato volutamente solo per l’Horeca.
Il futuro dei ready-to-drink: tra convivialità italiana e nuove abitudini dei giovani
Il futuro dei ready-to-drink in Italia resta un terreno da esplorare. Non sostituiranno mai la gestualità del bartender e l’unicità di un cocktail fatto al momento, ma possono diventare un alleato strategico per bar, ristoranti e persino pasticcerie che vogliono cavalcare l’onda dell’aperitivo senza avere strutture o personale specializzato. La vera sfida sarà trovare un equilibrio: salvaguardare l’identità del bere all’italiana, fatta di convivialità e ritualità, senza ignorare le nuove abitudini di consumo che i giovani stanno già scrivendo con lattine e bottiglie “pronte da bere”.
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