Estate 2025 da record? Sì, ma senza visione: rincari e dipendenza estera cacciano
gli italiani
Allarme spiagge “semi vuote”? In realtà i dati del turismo 2025 sono record: +8,6 miliardi di spesa straniera e oltre 65 milioni di arrivi. Il problema non è la domanda, ma un’offerta drogata da rincari che hanno escluso gli italiani, spinto i prezzi a livelli insostenibili e reso il settore dipendente dagli stranieri. Senza innovazione e visione, rischiamo un turismo elitario e poco sostenibile
Founder & Ceo Giubilesi & Associati, Chairman FCSI Italian Unit
Allarme per le spiagge italiane “semi vuote”! Permettetemi di ridere amaramente mentre sorseggio il mio spritz overpriced in uno di quei beach club dove per un lettino paghi quanto un weekend a Vienna, aereo incluso. Ma andiamo con ordine, perché dietro questo piagnisteo collettivo si nascondono verità scomode che il nostro settore preferisce accuratamente ignorare o per restare in tema, nascondere sotto le sabbie bollenti.
I numeri reali del turismo 2025
Prima di tutto, facciamo chiarezza sui “drammatici” dati del 2025, perché evidentemente qualcosa non torna. Secondo il ministero del Turismo, nel primo trimestre del 2025 il turismo italiano ha registrato oltre 8,6 miliardi di euro di spesa turistica estera, con un aumento del 6,44% sul 2024 e addirittura del 29,13% sul 2019. L'Italia si è confermata come la seconda destinazione europea per crescita delle presenze turistiche rispetto al 2019, con un +8,3%, dietro solo alla Spagna.
Ma forse questi numeri li abbiamo letti male, vero? Le previsioni per l'estate 2025, elaborate da Demoskopika, parlano di 65,8 milioni di arrivi e 267,4 milioni di presenze, con un incremento rispettivamente del 3,4% e del 2,1% rispetto al 2024. La spesa turistica toccherà quota 39 miliardi di euro con una crescita dello 0,9%. Quindi, dove sono esattamente queste “spiagge semi vuote” di cui tanto si parla? Forse nel nostro immaginario, alimentato da una sindrome da vittimismo cronico che ormai ha sostituito l'analisi obiettiva dei dati.
Italiani esclusi dalle vacanze
Per vedere la verità dietro i numeri bisognerebbe spostare il punto di vista, demolendo il castello di sabbia e per fare ciò ci vuole poco: ecco il primo punto dolente che nessuno vuole ammettere - abbiamo letteralmente fatto fuori i nostri connazionali.
I dati Istat del primo trimestre 2025 mostrano che gli arrivi degli italiani sono calati dell'1,1% e le presenze dello 0,4%, mentre gli stranieri mostrano una crescita dello 0,2% negli arrivi e dello 0,6% nelle presenze. Ma soprattutto, come evidenzia il report sulla permanenza media, gli stranieri si fermano 3,30 notti contro le 2,64 degli italiani, spendendo mediamente 113 euro al giorno contro i nostri 99.
Prezzi alle stelle e rincari accumulati
Non è colpa del “momento difficile” o della generica “crisi economica”. È colpa nostra, di scelte precise e deliberate che abbiamo fatto negli ultimi anni: abbiamo deciso di puntare tutto sul turista straniero “alto spendente”, fregandocene beatamente di chi ci ha sostenuto per decenni. Il risultato? Secondo Federconsumatori, dal 2021 gli hotel hanno registrato rincari del 56% e i ristoranti del 18%, in certe località anche del 25%.
Una famiglia di quattro persone spende ora mediamente 6.539,30 euro per una settimana al mare in una località balneare "standard" - cifra che, pur mostrando un aumento “solo” del 2,5% rispetto al 2024, riflette anni di aumenti accumulati che hanno portato i costi a livelli stratosferici. Le vacanze in montagna costano 4.779,80 euro, in crescita del 2,2% sul 2024. E se questi sono i prezzi “medi”, immaginate le mete premium: destinazioni esclusive come Costa Smeralda o Positano possono facilmente superare i 10.000 euro a settimana per famiglia, mentre anche località un tempo accessibili come alcune zone della Sicilia o della Puglia, sfiorano i 2.000-3.000 euro.
Il peso degli stranieri e i rischi di dipendenza
Ora, non fraintendetemi: i turisti stranieri sono assolutamente fondamentali per la nostra economia. I dati ci dicono che rappresentano ormai il 51,6% delle presenze totali e spendono mediamente di più. Nel primo semestre 2025, secondo l’European Travel Commission, gli arrivi internazionali sono aumentati del 12,8% e le presenze del 10,4%. Ma il nostro approccio è stato quello del bambino che vede un giocattolo nuovo e butta via tutti gli altri, senza rendersi conto che la diversificazione del mercato è la chiave della sostenibilità a lungo termine.
Prezzi premium o rincari ingiustificati?
Abbiamo trasformato ogni angolo d'Italia in un parco giochi per stranieri, alzando i prezzi come se non ci fosse un domani. E quando arrivano i turisti americani, giapponesi, inglesi o tedeschi disposti a spendere di più, ci sentiamo dei geni del marketing. Ma cosa succede quando questi flussi si riducono? Cosa facciamo quando l'economia dei paesi di provenienza entra in crisi? Continuiamo a piangere delle “spiagge semi vuote”?
Il settore si è innamorato perdutamente della parola “premium”, come se bastasse mettere un tovagliolo di lino per giustificare un aumento del 30%. Abbiamo confuso il lusso autentico con il caro prezzo, l'esperienza premium con un'estorsione legalizzata. Secondo le rilevazioni, solo il 43,2% degli italiani si concederà una vacanza nel 2025, riducendo durata e optando per soluzioni low cost. Le famiglie italiane hanno tagliato le vacanze o scelto destinazioni estere più convenienti. E gli operatori? Loro si lamentano delle “spiagge semi vuote”, come se fosse colpa del destino cinico e baro e non delle scelte scellerate.
Overtourism e mancanza di diversificazione
Altro argomento che mi fa sorridere amaramente: l'overtourism. Sì, certo, Venezia ha introdotto il ticket d'ingresso, Pompei ha limitato gli accessi dopo aver superato i 4 milioni di visitatori. Ma l'Italia ha 8.000 chilometri di coste e 8.000 comuni. Dove sono i progetti di valorizzazione dell'entroterra?
Dove sono gli investimenti per destagionalizzare l'offerta? Preferiamo lamentarci dell'overtourism in dieci località piuttosto che investire per valorizzare le altre migliaia di destinazioni possibili. È più facile, e soprattutto ci permette di continuare a fare il prezzo che vogliamo nei soliti posti.
Tecnologia e innovazione mancata
Dal punto di vista tecnologico, poi, siamo ancora all'età della pietra. I dati Isnart ci dicono che solo il 13,5% delle strutture utilizza l'intelligenza artificiale, principalmente gli hotel a 4 e 5 stelle. E il resto? Ancora fermo con siti web che sembrano usciti dagli anni '90 e sistemi di prenotazione che farebbero ridere un bambino delle elementari, ma poi ci lamentiamo se i clienti prenotano su Booking.com piuttosto che direttamente con la struttura.
Il punto è che il turismo italiano non è affatto in crisi, ha solo perso completamente la bussola. Abbiamo oltre 8,6 miliardi di euro di spesa straniera nel primo trimestre 2025, previsioni di crescita per l'estate, e siamo secondi in Europa per performance turistiche. Se questi sono i dati della crisi, vorrei davvero conoscere i dati del successo.
Il vero problema: offerta scollegata dalla realtà
Il problema non sono i turisti che mancano, ma la nostra totale incapacità di gestire quelli che abbiamo. Abbiamo scelto la strada dell'avidità a breve termine invece di quella della sostenibilità a lungo termine. Come evidenzia il sentiment dei viaggiatori rilevato dal Ministero del Turismo, che si attesta a 84,5/100 con segno positivo su tutte le categorie, l'Italia piace ancora. Ma stiamo facendo di tutto per renderla inaccessibile ai nostri connazionali.
Il futuro del turismo italiano
Tra cinque anni, se continuiamo così, avremo solo turisti stranieri ricchissimi in dieci località italiane, mentre il resto del Paese sarà un deserto turistico. Gli italiani andranno tutti in vacanza all'estero e noi continueremo a lamentarci del “calo della domanda interna” senza mai ammettere che siamo stati noi a cacciarli via a suon di rincari. Oppure, e questa sarebbe la vera rivoluzione, potremmo iniziare a capire che il turismo sostenibile non significa solo pannelli solari e raccolta differenziata, ma anche prezzi equilibrati per tutti. Potremmo investire in innovazione vera, formazione del personale, servizi che giustifichino davvero i prezzi che pratichiamo. Potremmo riconquistare il mercato interno senza perdere quello estero, creando un'offerta diversificata e accessibile.
Ma probabilmente, e questa è la triste realtà, continueremo a lamentarci, ad alzare i prezzi e a dare la colpa a tutto tranne che a noi stessi. Perché è molto più facile raccontarsi la favola delle “spiagge semi vuote” invece di ammettere che il problema non è la domanda, ma un'offerta che ha perso ogni contatto con la realtà. Un settore che non sa leggere i propri dati record, che non sa riconoscere i propri errori e che preferisce lamentarsi invece di innovare, difficilmente potrà avere un futuro diverso da quello che si sta costruendo con le proprie mani. Se dopo aver letto questo articolo vi sentite offesi, probabilmente è perché ho centrato il punto. Se invece vi sentite motivati a cambiare qualcosa, beh, forse c'è ancora speranza e spazio di miglioramento per tutti!
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