SEMPRE Più BIO
Sembrerebbe proprio di sì. Ma chi si occupa di colture
biologiche (e vede in questi ultimi tempi i fatturati aumentare in progressione
geometrica) e pensa contemporaneamente all’ambiente, ha paura che sia un fuoco
di paglia.
Ha paura che la grande industria alimentare (oggi in quasi
tutti i supermercati crescono gli scaffali del biologico) o le multinazionali
si approprino dell’“affare” e rovinino tutto; o magari che qualche “pecora
nera” del biologico faccia il furbo e finisca in pasto ai media distruggendo il
lavoro che da anni agricoltori onesti stanno portando avanti. Sì, perché ci
vogliono anni, lavoro e soldi per produrre colture biologiche e nel contempo
mantenere integro l’ambiente.
Di questo si è parlato ultimamente in un convegno dal titolo “Sviluppo sostenibile: biologico e ambiente”, al quale partecipavano i grossi nomi italiani che si occupano di quel settore agricolo e dei problemi dell’imballaggio. L’argomento voleva esplorare il modo di legare e far convivere l’amore per la tradizione del territorio, gli stili alimentari e le conoscenze alle produzioni biologiche e naturali, anche se il nostro nuovo mondo è indirizzato alla vicina globalizzazione.
Si è parlato del… paradosso “mucca pazza” che ha spinto la
gente a considerare con più attenzione il biologico (anche se oggi di carne
biologica ancora non si può parlare… perché non ne esiste ndr).
E' stato
confermato che l’atteggiamento della grande distribuzione è cambiato e gli scandali di questi ultimi anni abbiano messo in evidenza i fattori di rischio presenti nel settore alimentari ma in particolare nell’area della “commodities” cioè dei prodotti anonimi.


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