sabato 28 dicembre 2024

Vini naturali? Esempio da non seguire

 

Vini naturali? Esempio da non seguire 

per l’Accademia 

della vite e del vino

Rosario Di Lorenzo, presidente dell’Accademia italiana della vite e del vino (che nel 2024 ha festeggiato i 75 anni di vita) nell'intervista a Italia a Tavola tratteggia un quadro complesso e in evoluzione del sistema-vino e suggerisce di puntare sulla ricerca per conquistare i giovani consumatori. Tuttavia, per Di Lorenzo, quello dei vini naturali rimane un esempio da non seguire

Vini naturali? Esempio da non seguire per l’Accademia della vite e del vino

C’è “fermento” nel mondo del vino e l’evoluzione si tocca con mano tra cambiamento climatico, globalizzazione e digitalizzazione, ma anche nuovi stili di consumo. Un processo che impone di fare squadra e investire nel turismo, ma soprattutto di guardare alla ricerca che gioca un ruolo fondamentale. Sono i temi cruciali su cui riflette l’Accademia italiana della vite e del vino, che nel 2024 ha festeggiato i 75 anni di vita. «Tutti noi abbiamo piena consapevolezza delle numerose, nuove e complesse sfide che il comparto deve affrontare - ha dichiarato il presidente Rosario Di Lorenzo da Siena, dove l’Accademia ha celebrato la ricorrenza -: dobbiamo essere capaci di rispondere, non assumendo posizioni “totemiche” alle richieste ed esigenze dei vari operatori della filiera, del mercato e dei consumatori senza correre il rischio di perdere il significato e il valore storico e culturale del vino». In questo senso l’Accademia - istituita nel 1949 con decreto di costituzione firmato dal presidente della Repubblica Luigi Einaudi - deve essere «un’organizzazione capace di garantire un reale pluralismo delle opinioni, un confronto di idee libero da condizionamenti e basato su conoscenze scientifiche». E dal confronto, come sottolinea il presidente Di Lorenzo nell’intervista a Italia a Tavola, possono emergere dati e informazioni capaci di conquistare i nuovi consumatori.

Vino, un cambiamento necessario 

Presidente, quanto è cambiato lo scenario nel mondo del vino negli ultimi 20 anni?
Il mondo del vino è stato sempre coinvolto in processi evolutivi e quindi di cambiamento. Nell’ultimo ventennio il cambiamento ha interessato il comparto a 360 gradi: dagli aspetti produttivi a quelli normativi, ai modelli di consumo, alle strategie e metodologie di marketing, agli scambi commerciali e alla comunicazione. Ritengo che aspetti particolarmente impattanti siano la velocità e l’intensità di questi cambiamenti. Specifici esempi sono rappresentati dall’impatto del cambiamento climatico in atto, dalla globalizzazione, dalla digitalizzazione e dalle differenze generazionali. Ciò rende più complessa la risposta, nonostante, la specifica e sperimentata resilienza che caratterizza il comparto vitivinicolo.

Vini naturali? Esempio da non seguire per l’Accademia della vite e del vino

Rosario Di Lorenzo, presidente dell‘Accademia italiana della vite e del vino

Si parla di crisi dei consumi, soprattutto tra i giovani. È davvero così?
I giovani guidano per grande parte i cambiamenti in atto. Le generazioni Z ed Y hanno un approccio al vino molto diverso dal modello delle generazioni precedenti, anche in confronto alla generazione X. La diversità riguarda l’idea di vino, i bisogni, la conoscenza, gli interessi prevalenti, con evidenti ricadute sulle possibilità, modalità e preferenze degli acquisti e dei consumi. Il mondo del vino deve prendere consapevolezza di tali richieste e dare risposte concrete e nello stesso tempo impegnarsi a mantenere l’immagine più “tradizionale” e “autentica” del vino, indissolubilmente legata ai territori, ai vitigni e al lavoro agricolo, più di qualunque altra bevanda alcolica.

È un cambio di scenario ineluttabile o il sistema-vino ha delle colpe? In cosa il mondo del vino è rimasto indietro?
Il cambio di scenario è reale e concreto e ritengo un errore grave se dovesse essere considerato temporaneo e valutato come una moda, quindi, destinato - come già avvenuto in altri casi - a esaurirsi più o meno rapidamente. Il mondo del vino deve essere capace di dare risposte alle richieste di cambiamento. Le risposte devono essere basate sui risultati della ricerca. Dunque puntuali e concrete, caratterizzate da visioni olistiche, capaci di evitare contrapposizioni ideologiche e di parte e di coinvolgere in maniera sinergica tutti gli attori della filiera. Voglio affermare il contributo che l’Accademia Italina della Vite e del Vino può dare, in tal senso.

Vini naturali? Esempio da non seguire per l’Accademia della vite e del vino

I giovani guidano per grande parte i cambiamenti in atto nel comparto del vino
 

Qual è l’identikit dell’interlocutore oggi? E rispetto a quale tipologia di vino?
La segmentazione del mercato del vino è reale e deve essere considerata un punto di forza del comparto vitivinicolo italiano, caratterizzato da una ampia varietà di territori, da tanta biodiversità viticola e da competenze professionali di alto valore. Considerando il dinamismo che caratterizza i diversi segmenti, bisogna attrezzarsi per dare risposte concrete a tutti i segmenti produttivi.

Vini naturali, un esempio da non seguire

Vini “naturali”, qual è la percezione? Questione di moda o di sostanza?
A mio avviso, è un esempio di come non bisogna comportarsi. Creare divisioni, dare risposte “forzate” e ideologiche. Far diventare l’argomento un terreno di scontro, utilizzare una comunicazione divisiva, non supportata da evidenze scientifiche, non ha contribuito a fare emergere l’impegno che il comparto dedica da oltre un decennio alle esigenze di gestione dei sistemi produttivi finalizzate all’ottenimento di produzioni sostenibili. Penso che l’esigenza di operare in sinergia e di non ripetere gli errori commessi si stia, almeno in parte, facendo strada come dimostrano le decisioni fin qui assunte per due temi di grande attualità e impatto: quello dei vini dealcolizzati e del contenimento produttivo. È opportuno ribadire l’importanza del pieno coinvolgimento delle istituzioni di ricerca, che sono impegnate da molto tempo sui temi della sostenibilità in viticoltura e in enologia. Nei percorsi decisionali e nei confronti tra posizioni e interessi diversi, utilizzare le acquisizioni della ricerca disponibili avrebbe certamente contributo all’individuazione di un percorso virtuoso, condiviso e comune. È opportuno ribadire che il termine sostenibilità debba essere declinato in “ambientale, sociale ed economica” ed essere legato a sistemi di certificazione. Occorre, inoltre, impegnarsi a contrastare l’idea che “naturale” sia sinonimo di “senza scienza”, nell’interesse di consumatori e produttori.

Una suggestione… qualcuno ha detto che per immaginare il vino del futuro servono meno enologi e più filosofi… cosa ne pensa?
Il termine filosofia deriva dal greco e significa “amore del sapere”. Il filosofo si serve in modo concreto e benefico del sapere. Gli agronomi e gli enologi sono i “filosofi” del comparto, essendo le figure professionali che per gli studi fatti sono in grado di valutare le problematiche che si pongono e quindi dare le risposte operative o di studio corrette. 

Qual è il futuro dell’enologia?
Andrebbe considerato dal comparto con interesse maggiore e concreto - in termini di sostegno finanziario, partecipazione alle attività e al trasferimento dei risultati della ricerca - il contributo del mondo imprenditoriale alla ricerca e alla formazione.

Come si innova in vigna e come in cantina? Ci sono ancora frontiere da aprire?
Come detto l’esigenza di innovazione per un comparto produttivo deve essere sempre presente e attuale. Parliamo di agricoltura 4.0, viticoltura ed enologia varietale, di territorio e di precisione, sistemi di supporto alle decisioni, gestione della irrigazione mediante strategie a deficit idrico controllato, e-commerce, moderne linee di packaging e strategie di marketing e sistemi della logistica. Le tecnologie di evoluzione assistita (Tea), la robotica e l’intelligenza artificiale impatteranno sempre di più nel mondo del vino.

Vino, l’enoturismo è una leva strategica

Come vedete il ruolo dell’enoturismo nell’orizzonte di accesso al vino?
L’enoturismo rappresenta un motore di sviluppo e una leva strategica per il futuro del settore, capace di dare un contributo concreto alla richiesta di sostenibilità ambientale, economica e sociale. Il valore economico dell’enoturismo italiano è valutato per il 2024 in 2,9 miliardi di euro, con stime di crescita del 12,9% nel prossimo quinquennio. Alcune caratteristiche sono capaci di dare risposte alle esigenze di cambiamento del comparto, come ad esempio quella di avvicinare i giovani al mondo del vino. Circa il 44% degli enoturisti ha una età compresa tra 25 e 34 anni e molti di loro sono stranieri, il settore utilizza strumenti digitali (oltre l’80% delle prenotazioni vengono fatte on-line), rappresenta un ponte con i mercati e ha un particolare valore per le piccole realtà aziendale che, come noto, sono quelle più capaci di rappresentare e mantenere i valori delle tradizioni, della cultura e della tipicità dei territori viticoli italiani. Inoltre gli innumerevoli incontri, convegni e studi sul tema che negli ultimi anni si sono svolti, consentono ottimismo per giungere a soluzioni adeguate delle principali e più attuali problematiche dell’enoturismo, che emergono con sempre maggiore evidenza, quali ad esempio la necessità di avere figure professionali specializzate per l’hospitality, di dotare il settore di una normativa specifica, efficace, snella e capace di favorire politiche territoriali sinergiche e  inclusive.

Vini naturali? Esempio da non seguire per l’Accademia della vite e del vino

L’enoturismo rappresenta una leva strategica per il futuro del comparto vino

Vino e canali di distribuzione, cosa è cambiato? Esistono processi di disintermediazione che modificano le strategie consuete?
Anche nel sistema distributivo del vino si stanno verificando cambiamenti di significativa rilevanza e impatto. La concentrazione delle vendite nella grande distribuzione organizzata ha raggiunto due terzi dei consumi e, malgrado anch’essa risenta della flessione dei mercati, ha ormai sdoganato la co-presenza delle etichette di vini di ogni fascia di prezzo sugli scaffali e contemporaneamente nelle carte dei vini della ristorazione. Di conseguenza si è ristretta la vendita attraverso il canale Horeca ancora gestita da agenzie di rappresentanza e distributori, con costi crescenti anche di trasporto e con difficoltà di ricambio generazionale dovuta alla scarsa marginalità nelle vendite e lunghezza degli incassi. La disintermediazione che ci si aspettava attraverso le piattaforme di e-commerce ha solo parzialmente inciso rispetto ai costi crescenti della supply chain. Prescindendo dallo specifico caso Covid quando è esplosa, la vendita on-line non ha ancora raggiunto in Italia i livelli attesi e per diversi motivi. È probabile che in questa direzione debbano andare gli sforzi futuri sia del marketing che degli investimenti in formazione e soprattutto in tecnologie, per rendere più efficiente un mercato oggi ancora trascurabile sui fatturati aziendali.

Qual è la prospettiva del vino italiano? È plausibile un ragionamento focalizzato sui fine wine come posizionamento per superare la dimensione della commodity?
Il tema è di grande attualità e di notevole potenziale impatto sul futuro del comparto. Riaffermo che il mercato del vino è segmentato. Il peso e il valore dei diversi segmenti varia in relazione a molteplici fattori di natura sociale, economica e culturale. Gerarchizzare questi fattori, come spesso si tende a fare, è non solo difficile ma sbagliato. Certamente ci sono alcuni punti fermi da evidenziare: il vino non è più considerato come un alimento, ma deve essere valutato come un elemento di piacere, un essenziale e indispensabile fattore di convivialità, un simbolo di benessere e di appartenenza ad uno specifico status sociale, economico e culturale. Il vino non deve presentare difetti, deve essere di qualità e deve essere certificato per dare garanzie ai consumatori. Il vino deve essere capace di intercettare le esigenze di consumo e di marketing più attuali. Bisogna però che per ciascun segmento del mercato in cui il vino si posiziona, il consumatore sappia e si renda conto di acquistare e consumare un prodotto che, a differenza di altri, porta con sé valori sociali, culturali, storici, tradizionali e territoriali.

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