LE SPESE ALIMENTARI
nei primi 7 mesi dell'anno. La spesa nella Gdo è diminuita dell’1,7% nei supermercati (-2,9%) e negli ipermercati (-2%). Le famiglie scelgono di tagliare sulla qualità, ricorrendo sempre di più al discount, in crescita dell'1,7%
Quella del commercio al dettaglio fotografata e diffusa oggi dall'Istat è una persistente situazione preoccupante alla quale occorre mettere subito riparo. I beni essenziali, i prodotti alimentari in primis, continuano a far registrare un calo delle vendite che sembra non avere fine. Lo sostiene la Copagri relativamente ai dati di luglio 2014 dell'Istituto nazionale di statistica. Basta entrare in diversi punti vendita della grande distribuzione organizzata (Gdo) per constatare come siano largamente dominanti le proposte di offerta o i sottocosto.
Eppure non basta: gli alimentari cedono mezzo punto percentuale su base congiunturale, il 2,5%
rispetto a luglio 2013, più di un punto nei primi sette mesi dell'anno. La Gdo perde quasi l'1% a livello tendenziale, il 2% gli ipermercati e quasi il 3% i supermercati, e i tradizionali negozi di alimentari al dettaglio il 2%.
È noto, d'altronde come quasi 7 famiglie su 10 stiano riducendo la spesa alimentare non solo per qualità ma anche in quantità, quadro che si acuisce nel Mezzogiorno. La tendenza che dura ormai da molto tempo è la solita: resistono i soli discount con una crescita dell'1,7% su base annua e del 2,5 nel confronto tra i primi sette mesi di quest'anno e lo stesso periodo del 2013.
Quasi la metà delle famiglie (47%) dichiara che le difficoltà economiche hanno avuto un effetto negativo sui consumi con la ricerca di prodotti e varietà low cost, rinuncia alle primizie e la ricerca di punti vendita più economici, con tre milioni di famiglie che vanno nei discount.
Secondo l’indagine Coldiretti/Ixè nel carrello della spesa il 23% degli italiani ha ridotto i quantitativi di ortofrutta, il 21% acquista prodotti e varietà che costano meno, il 16% rinuncia a prodotti che costano troppo (dalle ciliegie ai frutti di bosco), il 13% è andato alla ricerca di punti vendita con prezzi più bassi.
Le difficoltà economiche hanno dunque costretto molti italiani a preferire l’acquisto di alimenti più economici ma si tratta di prodotti spesso a prezzi troppo bassi dietro i quali spesso si nascondono, anche, ricette modificate o l’uso di ingredienti di minore qualità ma possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità, come è confermato dall’escalation dei sequestri. E una quota rilevante di cittadini compra meno perché ben otto su dieci ha addirittura scelto di mangiare il cibo scaduto, con una percentuale che è aumentata a maggio del 18% dall’inizio del 2014 secondo il rapporto 2014 di Waste watcher knowledge for Expo
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