Gin Tonic Day: il fascino senza tempo di un drink classico che unisce mondi
Nato come rimedio nelle colonie britanniche, il gin tonic ha attraversato secoli e mode trasformandosi in un simbolo di eleganza e socialità, capace di fondere tradizioni, luoghi e stili di vita diversi. Oggi è un classico che continua a evolvere, specchio dei gusti contemporanei e della cultura del bere consapevole
Ci sono drink che attraversano le epoche senza perdere fascino. Il gin tonic è uno di questi. Due soli ingredienti, una formula semplice e universale, ma capace di raccontare un mondo intero: quello della miscelazione contemporanea, della cultura del bar e del piacere di bere bene. Il 19 ottobre si festeggia, a tutte le latitudini del mondo, il Gin Tonic Day, occasione perfetta per ricordare perché questo mix secco e profumato resti uno dei drink più ordinati in Italia e nel mondo. Nato come rimedio medicinale, diventato simbolo dell’aperitivo moderno, oggi è il bicchiere che più di ogni altro unisce generazioni e gusti diversi, dagli habitué dei cocktail bar agli amanti della semplicità domestica.
Che cos’è davvero il gin tonic
Realizzato con due soli ingredienti principali, il gin e la tonica, il gin tonic è uno dei drink alcolici più amati di sempre. Perfetto da sorseggiare seduti al tavolino di un bar, può essere preparato anche a casa, così da allietare aperitivi e serate con amici e parenti. La sua preparazione è davvero semplice, ma attenzione: per ottenere un buon risultato è fondamentale non lesinare sugli ingredienti, i quali - ovviamente - devono essere di alta qualità, così da rendere il drink ancora più piacevole.
Dietro l’apparente semplicità del gin tonic si nasconde l’essenza stessa della mixology: equilibrio, precisione e rispetto per la materia prima. Bastano pochi millilitri in più o in meno, un cubetto di ghiaccio sbagliato o una tonica fuori contesto, per cambiare completamente il profilo aromatico del drink. È il cocktail che meglio di qualunque altro dimostra quanto la tecnica e la conoscenza contino, anche quando tutto sembra immediato.
I numeri del gin e una storia che continua a crescere
Il successo del gin non è un fenomeno passeggero, e parte proprio dai bicchieri più ordinati nei bar italiani: gin tonic, appunto, e Negroni, due classici che hanno riportato il distillato ai vertici del consumo mondiale. La loro popolarità ha contribuito in modo determinante al rilancio del gin, trasformandolo da prodotto di nicchia a protagonista delle carte cocktail. I dati raccontano una storia di crescita costante e di rinnovata curiosità: nel 2024, il consumo totale di spirits in Italia è stato pari a 127 milioni di litri, con una variazione rispetto al 2019 del -8,5%. Le nuove tendenze dei consumatori, attratti da prodotti a basso contenuto alcolico o senza alcol, hanno portato a una contrazione generale dei distillati. Tuttavia, tra le categorie principali, il gin è l’unico prodotto che ha registrato variazioni positive, anche a doppia cifra: si attesta infatti sui 7 milioni di litri venduti e +25% in volume negli ultimi cinque anni.
Dietro questi numeri si nasconde poi un’evoluzione culturale. Secondo CGA by NIQ, il 16% degli italiani consuma gin fuori casa, una percentuale inferiore alla media globale (19%) ma con ampi margini di crescita. Il gin è infatti davanti a rum (14%) e whisky (12%) e subito dietro ad aperitivi (42%) e amari (34%). La reputazione del brand è importante per il 49% dei consumatori, mentre il 34% presta attenzione alla qualità del servizio. E se il 58% preferisce gin classici, il 52% sceglie versioni aromatizzate, spesso al limone (28%), lime (23%), arancia (20%) o pompelmo (17%).
Dalle colonie alla febbre del gin
Il gin tonic è - ovviamente - la diretta conseguenza dell’exploit del gin, ma la sua storia affonda radici molto più lontane. Per trovarne le origini bisogna tornare alla Scuola Medica Salernitana, attorno all’anno Mille, dove i monaci preparavano un infuso di vino e bacche di ginepro considerato un rimedio naturale contro gotta, reumatismi e disturbi digestivi. Non era ancora gin, ma ne anticipava spirito e funzione. Bisogna attendere la seconda metà del Seicento per incontrare qualcosa di più simile al distillato moderno. Nei pressi di Amsterdam, la distilleria Bols mise a punto il jenever, un distillato di cereali aromatizzato al ginepro, usato anche come medicinale. Durante le guerre del XVII secolo, gli inglesi, alleati degli olandesi, ne rimasero conquistati e, una volta rientrati in patria, ne crearono una versione più secca e leggera: il gin.
In breve, Londra ne divenne la capitale. Il gin costava poco, si produceva facilmente e divenne la bevanda del popolo. Il consumo esplose, generando una vera emergenza sociale passata alla storia come la “gin craze”. Tra il 1720 e il 1750, il tasso di mortalità nella capitale inglese crebbe in modo vertiginoso, le taverne si moltiplicarono e la violenza dilagò. Il Parlamento intervenne con una serie di otto “Gin Act” tra il 1729 e il 1751, imponendo tasse e licenze sulla distillazione. Molti piccoli produttori chiusero, lasciando spazio a distillerie più solide, alcune delle quali - Finsbury (1740), Greenall’s (1761), Gordon’s (1769) e Plymouth (1793) - sono ancora oggi nomi di riferimento.
Mentre il gin si affermava come simbolo britannico, altrove avvenivano scoperte destinate a cambiare la storia del bere. In Sud America, gli Spagnoli conobbero le proprietà della Cinchona, una pianta la cui corteccia conteneva il chinino, efficace contro la malaria. Dalla sua lavorazione nacque la prima acqua tonica, amara ma preziosa. Nel 1794, il chimico tedesco Johann Jacob Schweppe mise a punto un metodo per aggiungere anidride carbonica e zucchero all’acqua tonica, rendendola più gradevole e frizzante. La bevanda, nata come medicina, stava per diventare qualcosa di molto diverso.
Durante l’Ottocento, gli ufficiali della Marina e dell’Esercito britannico di stanza nelle colonie indiane iniziarono a mescolare gin, acqua tonica, lime e ghiaccio per rendere più sopportabile l’assunzione del chinino. Quello che doveva essere un rimedio medico si trasformò presto in un’abitudine quotidiana, poi in un piacere. Senza saperlo, avevano appena inventato uno dei drink più iconici della storia. In patria, intanto, il gin cambiava volto. L’invenzione del distillatore continuo, nel 1832, consentì di ottenere un prodotto più pulito e costante. Fu l’epoca dell’Old Tom, un gin più morbido, addolcito con zucchero o botaniche come vaniglia e liquirizia per mascherare i difetti della distillazione. Il distillato cominciò così a uscire dai bassifondi per diventare protagonista della nascente arte della miscelazione.
Da quel momento il gin tonic, nato tra i tropici, iniziò la sua corsa verso l’Europa. Prima nei club londinesi, poi nei salotti. Nella Londra vittoriana, il gin era ormai parte della cultura urbana e industriale, e la tonica, da semplice rimedio, trovò nel gin il suo partner ideale. Tra la fine dell’Ottocento e il Novecento, il gin tonic si affermò come uno dei drink più amati nei Paesi anglosassoni, per poi conquistare il resto del continente e arrivare fino a oggi, conservando intatta la formula che lo ha reso immortale: gin, tonica, ghiaccio e una fetta di agrume.
Come si prepara un gin tonic d’autore?
Per ottenere un gin tonic dal carattere brioso e irresistibile è fondamentale seguire la ricetta con cura, rispettando dosi e gesti. La preparazione richiede pochi ingredienti (che, come già detto, devono essere di qualità), ma il segreto sta tutto nella precisione:
- prendere un bicchiere adatto, scegliendo fra highball, tumbler alto o balloon;
- aggiungere il ghiaccio;
- versare il gin e successivamente la tonica;
- guarnire il bordo del bicchiere con una fettina di agrume. In aggiunta, è possibile usare bacche di ginepro o rametti di timo e rosmarino;
- mixare prima di servire.
Il rapporto ideale tra gin e tonica è 1:3, cioè 50 ml di gin e 150 ml di tonica. Il ghiaccio deve essere compatto e freddissimo: sciogliendosi lentamente, mantiene il drink bilanciato. Chi desidera offrire agli ospiti il drink nella sua versione più classica, può puntare sul distillato nella sua versione più tradizionale e sulla classica tonica secca e dal sentore amaro. Se invece si desidera donare un tocco di personalità in più al cocktail, è possibile optare per un gin agrumato, nonché per una tonica aromatizzata o light. In alternativa, se si vogliono tagliare le calorie, si può sostituire l’acqua tonica con la soda.
Grande importanza è data anche dalla scelta della guarnizione, la quale deve abbinarsi al meglio all’aroma del gin tonic. Mentre per la versione classica è possibile utilizzare una rondella di lime, per quelle agrumate e aromatizzate si può optare per altri agrumi, come l’arancia o il pompelmo. Per esaltarne al meglio il sapore, il gin tonic si abbina con piatti leggeri, stuzzichini a base di salmone affumicato, tapas, mix di salumi e formaggi, tartare di gamberi o scampi, cozze e vongole. Anche i dolci possono essere un’ottima scelta: la pasticceria secca o dessert agrumati valorizzano la freschezza del drink e chiudono con eleganza un aperitivo o una cena.
Bere bene, conoscere meglio
Insomma, il gin tonic è un’icona. È il simbolo di come due ingredienti possano bastare per creare un’esperienza completa, se dietro c’è conoscenza, tecnica e sensibilità. Oggi che la miscelazione vive un momento di grande maturità, il gin tonic resta il punto d’incontro tra il sapere del bartender e il gusto del cliente, tra l’essenzialità e la ricerca. Ma resta anche un invito alla responsabilità: bere bene significa conoscere quello che si ha nel bicchiere, saperlo apprezzare e non abusarne. È la differenza tra un gesto automatico e un rito consapevole. Perché dietro ogni gin tonic - preparato con cura, servito nel bicchiere giusto, accompagnato da un sorriso - c’è tutta la storia di chi ama il mestiere del bar e quella sottile magia che continua a farlo amare, anno dopo anno, ovunque nel mondo.
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