Sicuramente Veronafiere, l’ente organizzatore di Vinitaly, può ritenersi soddisfatto. Ha venduto tutti gli spazi, non ha dovuto ritornare nessuna caparra, versata due anni prima, e pertanto gioia e gaudio. Ma come sono andate le cose veramente al Vinitaly? Abbiamo provato a capirlo analizzando in dettaglio quanto è avvenuto nella cinque giorni di eventi andata in scena dal 10 al 13 aprile.
I numeri di Vinitaly 2022
Per prima cosa ci sono state il 30% di presenze in meno (88.000 al posto di 125.00), ma gli organizzatori dicono sia andata comunque bene: i 25.000 operatori stranieri (provenienti da 139 Paesi) rappresentano infatti il 28% del totale degli operatori arrivati in fiera. E ciò al netto della fortissima contrazione – legata alle limitazioni pandemiche agli spostamenti internazionali – degli arrivi da Cina e Giappone, oltre ovviamente ai buyer russi. Un contingente che pesa complessivamente per circa 5.000 mancati arrivi ma che non ha impedito la rimodulazione dell’assetto partecipativo di una manifestazione che in chiave nazionale ha anche ribilanciato le presenze del Centro-Sud - in rialzo - con quelle del Nord. Ci chiediamo quante aziende hanno visitato i 25.000 operatori stranieri considerando che le aziende era 4.400? Questo non lo potremo mai sapere. Comunque il clima era molto disteso, vivibile. Le grosse aziende, con stand meno faraonici del solito, le abbiamo viste tutte impegnate. Non possiamo dire la stessa cosa per le aziende con stand consociati regionali. Poco movimento. D’altra parte se, come dicono, diverrà sempre più una rassegna per soli operatori, se non hai appuntamenti già fissati con clienti, collaboratori, giornalisti non combini nulla, butti via il tuo tempo. Aspettare che per sbaglio un importatore si fermi a parlare con te e chiuda un contratto solo perché hai gli occhi azzurri questo non è più neanche pensabile. Pertanto ha lavorato solo chi ha lavorato tantissimo a casa, ha utilizzato le agenzie di comunicazione per fissare appuntamenti con giornalisti e clienti.
Ci sono state problematiche legate alla logistica
Il secondo spunto di riflessione è legato al fatto che non abbiamo trovato caos o file per parcheggiare o entrare in fiera. Siamo arrivati da Nord e abbiamo parcheggiato, alle 9.30, allo stadio. Parcheggio semivuoto, navetta perfetta che in pochi minuti ci ha portato, senza ingorghi, all’entrata Re Teodorico dove siamo entrati senza alcun problema. Decisamente bello il nuovo ingresso anche se per poter fare l’accredito come giornalista, se non lo si aveva fatto anticipatamente, bisognava farsi una gran bella camminata per arrivare all’ingresso principale. Ma è un problema che non abbiamo avuto essendoci accreditati con ampio margine. Ci hanno informato che ben diversa era la situazione in uscita per gli standisti. Uscire tutti alla stessa ora e il solito, immenso, terribile e disastroso caos è scoppiato immancabilmente. Persone che dopo 10 ore di lavoro sono state bloccate per ore sulle rampe dei garage. Altre, ovviamente stanche morte, che hanno atteso tempi lunghissimi per salire su navette che sono state fagocitate da ingorghi di ottima qualità. Insomma il solito casotto. A noi non è successo nulla di tutto questo perché saggiamente siamo usciti alle 16.30 e tutto è filato liscio come l’olio. Navetta perfetta, parcheggio raggiunto in pochissimi muniti, viabilità scorrevole. Ma noi non avevamo lo stand!
Stand espositivi “frammentati”
Ci chiediamo inoltre se è valsa la pena di frammentare così tanto gli espositori. Tra le start-up novità nei 17 padiglioni, fissi e temporanei, specificamente dedicati alla 54ª edizione di Vinitaly, oltre all’area del quarto colore del vino sugli Orange wine, quelle di “MicroMegaWines- Micro Size, Mega Quality”, la nuova sezione riservata alle produzioni di nicchia a tiratura limitata e di altissima qualità, di Organic Hall che implementa l’offerta di Vinitaly Bio e della Mixology, che dopo il numero zero di ottobre 2021, debutta ufficialmente con un proprio format. Senza contare, per esempio, la Fivi relegata in fondo in fondo. Mah, forse un pochino di più ordine aiuterebbe chi ha appuntamenti fissati senza dover fare corse forsennate da una parte al’altra dei 17 padiglioni. Almeno a noi è successo questo. Ci ha fatto bene alla linea, meno al tempo da dedicare agli appuntamenti.
La piacevole novità dell’annata delle verticali
Il quarto aspetto è legato al fatto che l’edizione 2022 di Vinitaly è stata l’annata delle verticali (quando si degusta un vino di diverse annate, ma dello stesso produttore). E questo ci è piaciuto moltissimo. D’altra parte tutti hanno portato i vini che pochi avevano avuto ancora il modo di assaggiare essendo quasi 3 anni che di rassegne enologiche ne sono state fatte pochine. Noi siamo stati particolarmente fortunati di poter assaggiare una verticale strepitosa di Timorasso Filari di Luigi Boveri. Esperienza direi quasi mistica con questo vino che ti racconta nettamente da dove viene e dove vuole arrivare, ti racconta le annate come se fosse uno specchio. Sicuramente da approfondire per entrare completamente nell’anima di questo vitigno che ha così tanto da dire e pochi che lo sanno interpretare. Dobbiamo ringraziare l’amica Giordana Talamona di averci fissato l’appuntamento per godere di questa meraviglia.
Gli assaggi più sopredendenti
Poi via di corsa a divertirci con una super orizzontale, chiamata anche Masterclass, di Ribolla Gialla del Brda/Collio. Presenti quattordici Ribolla da quelle giovani, alle mature, alle macerate. Ognuna con la sua caratteristica ben specifica, ognuna con tanto da raccontare anche attraverso le parole di Valentin Bufolin, vice campione sommelier della Associazione Sommelier Slovena. Un’esperienza per noi già consolidata ma non con le annate presentate. Indubbiamente la Ribolla di collina, che sia italiana a slovena, è un vino decisamente interessante e coinvolgente. Altra corsa altra verticale. Questa volta con la complicità di Studio Cru ci siamo immersi nel Riesling Renano ma non austriaco, né tedesco né altoatesino bensì veronese. L’azienda Roeno ha scovato a 600 mestri sul Monte Baldo un conoide di dolomie e dal 2003 ha iniziato questa avventura. Mai, mai e poi mai avremo detto che fosse un Riesling prodotto in Italia. Tutte le caratteristiche della Mosella sono raccolte in questo nettare. Forse quella leggera nota agrumata, assieme ovviamente agli idrocarburi e ai frutti gialli e allo zafferano, fanno la differenza e ci riportano a casa. Per ultimo, senza correre avevamo appuntamento, attraverso Gaiares Comunicazione, con la Cantina Valpolicella di Negrar che ci ha divertito con una verticale di Soave e poi con l’ultima chicca. Il loro Amarone Jago della linea Domini Veneti. Quanto moderno è, quanto scattante, quanto atletico. Un Amarone veramente di grande respiro e tensione che ci ha fatto salutare il Vinitaly con gioia.
La ritrovata socialità dello stare in presenza in fiera
Il quinto e ultimo aspetto è legato alla socialità ritrovata. Da parte di tutti si è percepito il piacere di rivedersi, di salutarsi, di sapere come vanno le cose. Insomma, di riprendere i contatti con il mondo del vino. Forse questa è stata la parte che ha dato più gioia, più desiderio di continuare, una spinta verso la luce. Però questo ha portato anche tanti, tantissimi contagi. In molti, in troppi, sono stati contagiati dal Covid. In quasi tutti, avendo la terza dose, il decorso della malattia è stato benevolo e in 7 giorni tutto è tornato a posto. IAT
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