domenica 30 novembre 2025

Affitti brevi, tanto rumore per nulla

 

Affitti brevi, tanto rumore per nulla: la cedolare secca rimane al 21%, albergatori beffati

La marcia indietro del governo in tema di affitti brevi - subito emersa come probabile - ora è compiuta: la cedolare secca al 21% sul primo affitto breve e regime di reddito di impresa solo dal terzo immobile . In questo modo il mercato dell'accoglienza rimane sempre più squilibrato a sfavore degli operatori tradizionali.


Affitti brevi, tanto rumore per nulla: la cedolare secca rimane al 21%, albergatori beffati

Gli albergatori italiani avevano sperato in una manovra 2026 equa, che finalmente allineasse le regole fiscali tra hotel e case vacanza. Invece il governo ha ripristinato la cedolare secca al 21% per il primo immobile affittato a fini turistici, mentre solo dal terzo scatta il regime di reddito di impresa con conseguente innalzamento dell'aliquota. Per gli operatori tradizionali, questa scelta rappresenta una marcia indietro: continuano a sussistere vantaggi per chi affitta appartamenti per brevi periodi, senza dover rispettare tutti gli adempimenti previsti per le strutture professionali. Il risultato è una concorrenza sempre più squilibrata.

Affitti brevi: la cedolare secca resta al 21% per il primo immobile

Tra i temi più discussi nel vertice a Palazzo Chigi sul ddl bilancio, gli affitti brevi rappresentano un punto cruciale, con implicazioni sia per i privati che per il settore turistico. L’intesa raggiunta prevede che la cedolare secca rimanga al 21% per chi affitta un solo immobile, confermando così la normativa attuale per la prima casa destinata a locazioni brevi. Il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri, ha dichiarato: «Siamo tutti d’accordo sulla necessità di cancellare l’aumento dell’aliquota dal 21% al 26% per chi affitta una casa». In pratica, chi possiede e affitta un unico appartamento destinato a case vacanza o locazioni turistiche brevi continuerà a beneficiare dell’aliquota agevolata, senza modifiche fiscali immediate.

L’innovazione principale riguarda l’entrata in vigore del cosiddetto reddito di impresa. Attualmente, la cedolare secca è al 26% a partire dal secondo immobile. La maggioranza ha ipotizzato un compromesso: l’aliquota più alta e il regime di reddito di impresa scatterebbero a partire dal terzo immobile affittato, riducendo così il peso fiscale per chi gestisce una o due case in locazione breve. Come ha spiegato Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato: «C’è chi diceva cinque, chi tre, vedremo. C’è una crescita forte di questa attività, quindi uno che ha tre case da affittare ne ha anche un’altra dove abita, quindi ne ha già quattro». Questo compromesso vuole bilanciare la tutela della prima casa e il sostegno al turismo residenziale, evitando che piccole strutture o proprietari occasionali siano penalizzati da un aumento automatico dell’aliquota.

Impatto sul settore turistico e sul mercato degli affitti brevi

Le modifiche sulla cedolare secca sono particolarmente rilevanti per il mercato delle case vacanza e delle locazioni turistiche brevi. Il mantenimento della tassazione al 21% sul primo immobile incentiva i proprietari a continuare a mettere a disposizione appartamenti per soggiorni di breve durata, soprattutto nelle città d’arte e nelle località turistiche. Per i proprietari, significa maggiore prevedibilità fiscale e un incentivo a investire nel settore turistico. Secondo esperti, questa decisione potrebbe avere effetti positivi sul ricavo medio delle locazioni brevi, mantenendo competitivi i prezzi e la disponibilità di immobili destinati a turisti nazionali e stranieri. Tuttavia, in questo modo, si riapre la frattura tra il governo e il mondo dell'accoglienza tradizionale.

Cedolare secca: le regole per i grandi proprietari, ma gli albergatori?

Il dibattito rimane aperto per chi possiede più di due immobili da destinare ad affitti brevi. Dal terzo appartamento in poi scatterà il reddito di impresa, con aliquote e regole diverse, che saranno definite nei dettagli dal Ministero dell’Economia. L’obiettivo è evitare che chi gestisce numerosi immobili come attività professionale goda di vantaggi fiscali riservati a chi affitta la propria casa saltuariamente. Allo stesso tempo, il compromesso protegge chi affitta una o due proprietà, garantendo continuità al mercato delle locazioni brevi.

Affitti brevi, tanto rumore per nulla: la cedolare secca rimane al 21%, albergatori beffati

Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi

Tuttavia la marcia indietro colpisce ancora una volta gli operatori tradizionali, che da sempre denunciano una concorrenza sleale da parte di chi affitta la propria casa a fini turistici non dovendo sottostare a tutta una serie di misure (e di adempimenti in materia fiscale) che invece sono obbligatorie per legge per gli operatori tradizionale dell’accoglienza. Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, aveva riassunto così il pensiero degli albergatori: «Non si può equiparare un affitto breve, che è un’attività commerciale, a un affitto stabile. Chi affitta per un giorno o un weekend non può avere la stessa tassazione di chi affitta per anni. È un’attività economica a tutti gli effetti».

Come si è arrivati allo scontro sulla cedolare secca

Nella prima bozza della Legge di Bilancio 2026 diffusa era previsto un incremento della cedolare secca sugli affitti brevi, dal 21% al 26%. Inizialmente l’aumento era concepito in modo generalizzato, ma rapidamente la proposta ha sollevato perplessità all’interno della maggioranza e proteste da parte di molti operatori del settore.


La norma così com’era scritta prevedeva che il maggior prelievo si applicasse soprattutto a chi usa intermediari o piattaforme digitali come Airbnb o Booking.com - categoria che secondo l’articolo comprende circa il 90?% degli host - generando un gettito stimato di circa 102?milioni di euro. Tuttavia la decisione ha spaccato la maggioranza: partiti come Forza Italia e Lega avevano contestato la misura, denunciandola come un aumento fiscale iniquo per piccoli proprietari e affittuari occasionale.  La reazione è stata immediata: annunci di emendamenti in Parlamento, appelli per preservare la cedolare al 21% - soprattutto per chi affitta una sola casa - e tensioni tra alleati di governo fino alla decisione di lasciarla invariata per la prima casa.

Nuove regole su check-in e lockbox: cosa cambia per gli affitti brevi

Intanto nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha stabilito che per i affitti brevi (e per i B&B) torna l’obbligo di «riconoscimento de visu» degli ospiti: i gestori devono verificare di persona che la persona alloggiata corrisponda al documento d’identità presentato e comunicare i dati alla questura, come previsto dall’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS). Questa decisione rovesca la precedente sentenza del TAR del Lazio - che in primavera 2025 aveva ammesso il check-in da remoto - e chiude un periodo di incertezza normativa, facendo tornare operative le regole tradizionali per la sicurezza e la tracciabilità degli ospiti.

Affitti brevi, tanto rumore per nulla: la cedolare secca rimane al 21%, albergatori beffati

Il Consiglio di Stato ha sancito l'obbligo del riconoscimento de visu degli ospiti

Parallelamente, la città di Milano - in vista dei flussi turistici legati alle prossime Olimpiadi invernali - ha deciso di vietare le cosiddette “lockbox”, ovvero quelle cassette porta-chiavi utilizzate per consentire il check-in autonomo degli ospiti senza contatto diretto con il gestore. Il provvedimento prevede sanzioni fino a 400 euro e la rimozione coatta dei dispositivi, con l’obiettivo di tutelare decoro urbano e sicurezza.

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