Negli ultimi cinque anni il costo del cibo in Italia è cresciuto quasi del 25%, ben oltre l’inflazione generale. L’Istat fotografa un fenomeno che ha cambiato le abitudini delle famiglie: prodotti freschi più cari dei lavorati, carrello della spesa sempre più leggero e consumi in calo. Tra le cause principali, la crisi energetica, la guerra in Ucraina e la ripresa post-pandemica che ha spinto al rialzo i prezzi internazionali delle materie prime. Assoutenti e Unione nazionale consumatori parlano di un impatto diretto sui bilanci domestici e chiedono interventi per contenere i rincari.

Prezzi alimentari +24,9% in cinque anni: l’allarme Istat
Secondo la nota diffusa a novembre, l’Istat segnala un aumento dei prezzi alimentari del 24,9% tra ottobre 2021 e ottobre 2025. Si tratta di una crescita nettamente superiore a quella dell’inflazione generale, che nello stesso periodo si ferma al +17,3%. L’impennata si concentra soprattutto tra il 2022 e il 2023, in coincidenza con lo shock energetico e con l’aumento del costo delle materie prime.
I prodotti più colpiti dai rincari
I dati mostrano una differenza significativa tra i prodotti freschi e quelli lavorati. Gli alimentari non lavorati hanno registrato un incremento del 26,2%, mentre quelli lavorati si fermano al 24,3%. I beni più soggetti alle fluttuazioni internazionali e ai costi energetici, come frutta, verdura e latte fresco, risultano dunque i più penalizzati.
Nel complesso, a settembre 2025 i prezzi del cibo risultano più alti del 26,8% rispetto a ottobre 2021. I rincari maggiori si concentrano sui prodotti vegetali, con un aumento del 32,7%, su latte, formaggi e uova (+28,1%) e su pane e cereali (+25,5%). L’Istat precisa che l’aumento non è un fenomeno isolato, ma riguarda anche altri Paesi europei, in alcuni casi con intensità persino maggiore rispetto all’Italia.
Le cause: energia e materie prime spingono i prezzi
L’Istituto individua le cause principali dell’impennata in una combinazione di fattori esterni. A partire dalla seconda metà del 2021, la ripresa economica post-pandemica ha innescato una crescita dei prezzi internazionali delle materie prime alimentari. Successivamente, l’invasione dell’Ucraina e le sanzioni internazionali contro la Russia hanno determinato un’ulteriore accelerazione dei costi, soprattutto per l’energia. Il blocco parziale delle forniture di gas e l’aumento dei costi di produzione e trasporto hanno avuto un effetto a catena su tutto il comparto alimentare.
Famiglie costrette a ridurre la spesa
Secondo Assoutenti, l’aumento dei prezzi non solo erode il potere d’acquisto, ma modifica profondamente le abitudini di consumo. «Una famiglia su tre è stata costretta nell’ultimo anno a tagliare la spesa per cibi e bevande» afferma il presidente Gabriele Melluso, che parla di un paradosso: «Le famiglie spendono sempre di più per un carrello sempre più vuoto». I dati Istat lo confermano: dal 2021 a oggi, le vendite alimentari in volume sono diminuite dell’8,8%, mentre i prezzi sono cresciuti di quasi il 25%.

Anche l’Unione nazionale consumatori sottolinea l’effetto sul reddito delle famiglie. «L’inflazione alimentare continua a superare l’indice generale» spiega il presidente Massimiliano Dona. «Su base annua, una coppia con due figli spende 250 euro in più, una coppia con un figlio 219 euro, e una famiglia media 173 euro». Dona aggiunge che alcuni prodotti registrano rincari particolarmente rapidi: il cioccolato è aumentato del 2,7% in un solo mese, i gelati del 2,6%, il cacao in polvere del 2,1%. Se si confrontano i dati con ottobre 2024, il cacao e cioccolato in polvere risultano più cari del 21,8%, il caffè del 21,1%, la carne bovina del 7,9%, le uova del 7,2%, il burro del 6,7%, la carne ovina e il pollame del 5,3%, il latte conservato del 5% e il riso del 4,6%.

Nessun commento:
Posta un commento