“Menu cieco”,
tra bon ton e parità:
il caso Boeucc divide l’opinione pubblica
Il ristorante milanese ha deciso di portare in tribunale la scrittrice Tea Hacic dopo che questa ha pubblicamente accusato il locale di sessismo a causa del cosiddetto “menu cieco”. Ma è davvero una scelta discriminatoria? O piuttosto di una forma di riservatezza volta a tutelare la privacy dei clienti?
Un tempo era un gesto di galanteria, oggi per qualcuno è un simbolo di sessismo. Il “menu cieco” torna al centro del dibattito dopo la denuncia social della scrittrice Tea Hacic contro il ristorante Boeucc di Milano, ora sfociata in una causa per diffamazione. Ma dietro la vicenda giudiziaria resta una domanda più ampia: fino a che punto la cortesia può essere scambiata per discriminazione?
Il caso del “menu cieco”: il ristorante Boeucc di Milano
porta in tribunale la scrittrice Tea Hacic
Era il giugno del 2021 quando Tea Hacic, scrittrice americano-croata nota per la sua attività sui social, aveva raccontato un episodio avvenuto al ristorante Boeucc di Milano. Seduta a un tavolo del locale, le era stato consegnato un cosiddetto “menu cieco”, ossia l’elenco dei piatti senza indicazione dei prezzi - una consuetudine, ormai rara, che prevede la consegna del menu privo di listino alle signore. La scrittrice aveva definito la pratica sessista e anacronistica, denunciando pubblicamente l’accaduto sui propri canali social. Ora, a distanza di anni, lo storico ristorante di corso Monforte ha citato in giudizio Hacic per diffamazione.

Secondo quanto riportato, la scrittrice avrebbe invitato i suoi follower - oltre due milioni - a commentare negativamente le pagine social del ristorante, affermando: «Il ristorante Boeucc è sessista, danno il menu senza prezzi alle donne. Andate a commentare sulla loro pagina, per piacere». In un video pubblicato all’epoca, Hacic raccontava di aver reagito con disagio alla consegna del menu privo di prezzi: «Mi sono sentita offesa come donna, non è accettabile ricevere un menu senza costi indicati. Questa tradizione rappresenta un’oppressione». Il Boeucc, da parte sua, sostiene che l’appello della scrittrice abbia provocato una serie di recensioni negative online e un danno d’immagine per il locale, motivando così la decisione di procedere per via legale.
Un gesto di cavalleria che i tempi hanno superato
Sul tema interviene anche Alberto Presutti, Maestro di Bon Ton dell’Ospitalità e collaboratore di Italia a Tavola, che invita a distinguere tra il valore simbolico e l’impatto reale di questa tradizione. «Teoricamente, il menu senza prezzo andrebbe consegnato alle donne solo quando non sono da sole, cioè quando sono accompagnate da un cavaliere, per usare un termine classico. L’intento è quello di evitare imbarazzi legati alla scelta del piatto più costoso e di permettere alla signora di scegliere liberamente ciò che preferisce, senza dover considerare le possibilità economiche del proprio accompagnatore. È un modo gentile e delicato di gestire la situazione, che nasce da un gesto di attenzione e galanteria.

Naturalmente, non tutte le donne lo apprezzano, e questo dipende molto dalla sensibilità personale. A una donna sola non avrebbe senso consegnare un menu privo di prezzi, così come non sarebbe opportuno farlo in una cena tra sole donne. Tuttavia, ci sono situazioni particolari - come un compleanno o una cena romantica - in cui la discrezione può essere gradita, sempre valutando caso per caso». «Credo - conclude - che si tratti di un gesto di cavalleria che i tempi hanno in gran parte superato. Oggi la ricerca della parità tra uomo e donna rende più appropriato consegnare a entrambi lo stesso menu, con i prezzi ben visibili. Tuttavia, in alcuni contesti particolari, come i ristoranti pensati per coppie o per cene a lume di candela, questo tipo di attenzione può ancora essere percepito come un segno di stile e romanticismo, purché non venga imposto ma scelto liberamente».
Menu cieco, cosa dice la legge
Alessandro Klun, (collaboratore di Italia a Tavola e autore del libro "A cena con diritto nonché esperto di questioni legali relative al mondo della ristorazione) offre una panoramica anche dal punto di vista normativo: «In generale un menu privo di prezzi è contrario alla normativa italiana sulla trasparenza e visibilità dei prezzi che devono essere sempre esposti all’esterno del locale (affissione del listino o del menu con prezzi) o all’interno, nei menu consegnati ai clienti. Tutti i clienti devono poter conoscere i prezzi prima di ordinare, per poter decidere liberamente».

«Il menu senza prezzi per le signore era una vecchia usanza - prosegue -, nata in tempi in cui si dava per scontato che pagasse l’uomo al tavolo. Ora non esiste una norma specifica che vieta il blind menu per le donne, ma tale pratica parrebbe porsi in contrasto con norme di rango costituzionale, con il diritto a un’informazione chiara e trasparente sui prezzi e con il divieto di disparità di trattamento per motivi di genere. Se invece è il cliente stesso a chiedere volontariamente un menu senza prezzi - ad esempio per fare una sorpresa romantica e offrire la cena - non si configura alcuna violazione o contestazione, trattandosi di un servizio personalizzato».
Quando l’eleganza viene confusa con discriminazione
Insomma, il ristoratore ha ragione nel difendere la prassi adottata, a maggior ragione vista la campagna denigratoria messa in atto successivamente. Anziché apprezzare un servizio personalizzato, si è gridato allo scandalo e ad un presunto (e pretestuoso) sessimo. Se poi il menu senza prezzi fosse stato consegnato perché richiesto dall’accompagnatore, la critica avrebbe dovuto rivolgersi a chi ha organizzato e pagato la serata, non al personale del locale. Oggi non è più impensabile che sia una donna ad invitare a cena. Questo non modifica la natura dell’atto: chi invita - uomo o donna che sia - può legittimamente chiedere discrezione sul prezzo a vantaggio dell’ospite. Se chi invita non intende rendere noto l’importo della serata, richiedere un menu privo di prezzi è una scelta di riservatezza, non un atto discriminatorio.
Alla luce delle considerazioni emerse, non è tanto il “menu cieco” a essere il problema, quanto l’interpretazione che se ne dà. Oggi, in una società in cui una donna può invitare un uomo o un’altra donna, la cortesia di non mostrare il prezzo può essere una libera scelta, non una discriminazione. Scambiare la galanteria per sessismo - conclude simbolicamente il dibattito - rischia di essere un’interpretazione ideologica di un gesto che, se condiviso, resta solo una forma di eleganza.


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