Non di soli
cocktail
è fatto
il lavoro
del barman
I barman sono talmente impegnati a realizzare drink di tendenza da dimenticare un dettaglio fondamentale: il cliente deve essere protagonista, bisogna lavorare sull'accoglienza, proprio come insegnano le associazioni
La figura del barman oggi è sempre più complessa e specializzata. Una volta il barman era il “signore”, il maggiordomo del bar, in genere di grandi alberghi, che con la sua esperienza e le sue conoscenze accoglieva e intratteneva con classe la clientela. Oggi abbiamo il bartender esperto nel latte art e nella caffetteria, il flair bartender che con i suoi show lavora nei locali disco, il mixologist con barba e costumi vintage che con maestria propone i drink con ingredienti originali utilizzando attrezzature e tecniche innovative e infine tanti piccoli bartender gestori di locali che cercano di proporre specialità più originali dopo aver partecipato a corsi per barman o a masterclass.
Le associazioni professionali devono cercare di capire le esigenze di tutte queste categorie per diffondere appunto il concetto di qualità e crescita lavorativa. Senza dimenticare però che a prescindere da tutte queste categorie la scuola classica - concentrato di conoscenze costruito in oltre 200 anni di esperienze e storia - insegna che la figura del barman professionista deve incentrarsi innanzitutto sul valore umano della persona.
Il barman professionista deve essere onesto, umile, di buon umore e sorridente, deve avere un'ottima conoscenza delle lingue straniere, deve essere comunicativo e anche un po' psicologo, con una buona dimestichezza nell'accogliere e servire la clientela. Deve avere anche una buona conoscenza merceologica di tutti gli ingredienti e delle attrezzature e sapersi adattare al tipo di locale e agli usi e costumi dei diversi consumatori. Vi sembra facile? Sicuramente lo è meno che imparare a preparare dei cocktails.
Oggi c’è questa tendenza, soprattutto nelle nuove generazioni, ad imparare tutto in fretta grazie ai corsi, per mezzo di internet e dei social, ad inventarsi barman mixologist in un paio d’anni, lavorando magari in qualche locale alla moda, diventando così veri protagonisti della scena, sentendosi affermati e realizzati, dimenticando però, oltre a tutte le caratteristiche appena citate, il valore più importante: il cliente è il vero protagonista, il nostro dovere è fare in modo che lui si senta tale.
Per raggiungere la professionalità ci va tempo e pazienza, anni di lavoro e magari la fortuna di incontrare lungo la strada dei maestri non solo di cocktails, ma anche di vita. Ho conosciuto tanti giovani mixologist veramente bravi, ma si fermano lì: un locale bello e specializzato, cocktails originali e buoni. Se finissero in un albergo di un certo livello capirebbero che per esprimere qualità dovrebbero lavorare in sinergia con un direttore, uno chef, una governante e un maitre, comprenderebbero che il lavoro di squadra, dove tutti sono protagonisti nella loro arte, serve proprio a raggiungere lo scopo finale: la soddisfazione del cliente.
Non è facile stare a parlare per ore con i clienti, capire e seguire le loro esigenze, comunicare loro in lingua straniera o accontentare tutte le loro richieste, anche le più stravaganti. Chi riesce a fare tutto questo può definirsi davvero un professionista. È più facile diventare tale nel momento in cui ci si confronta con altri professionisti, più bravi o anche meno preparati, esperti o meno: lo scopo è allargare i propri orizzonti, perché da tutti c’è sempre qualcosa da imparare. L’Associazione di categoria, con la sua scuola classica, esiste proprio per questo.
Le associazioni professionali devono cercare di capire le esigenze di tutte queste categorie per diffondere appunto il concetto di qualità e crescita lavorativa. Senza dimenticare però che a prescindere da tutte queste categorie la scuola classica - concentrato di conoscenze costruito in oltre 200 anni di esperienze e storia - insegna che la figura del barman professionista deve incentrarsi innanzitutto sul valore umano della persona.
Il barman professionista deve essere onesto, umile, di buon umore e sorridente, deve avere un'ottima conoscenza delle lingue straniere, deve essere comunicativo e anche un po' psicologo, con una buona dimestichezza nell'accogliere e servire la clientela. Deve avere anche una buona conoscenza merceologica di tutti gli ingredienti e delle attrezzature e sapersi adattare al tipo di locale e agli usi e costumi dei diversi consumatori. Vi sembra facile? Sicuramente lo è meno che imparare a preparare dei cocktails.
Oggi c’è questa tendenza, soprattutto nelle nuove generazioni, ad imparare tutto in fretta grazie ai corsi, per mezzo di internet e dei social, ad inventarsi barman mixologist in un paio d’anni, lavorando magari in qualche locale alla moda, diventando così veri protagonisti della scena, sentendosi affermati e realizzati, dimenticando però, oltre a tutte le caratteristiche appena citate, il valore più importante: il cliente è il vero protagonista, il nostro dovere è fare in modo che lui si senta tale.
Per raggiungere la professionalità ci va tempo e pazienza, anni di lavoro e magari la fortuna di incontrare lungo la strada dei maestri non solo di cocktails, ma anche di vita. Ho conosciuto tanti giovani mixologist veramente bravi, ma si fermano lì: un locale bello e specializzato, cocktails originali e buoni. Se finissero in un albergo di un certo livello capirebbero che per esprimere qualità dovrebbero lavorare in sinergia con un direttore, uno chef, una governante e un maitre, comprenderebbero che il lavoro di squadra, dove tutti sono protagonisti nella loro arte, serve proprio a raggiungere lo scopo finale: la soddisfazione del cliente.
Non è facile stare a parlare per ore con i clienti, capire e seguire le loro esigenze, comunicare loro in lingua straniera o accontentare tutte le loro richieste, anche le più stravaganti. Chi riesce a fare tutto questo può definirsi davvero un professionista. È più facile diventare tale nel momento in cui ci si confronta con altri professionisti, più bravi o anche meno preparati, esperti o meno: lo scopo è allargare i propri orizzonti, perché da tutti c’è sempre qualcosa da imparare. L’Associazione di categoria, con la sua scuola classica, esiste proprio per questo.
di Ernesto Molteni
presidente ABI Professional
presidente ABI Professional
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