Per scalare
il Monte Bianco
servirà una cauzione
da 15mila euro. Proposta choc
o soluzione?
Il sindaco di Saint-Gervais, comune da cui parte la via normale francese, ha stabilito che chi vorrà raggiungere la vetta dovrà versare 15mila euro come cauzione per soccorsi e sepoltura in caso di incidente. Una decisione che riaccende di nuovo il dibattito sul turismo in alta quota e sulla leggerezza con cui molti lo affrontano
Se sia una decisione choc o una possibile soluzione lo dirà il tempo. Di certo però l'argomento farà discutere. Jean-Marc Peillex, sindaco di Saint-Gervais, comune da cui parte la via normale francese per scalare il Monte Bianco, ha emesso un'ordinanza che stabilisce che chi vorrà raggiungere la vetta dovrà versare una cauzione di 15mila euro, pari al costo medio dei soccorsi sommato alle spese di sepoltura della vittima in caso di incidente.
La decisione del primo cittadino arriva dopo una serie di allarmi inascoltati legati alla caduta di pietre nella zona del rifugio Gouter a causa della siccità. «Decine di "pseudo alpinisti" ignorano le raccomandazioni di non scalare il Monte Bianco dalla via normale francese - ha sottolineato - È inaccettabile che poi sia il contribuente francese a dover pagare i costi».
L'ordinanza del comune francese riaccende però il dibattito sulla montagna e sul modo di approcciarsi ad essa, che continua a fare discutere.
Alpinisti sul Monte BiancoLa montagna non è per tutti
Sia chiaro, non stiamo parlando di turismo montano nella sua interezza, ma di alpinismo. E in questo caso, non è di certo un segreto, la montagna non è un luogo per tutti. Per dirla in due semplici parole, servono sicurezza e senso del limite. Molto spesso però questo non accade. Per rendersene conto è sufficiente leggere qua e là l'infinita serie di articoli che raccontano di come, a causa della scarsa preparazione o dell'incoscienza, la montagna spesso diventi luogo di rischio, a volte anche fatale.
C'è chi si perde, chi parte senza adeguato equipaggiamento, chi viene sorpreso dal temporale, chi si fa male. In tutti questi casi è il Soccorso Alpino, pagato dai contribuenti, a dover intervenire.
E qui si torna a Saint-Gervais e al suo sindaco: e se la cauzione fosse una soluzione? Di certo potrebbe tenere lontano molti sprovveduti...
Il "problema" della libertà
Il passaggio non è però immediato. In primis, non esiste un "patentino" del buon alpinista. E nemmeno l'esperienza mette al riparo dai rischi della montagna. Andando oltre c'è però un altro problema, forse più filosofico, ma di certo non meno importante: la libertà.
Come già fatto notare in passato da diversi alpinisti, imporre divieti, limitare gli accessi e altre azioni simili cambierebbero il volto della montagna. Non più luogo selvaggio, distante dalla città e dai suoi rumori, ma spazio anch'esso limitato e formale.
La soluzione, come spesso accade, potrebbe essere un'azione culturale forte, che permetta di comprendere che il Monte Bianco e in generale le vette più alte non sono un parco giochi, una fotografia, ma nascondono insidie e, come sempre con la natura, esigono rispetto.
Il caso del K2
Tornando all'oggi, per comprendere come il tema sia caldo e discusso, c'è l'esempio del K2, la seconda montagna più alta della terra (8.611 metri), ma anche la più difficile da scalare. Eppure qualche settimana fa in 145 sono riusciti a raggiungere la sua vetta. Lo hanno in una sorta di viaggio di gruppo organizzato da agenzie che in precedenza avevano attrezzato la salita con grandi quantità di materiale, una linea di corda per la salita e un’altra per la discesa per evitare ingorghi. Insomma, la montagna, anche la più difficile, alla portata di tutti, un po' come già accaduto con l'Everest.
Un episodio che ha portato, inevitabilmente, con sé numerose polemiche, tra chi sostiene che non sia questa la strada da perseguire e chi si chiede cosa accadrebbe un seracco dovesse venire giù all'improvviso.
Il K2La consapevolezza
Uno spunto ulteriore lo forniscono le parole di Maria Magdalena Hochgruber Kuenzer, assessore al Paesaggio della provincia di Bolzano, pronunciate poco dopo l'incidente avvenuto al Lago di Braies, quando 14 persone, incuranti dei divieti, avevano camminato sul ghiaccio che cedendo li aveva fatti finire in acqua. Una tragedia sfiorata. «Qui siamo di fronte ad un fenomeno sociale mai visto prima - aveva dichiarato - Migliaia di persone che anche in questa stagione scelgono di andare a Braies per un selfie da pubblicare sui social e che non hanno nessuna conoscenza dell’ambiente montano in cui si trovano. Persone che non sanno valutare il pericolo di un lago ghiacciato in primavera. La questione di fondo rimane sempre la stessa: quale tipo di sviluppo territoriale vogliamo per la nostra provincia?».
In una parola: consapevolezza.
Il dibattito è aperto. Le soluzioni, però, sono ancora tutte da trovare. IAT
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