Allarme siccità:
-53% di neve sulle Alpi, ciliegi fioriti
e fave fuori stagione
Soffrono i fiumi e i laghi italiani che hanno già raggiunto lo stato di severità idrica “media” in tre dei sette distretti idrografici. Appello di Legambiente al governo e 8 proposte per una strategia idrica nazionale non più rimandabile. Intanto Coldiretti avverte: «Natura in tilt con i ciliegi in fiore e le prime fave pronte per la raccolta»
La siccità sta mettendo a dura prova fiumi e laghi italiani, una situazione tanto preoccupante da spingere Legambiente: «Se continuiamo di questo passo rincorreremo sempre le emergenze. Il governo definisca una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo che favoriscano l’adattamento ai cambiamenti climatici e la riduzione di prelievi e di sprechi d’acqua fin da subito».
L’associazione indica otto pilastri per dare gambe a questa road map idrica non più rimandabile
Corsi d'acqua e bacini in forte sofferenza, quasi in secca come la scorsa estate, mentre in montagna è scarsa la neve accumulata. È quanto sta accadendo in Italia, a metà febbraio, complice l’aumento delle temperature superiori ai valori di riferimento, le scarse precipitazioni e a una crisi climatica che non guarda in faccia a nessuno. Il risultato è una nuova ondata di siccità, o meglio un’emergenza siccità in realtà mai finita, denuncia Legambiente, con corsi d’acqua che hanno raggiunto uno stato di severità idrica “media” in tre delle sette autorità di distretto secondo gli ultimi bollettini emanati dalle stesse in questi ultimi mesi. Ossia il distretto idrografico del Fiume Po, quello dell’Appennino settentrionale e quello dell’Appennino centrale. Preoccupante anche la carenza di neve, con il 53% in meno sull’arco alpino, e in particolare il bacino del Po, con un deficit del 61%. (Fonte, CIMA Research Foundation).
L'appello al governo Meloni
Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi un appello al governo Meloni, indicando le priorità da mettere in campo a partire dalla definizione di una strategia nazionale idrica, strutturata in otto in punti, che abbia un approccio circolare con interventi di breve, medio e lungo periodo che favoriscano da una parte l’adattamento ai cambiamenti climatici, e dall’altro permettano di ridurre da subito i prelievi di acqua evitandone anche gli sprechi. Non sono più ammessi più ritardi. Bisogna cominciare a prevenire “l’emergenza idrica” che caratterizzerà sempre di più il nostro territorio smettendo di pensarci solo quando il danno è già stato fatto. A partire dai prossimi mesi, infatti, la domanda di acqua per uso agricolo si aggiungerà agli attuali usi civili e industriali che sono già sono in sofferenza e il fabbisogno idrico nazionale sarà insostenibile rispetto alla reale disponibilità.
Otto pilastri della strategia idrica
Otto i pilastri, per Legambiente, che devono stare al centro di questa strategia idrica nazionale per dare gambe ad una road map idrica non più rimandabile che abbia come obiettivo la riduzione dei prelievi e degli usi dell’acqua in tutti i suoi settori.
1) favorire la ricarica controllata della falda facendo in modo che le sempre minori e più concentrate precipitazioni permangano più a lungo sul territorio invece di scorrere velocemente a valle fino al mare;
2) prevedere l’obbligo di recupero delle acque piovane con l’installazione di sistemi di risparmio idrico e il recupero della permeabilità e attraverso misure di de-sealing in ambiente urbano; in agricoltura prevedendo laghetti e piccoli bacini;
3) servono interventi strutturali per rendere efficiente il funzionamento del ciclo idrico integrato e permettere le riduzioni delle perdite di rete e completare gli interventi sulla depurazione,
4) implementare il riuso delle acque reflue depurate in agricoltura attraverso le modifiche normative necessarie;
5) occorre riconvertire il comparto agricolo verso colture meno idroesigenti e metodi irrigui più efficienti;
6) utilizzare i Criteri Minimi Ambientali nel campo dell’edilizia per ridurre gli sprechi;
7) favorire il riutilizzo dell’acqua nei cicli industriali anche per ridurre gli scarichi inquinanti;
8) introdurre misure di incentivazione e defiscalizzazione in tema idrico, come avviene per gli interventi di efficientamento energetico, per tutti gli usi e per tutti i settori coinvolti.
Anno appena iniziato e situazione già preoccupante
«Il 2023 è appena iniziato, ma sta mostrando segnali preoccupanti in termini di eventi climatici estremi, livelli di siccità. Bisogna da subito ridurre i prelievi nei diversi settori e per i diversi usi prima di raggiungere il punto di non ritorno. Serve poi adottare una strategia idrica nazionale che abbia un approccio circolare – spiega Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – e che permetterebbe di rendere più competitiva e meno impattante l’intera filiera.
Non dimentichiamo che la transizione ecologica deve passare anche per il comparto idrico, oggi in forte sofferenza a causa soprattutto della crisi climatica. Una siccità prolungata comporta danni diretti derivanti dalla perdita di disponibilità di acqua per usi civili, agricoli e industriali ma anche perdita di biodiversità, minori rese delle colture agrarie e degli allevamenti zootecnici, e perdita di equilibrio degli ecosistemi naturali. Da non sottovalutare, inoltre, il contributo che la neve apporta all’approvvigionamento idrico. La scarsa copertura nevosa unita alla fusione anticipata delle nevi condizioneranno pesantemente le capacità dei bacini idrografici nei prossimi mesi primaverili e estivi. Per questo è fondamentale prevedere più risorse per il settore idrico, a partire da un miglior indirizzamento di quelle del Pnrr. Solo così potremmo evitare di rincorrere le emergenze».
Stress idrico in costante crescita
Legambiente ricorda che l’Italia – con oltre 33 miliardi di metri cubi di acqua prelevata per tutti gli usi ogni anno – è nel complesso un Paese a stress idrico medio-alto secondo l’OMS, poiché utilizza il 30-35% delle sue risorse idriche rinnovabili, con un incremento del 6% ogni 10 anni. Una tendenza che, unita a urbanizzazione, inquinamento ed effetti dei cambiamenti climatici, come le sempre più frequenti e persistenti siccità, mette a dura prova l’approvvigionamento idrico della penisola. Secondo i dati diffusi dallo GIEC (Gruppo Intergovernativo degli Esperti sul Cambiamento Climatico), all’aumento di un grado della temperatura terrestre corrisponde una riduzione del 20% della disponibilità delle risorse idriche.
Caldo anomalo e mancanza di piogge: natura in tilt
Fiumi e laghi patiscono la mancanza d'acqua mentre la natura sta già dando segni di un precoce risveglio. Il caldo anomalo e la prolungata assenza di precipitazioni manda la natura in tilt con i ciliegi già in fiore e le prime fave pronte per la raccolta, mesi prima dell’appuntamento del primo maggio, nelle campagne dove per la siccità sono a rischio le semine primaverili. E’ quanto emerge dal monitoraggio delle Coldiretti sugli effetti del vasto campo di alta pressione destinato a durare per giorni con alte temperature senza precipitazioni. Le coltivazioni ingannate dal clima sono in anticipo con gli ortaggi in maturazione precoce e le piante da frutto che – sottolinea la Coldiretti – iniziano a fiorire fuori stagione con il rischio che il probabile ritorno del freddo e del gelo distrugga poi i raccolti.
Nel 2022 il 33% di pioggia in meno
Con il caldo si estende l’allarme siccità dopo un 2022 che ha registrato il 30% di pioggia in meno, l’assenza nel 2023 di precipitazioni significative con una temperatura a gennaio superiore di 0,96 gradi rispetto alla media storica lungo la penisola, secondo l’analisi Coldiretti su dati Isac Cnr. L’anomalia – precisa la Coldiretti – è più evidente al nord dove lo scorso anno sono cadute il 40% di precipitazioni in meno e la temperatura a gennaio 2023 è risultata di ben1,41 gradi superiore alla media. Alla vigilia delle semine il fiume Po è a secco e al Ponte della Becca (Pavia) si trova a -3,3 metri rispetto allo zero idrometrico, con le rive ridotte a spiagge di sabbia come in estate, secondo l’ultima rilevazione della Coldiretti. Lo stato di magra del più grande fiume italiano – sostiene Coldiretti – è rappresentativo delle difficoltà in cui si trovano tutti gli altri corsi d’acqua del settentrione con i grandi laghi che hanno percentuali di riempimento che vanno dal 39% del Lago di Garda al 39% di quello Maggiore fino ad appena al 21% di quello di Como ma si registra anche lo scarso potenziale idrico stoccato sotto forma di neve nell’arco alpino ed appenninico.
La situazione – sottolinea la Coldiretti – è peggiore di quella dello scorso anno quando si è registrato una perdita di almeno 6 miliardi di euro nei raccolti per la siccità. Quest’anno verranno coltivati quest’anno in Italia quasi 8mila ettari di riso in meno per un totale di appena 211mila ettari, ai minimi da trenta anni, secondo sulla base delle previsioni di semina. E preoccupano – continua la Coldiretti – anche le semine di mais necessario per garantire l’alimentazione del bestiame per la produzione del latte dal quale nascono i grandi formaggi, dopo gli sconvolgimenti che ci sono state sul commercio internazionale a seguito della guerra in Ucraina.
Lago di Garda al 39% di riempimentoDal bacino del Po – precisa la Coldiretti – dipende 1/3 del Made in Italy a tavola che si produce proprio della Pianura Padana dove si concentra anche la metà dell’allevamento nazionale. Dal grano duro per la pasta alla salsa di pomodoro, dai grandi formaggi come Parmigiano reggiano e il Grana Padano ai salumi più prestigiosi come il prosciutto di Parma o il Culatello di Zibello fino alla frutta e alla verdura la produzione della food valley – ricorda la Coldiretti – rappresenta la punta di diamante del Made in Italy alimentare in Italia e nel mondo.
Invasi per contrastare la siccità
«Di fronte al cambiamento climatico è necessario realizzare un piano invasi per contrastare la siccità ed aumentare la raccolta di acqua piovana oggi ferma ad appena l’11%» sostiene il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel precisare che «Insieme ad Anbi e soggetti pubblici e privati abbiamo pronti una serie di interventi immediatamente cantierabili che garantiscono acqua per gli usi civili, per la produzione agricola e per generare energia pulita. Un intervento necessario – continua Prandini – anche per raggiungere l’obiettivo della sovranità alimentare con l’aumento della produzione Made in Italy, la riduzione della dipendenza dall’estero e la fornitura di prodotti alimentari nazionali di alta qualità e al giusto prezzo. «Gli agricoltori sono impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti, ma non deve essere dimenticato che l’acqua è essenziale per mantenere in vita sistemi agricoli senza i quali è a rischio la sopravvivenza del territorio, la produzione di cibo e la competitività dell’intero settore alimentare». iat
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