Papa Francesco,
la fede a tavola:
dal dulce de leche
alla Laudato si'
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Papa Francesco, prima di laurearsi in Filosofia e Teologia, si era diplomato in Chimica degli Alimenti. Il cibo e la cucina hanno avuto per lui un ruolo importante. Il rapporto del Pontefice, scomparso lunedì 21 aprile e i cui funerali si terranno sabato 26 aprile, con il cibo raccontava molto più di semplici abitudini alimentari. Dalle radici argentine ai piatti della tradizione italiana, passando per i valori di sobrietà, convivialità e attenzione agli ultimi, il Santo Padre offriva una visione del cibo come spazio di incontro, gesto di cura e segno di responsabilità collettiva. Un approccio che univa memoria familiare, spiritualità e sostenibilità, e che può ispirare anche chi oggi lavora nel mondo della cucina e dell'ospitalità. Ma anche la sostenibilità e la lotta agli sprechi erano al centro del suo messaggio, oggi più che mai attuale in occasione della Giornata della Terra che si celebra il 22 aprile, il giorno dopo la sua scomparsa.
Papa Francesco, i suoi piatti preferiti
Nato nel quartiere di Flores a Buenos Aires, Papa Francesco mostrava un legame naturale con la cucina argentina. Tra i suoi piatti abituali c'erano le empanadas, fagottini di pasta ripieni che acquistava spesso, sia con carne che con formaggio, prosciutto o altri ingredienti. Quanto ai dolci, Papa Francesco prediligeva quelli che gli ricordavano la cucina casalinga. Roberto Alborghetti nel suo libro “A tavola con Papa Francesco (Mondadori Electa) scriveva che il Pontefice era affezionato ai dolci della nonna Rosa e della madre Regina María, tra cui le torte al cioccolato. Tra i dolci citati anche gli alfajores, biscotti ripieni di dulce de leche. Lo chef David Geisser raccontava un episodio legato a questo dolce: «Papa Francesco sorrise, rientrò in casa e tornò fuori con un piccolo dolce. Sorridendo, me lo porse e disse che sperava potesse “rendere la giornata un po' più bella”». E, ovviamente, non poteva mancare il mate.Pur essendo cresciuto in Argentina, il legame con la cucina italiana era forte. I genitori del Papa erano immigrati italiani, e tra i piatti a lui cari c'era la bagna càuda, una salsa calda a base di aglio, acciughe, burro e olio d'oliva. «Si può dire che la bagna càuda fosse un simbolo del rituale conviviale», scriveva Alborghetti, «conversazioni, gesti e storie prendevano vita attorno a un contenitore al centro della tavola». Non mancava, infine, un riferimento alla pizza, uno dei cibi più amati dal Papa. In un passaggio del libro, veniva riportata questa frase: «Se avessi un solo desiderio, quale sarebbe? L'unica cosa che mi piacerebbe è uscire un giorno, senza essere riconosciuto, e andare in pizzeria a mangiare una pizza». E, a proposito di pizza, durante l'incontro con i ragazzi di PizzAut, il ristorante gestito da ragazzi autistici, il Santo Padre disse: «Voi state dimostrando che il buon samaritano può essere una persona disabile».
Papa Francesco: come erano i pasti del Pontefice
Il Papa non pranzava mai da solo nel proprio appartamento, ma preferiva mangiare nella sala da pranzo comune di Casa Santa Marta - dove il Santo Padre aveva deciso di alloggiare in luogo del Vaticano -, insieme agli altri ospiti. Chi aveva avuto modo di soggiornare nella residenza vaticana, raccontava spesso con sorpresa l'esperienza di trovarsi, già al momento della prima colazione, seduto a pochi metri dal Pontefice, in un contesto di assoluta informalità.
Nel refettorio di Casa Santa Marta, il Papa non aveva un posto fisso. La sua posizione a tavola variava in base alla presenza di ospiti e al livello di formalità richiesto. Quando non erano previsti incontri con capi di Stato o delegazioni ufficiali, condivideva i pasti con il suo segretario personale. In altre occasioni, pranzava con cardinali o responsabili di dicasteri vaticani. Quando erano presenti figure istituzionali, come ad esempio capi di Stato, l'atmosfera diventava più formale. Il ristorante interno della Casa offriva un buffet di antipasti e dolci, mentre le portate principali venivano servite al tavolo. L'ambiente favoriva la conversazione conviviale, e il Papa utilizzava quei momenti per mettere a proprio agio i commensali. A tavola, diceva spesso, era più facile creare sintonia e costruire relazioni, anche nel dialogo con interlocutori di culture o fedi diverse.
Papa Francesco, il significato del cibo
Don Pierluigi Plata, sacerdote e teologo, ha analizzato il rapporto di Papa Francesco con il cibo nel volume "Apparecchiare la santità. Il cibo nella predicazione di Papa Francesco". Nel libro, Plata spiega come il Papa attribuisca un valore simbolico a vari alimenti, utilizzandoli per trasmettere messaggi spirituali. Per esempio, la gioia è associata al pane, la speranza al pesce, e la fede alla torta. Nel volume, si parla anche di un "menù spirituale", in cui il Papa suggerisce di scegliere prodotti genuini, come il pane, la pasta e il pesce, simbolo di Gesù. Il dolce, come i biscotti fatti dalla nonna, è utilizzato dal Papa per parlare di fede, dicendo che la fede non deve essere un "opzionale", come la panna sulla torta.
Plata commenta anche come Papa Francesco usi metafore legate al cibo per riflettere sul comportamento umano, come nel caso delle merendine, simbolo di spiritualità superficiale che non nutre realmente. Infine, il Papa enfatizza l'importanza dell'acqua come risorsa fondamentale, associandola anche allo Spirito Santo e al battesimo. L'acqua, tuttavia, deve essere pura e non stagnante, per evitare che diventi dannosa, come accade quando le tradizioni o le pratiche diventano obsolete e statiche.
Papa Francesco, l'ospitalità: una tavola che accoglie
Nel 2020, durante l'omelia dei Vespri nella Solennità della Conversione di San Paolo, Francesco aveva ricordato il significato dell'ospitalità cristiana, richiamandosi al viaggio dell'Apostolo e al suo naufragio a Malta. In quel racconto, tratto dagli Atti degli Apostoli, gli abitanti dell'isola accolgono i naufraghi con gentilezza. Il Papa aveva sottolineato: «Alla tavola di una casa cristiana c'è sempre un piatto di minestra per l'amico di passaggio o il bisognoso che bussa». Aveva poi aggiunto che questa tradizione è ancora viva in molti luoghi e che i gesti di condivisione sono parte dell'identità cristiana, anche quando si tratta di accogliere fratelli di confessioni diverse. Secondo Francesco, questa visione dell'ospitalità nasce dalla consapevolezza che ogni comunità ha qualcosa da offrire all'altra. Come nel racconto del naufragio, dove ogni passeggero contribuisce alla salvezza collettiva, anche tra i cristiani ogni Chiesa può essere portatrice di un dono, se vissuto con spirito di condivisione. Quindi aveva osservato: «Più guardiamo al di là degli interessi di parte e superiamo i retaggi del passato, più ci verrà spontaneo riconoscere, accogliere e condividere questi doni».
Francesco nell'occasione avava inoltre evidenziato il ruolo di chi ha meno, spesso capace di trasmettere messaggi fondamentali, ricordando inoltre che l'Apostolo Paolo, pur essendo prigioniero e quindi in posizione di fragilità, è stato il primo a rassicurare l'equipaggio della nave in difficoltà. «Dio ama mandare i suoi messaggi attraverso i piccoli e i poveri», ha detto il Papa, indicando che la ricchezza spirituale può emergere proprio da quelle comunità o persone considerate marginali. Il Papa aveva richiamato l'attenzione su uno stile di vita fatto di apertura e ascolto, che trova spazio anche nel modo di preparare la tavola, accogliere un ospite, cucinare per chi ha bisogno: un messaggio che tocca anche chi lavora nel mondo della cucina e dell'ospitalità. Incoraggiando a recuperare un'idea di convivialità semplice ma significativa. Francesco aveva concluso: «È nostro dovere attuare il desiderio prioritario di Dio, il quale vuole che tutti siano salvati. Se assimiliamo questa visione, possiamo superare le nostre divisioni».
Papa Francesco, il cibo è convivialità
Il legame tra il cibo e la dimensione umana e spirituale della condivisione emergeva anche nei riferimenti culturali del Papa. Il suo film preferito era “Il pranzo di Babette”, che citava anche nel documento “Amoris Laetitia” come esempio di generosità che si esprime attraverso il cibo. Scriveva: «Va ricordata la felice scena del film “Il pranzo di Babette”, dove la generosa cuoca riceve un abbraccio riconoscente e un elogio: “Come delizierai gli angeli!”. È dolce e consolante la gioia che deriva dal procurare diletto agli altri, di vederli godere».
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Il Papa sottolineava come questa gioia non derivasse dalla vanità, ma dal desiderio autentico di fare del bene all'altro attraverso piccoli gesti quotidiani, come il cucinare o il servire un pasto. Papa Francesco associava spesso il cristianesimo all'esperienza conviviale. Diceva: «Il cristianesimo ha a che fare con la convivialità», ribadendo come il pasto condiviso fosse un momento carico di significati, anche spirituali. Per lui, non si trattava solo di mangiare insieme, ma di accogliere l'altro, creare relazioni e vivere la fede anche nei gesti più semplici, come offrire un piatto caldo a chi ne ha bisogno. Secondo il pontefice, la convivialità era «l'attitudine a condividere i beni della vita e ad essere felici di poterlo fare». Condividere e saperlo fare era, per lui, «una virtù preziosa». E la tavola domestica ne diventava la vera icona: «il simbolo della famiglia riunita». Durante le occasioni speciali - un compleanno, un anniversario o un momento di festa - le famiglie si ritrovavano attorno alla tavola. In alcune culture, accadeva anche durante un lutto, come gesto di vicinanza verso chi stava affrontando un dolore.
La condivisione del pasto, spiegava il Papa, non riguardava soltanto il cibo. Era anche un'occasione per condividere affetti, racconti, eventi della giornata: una sorta di rituale quotidiano che rafforzava la relazione tra i membri della famiglia. Papa Francesco osservava che la convivialità familiare poteva essere anche un termometro dei rapporti. «Se in famiglia c'era qualcosa che non andava, o qualche ferita nascosta, a tavola si capiva subito». Quando i pasti venivano consumati in silenzio, con la televisione accesa o gli smartphone in mano, secondo il Papa si trattava di un segnale chiaro: «una famiglia che non mangiava quasi mai insieme, o in cui a tavola non si parlava, era una famiglia 'poco famiglia'». E ancora, aggiungeva: «quando i figli erano attaccati al computer o al telefono e non si ascoltavano tra loro, questo non era famiglia».
Papa Francesco, il cibo come dono e responsabilità
Nell'enciclica “Laudato si'”, pubblicata nel 2015, Papa Francesco ha dedicato ampio spazio al tema del cibo, inserendolo in una riflessione più ampia sull'ecologia integrale. Questo approccio considera il legame tra ambiente, relazioni sociali, giustizia e spiritualità, mettendo in evidenza il ruolo del cibo non solo come nutrimento, ma anche come bene relazionale e simbolico. Fin dalle prime pagine, il testo invita a rivalutare il rapporto con la terra, descritta come una madre che nutre e sostiene. Il cibo, frutto del lavoro umano e della generosità del creato, non dovrebbe essere ridotto a semplice merce. L'enciclica propone un cambiamento culturale, in cui è l'essere umano a doversi adattare al rispetto per il cibo, e non il contrario.
Papa Francesco, la sostenibilità al centro
Uno dei passaggi centrali del testo è la condanna della “cultura dello scarto”. Buttare cibo non è solo un gesto incosciente, ma un segnale di disattenzione verso chi soffre la fame e verso il creato. Il Papa afferma che il cibo sprecato è cibo sottratto ai poveri, e richiama alle proprie responsabilità sia i cittadini che gli attori della grande distribuzione. Il testo propone una revisione dei nostri stili alimentari, promuovendo il consumo di prodotti locali, stagionali e sostenibili. Ogni atto di acquisto alimentare ha ricadute ambientali e sociali, e il Papa invita a riconoscere nel cibo anche una scelta politica. Una dieta sobria e legata ai territori può essere parte di una risposta alla crisi ecologica.
Un'altra riflessione importante riguarda la valorizzazione dell'agricoltura contadina e di piccola scala. A differenza del modello industriale, le realtà agricole locali favoriscono la qualità del cibo, il rispetto dell'ambiente e un rapporto diretto tra chi produce e chi consuma. Il sostegno a queste pratiche passa anche da scelte quotidiane, come l'acquisto diretto dai produttori. Inoltre sottolineava come le attuali crisi ambientali - cambiamento climatico, deforestazione, perdita di biodiversità - siano strettamente connesse ai nostri modelli alimentari. Continuare a produrre e consumare come se le risorse fossero illimitate è insostenibile. Serve una conversione ecologica che includa anche il modo in cui mangiamo.
Papa Francesco, l'educazione alimentare e il ruolo della ristorazione
Anche per questo, il pontefice sottolineava la necessità di un'educazione alimentare diffusa. Le scuole, le famiglie, i media e il mondo della ristorazione possono contribuire a una cultura del cibo più consapevole, sobria e rispettosa. Anche la cucina professionale può farsi portavoce di questi valori, promuovendo una gastronomia etica. Papa Francesco, in quel testo, richiamava anche l'attenzione su gesti semplici: ringraziare prima di mangiare, consumare i pasti con lentezza, condividere con chi ha meno. Azioni quotidiane che possono aiutare a contrastare l'individualismo e a restituire significato al momento del pasto.
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