Dogajolo e Appodiati
I mille volti del Sangiovese
Il Sangiovese è la varietà di vite più coltivata in Italia, dove è considerata autoctona.
I numerosi sinonimi (Brunello di Montalcino, Prugnolo gentile per il Vino Nobile di Montepulciano, solo per citarne due tra i più famosi), suggeriscono che il Sangiovese sia evidentemente un vitigno molto antico. Ma quali sono le sue relazioni con altre varietà di vite? Ed è possibile stabilire quale sia l'origine di questa cultivar?
L'analisi del DNA può fornire molti indizi, soprattutto studiando i cosiddetti "marcatori microsatelliti" che permettono di provare la discendenza da incrocio. La ricerca ha messo a confronto i dati molecolari del Sangiovese con un data base di 2.000 varietà di vite di tutto il mondo, portando all'individuazione di legami genetici con Palummina Mirabella e Calabrese Montenuovo. Entrambi i vitigni campani condividono molte caratteristiche con il sangiovese, tanto da far risalire a un grado di parentela diretto. Lo studio, tra l'altro, ha portato a identificare anche una certa parentela tra Sangiovese e Barbera piemontese, come se fossero 'cugini'.
"Si tratta di una scoperta di grande valore scientifico e culturale - afferma Paolo Benvenuti, direttore dell'Associazione nazionale Città del Vino - che rimescola un po' le carte e che arricchisce ulteriormente lo studio portato avanti nell'ambito del progetto "Vinum" sostenuto anch'esso dall'Associazione Città del Vino, dal professor Attilio Scienza, dall'Università di Milano, e dal Dipartimento di Etruscologia coordinato da Andrea Zifferero dell'Università di Siena.
Oggetto di studio del progetto Vinum è la vitis vinifera silvestris, in particolar modo associata ai resti di antichi luoghi di vinificazione dell'Etruria centrale: in sostanza, l'archeologia applicata alla vitivinicoltura."
È quindi la Toscana la zona che più di ogni altra ha saputo esaltare le caratteristiche di questo vitigno, e qui la cultura enologica italiana ha dato vita a quei vini che da sempre sono sinonimi della tradizione enologica della penisola. Se fino a qualche decennio fa si puntava più sul nome storico dei vini, le nuove conoscenze e tecnologie del settore - in primo piano la zonazione del territorio - hanno permesso di realizzare in terra toscana vini che, partendo da questo vitigno, dimostrino l'estrema duttilità e potenzialità dello stesso. Giovane o invecchiato, il sangiovese si è un vitigno dai mille volti. Accanto ai classici Chianti, vino Nobile e Brunello - punte di diamante dell'enologia toscana - la Carpineto da anni si impegna nella realizzazione di vini con ottimi rapporti qualità prezzo che valorizzino il sangiovese sia in purezza sia negli uvaggi.
"Volevamo un vino 'importante' per una clientela giovane, un vino intrigante che esaltasse il territorio senza risultare troppo impegnativo. Abbiamo realizzato un vino che superara le nostre stesse aspettative, che ha convinto e che è già indicativo per la nostra azienda".
Il Dogajolo: un uvaggio sangiovese-cabernet sauvignon nato dall'idea di Giancarlo Sacchet di realizzare un vino fruttato, non invecchiato, che convincesse soprattutto i giovani. Già nel nome rivela la vena morbida e seducente che lo caratterizza, che invita a berlo senza impegno, da soli o in compagnia. Un carattere fresco e dinamico, un corpo che avvolge senza risultare invadente. Dedicato ai giovani, il Dogajolo ha innanzitutto convinto la critica internazionale e si è imposto come un ottimo prodotto con stupefacente rapporto qualità prezzo. A ventuno anni dalla prima uscita (il debutto risale al 1993) il Dogajolo oramai è un piccolo "mito" di casa Carpineto, un'innovativa interpretazione di un uvaggio che oramai è un classico in terra toscana: il matrimonio tra sangiovese e cabernet sauvignon.
Gli Appodiati
Nella storica zona di Montepulciano si trovano invece due degli Appodiati: Molin Vecchio e Poggio Sant'Enrico.
Molin Vecchio è un vigneto di proprietà: cinque ettari (167 pertiche) situati a un altitudine di 290-320 metri sul livello del mare. La posizione privilegiata sul versante meridionale con una leggera pendenza, la storicità del territorio e il terreno, argille limose intercalate a sabbie offrono le condizioni pedoclimatiche ideali per la realizzazione di un vino veramente unico. Molin Vecchio è un uvaggio sangiovese (70%), cabernet sauvignon (10%) e shyra (20%) nel quale le spiccate caratteristiche del sangiovese vengono ammorbidite ed esaltate dalla presenza dei due vitigni.
La sosta in piccole botti di rovere francese e americano per quasi dodici mesi e l'affinamento in bottiglia per 31 mesi hanno dato vita a un vino di grande potenzialità di invecchiamento, dal colore intenso con una forte concentrazione antocianica, intenso bouquet di more e liquirizia con un fondo di vaniglia al naso e avvolgente e morbido al palato. Un grande toscano che conferma le altissime potenzialità territoriali di questa zona.
Di pari interesse il vino prodotto nel secondo Appodiato di Montepulciano, il Poggio Sant'Enrico. Due i vigneti: il Poggio Sant'Enrico piccolo, risalente al 1975, con una superficie totale di 1,33 ettari e il Poggio Sant'Enrico grande, realizzato nel 1995 che copre una superficie di 3,65 ettari.
Qui si è voluto dare spazio al vitigno principe della toscana, e forse il vitigno autoctono più diffuso dello stivale, il sangiovese. Una selezione clonane particolare e la giusta scelta del portainnesto, realizzati dopo un'attenta analisi territoriale hanno permesso di realizzare un vino che, oltre a sedurre per le spiccate caratteristiche organolettiche, riesca a evidenziare la sinergia tra vitigno e terroir.
In questo contesto la vinificazione, la fase di invecchiamento e l'affinamento in bottiglia (senza che il vino subisca qualsiasi genere di trattamenti né di filtrazioni), consentono di assaporare appieno il potenziale di questo vitigno. Fin dalla prima degustazione si sono evidenziate le caratteristiche note di testa prugnose, supportate da aromi terziari che rievocano il pepe nero e la caratteristica vaniglia. Consistente e intenso al palato il poggio Sant'Enrico viene considerato un matrimonio perfetto "fra la leggerezza dell'essere tipica del Vino Nobile e la profondità di un Brunello".
In commercio dal 2003, entrambi i vini hanno subito convinto i migliori "nasi" che il mondo della critica enologica conosca, e rientrano tra le migliori produzioni italiane a livello mondiale.
Da Wine Entusiast a Decanter, il parere è unanime: ci troviamo di fronte a due Igt (vini a indicazione geografica tipica) che presentano il carattere, l'intensità cromatica e aromatica dei grandi Docg toscani, a testimonianza sia dell'alto potenziale territoriale e la specializzazione dell'enologia italiana.
Più a nord, sulle pendici collinari fra il Valdarno e il Chianti, a due passi da Firenze, troviamo Gaville. La struttura risale all' XI secolo ed è un classico esempio si architettura agricola dell'età carolingia. A San Chirico di Sillano si trovano i due vigneti di proprietà della Carpineto (per una superficie totale di cinque ettari) che danno vita al Sillano, il terzo vino del progetto Gli Appodiati.
Il terreno è costituito da scisti argillosi, marne e calcari, arenarie e depositi argillosi-sabbiosi, un substrato ideale per sangiovese. Il cabernet sauvignon (che partecipa all'uvaggio per un 40%) deriva da un sovrainnesto di vecchie viti con gemme provenienti dall'appodiato di Montepulciano. L'intero processo di vinificazione si svolge nelle cantine di Dudda, fino al termine dei 31 mesi di affinamento in bottiglia.
Ne deriva un vino ricco e complesso in piena evoluzione aromatica, dove i sentori di sottobosco sono felicemente supportati da note spezziate di cacao, caffè e vaniglia; esaltante al palato e di lunga persistenza.
Tre vini che, partendo dal vitigno che è simbolo della toscana e che da vita ai grandi della regione, dimostrano la versatilità e la tipicità del sangiovese.
Un prodotto di grande pregio e struttura, elegante, classico e al contempo innovativo richiede una "veste" che ne esalti lo stile. Una bottiglia di vetro pesante e molto scuro per preservare il vino dalla luce e i migliori tappi presenti sul mercato.
Singolare l'etichetta: una carta "vergatina o bombagina", fabbricata a mano artigianalmente seguendo metodi che risalgono al XIV secolo; i caratteri tipografici con grafia semplice - quasi essenziale - esaltano a livello visivo l'elegante e la classica linearità del prodotto.
Le due linee di casa Carpineto, Dogajolo e Appodiati, pur partendo da vitigni divenuti classici nella combinazione, si differenziano notevolmente e rappresentano diverse interpretazione territoriali. Frutto del tempo e del lavoro dell'uomo, già lasciano intuire nella presentazione e nel loro nome le differenti filosofie aziendali che ne stanno alla base.
Giovane, dinamico, intrigante il Dogajolo; eleganti, classici e importanti gli Appodiati: variazioni sul tema sangiovese che ne evidenziano i mille volti e la grande capacità evolutiva.
Nicoletta Brustolon
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