mercoledì 28 gennaio 2015

NEL NOME DEL RIPASSO: VILLA GIRARDI

Nel nome del Ripasso
Un Superiore fra i superiori


Scorrendo un po’ di pagine del web che parlano del Valpolicella  Ripasso,
vino ottenuto dall’antica intuizione dei vitivinicoltori del veronese di far passare il Valpolicella base nei tini dove prima s’è pigiato l’Amarone o il Recioto, si legge che più d’uno, tra voi umani, definisce il Valpolicella Ripasso come fratello minore o cuginastro dell’Amarone. Altri, tirano in ballo la definizione di Amarone Baby, coniata per gli anglosassoni, altri ancora, lo chiamano piccolo amarone e via scrivendo. Evocando così, nella mente di molti umani che leggono da inesperti, di avere di fronte un vino che, descritto in tal modo, non può che apparire come inferiore all’Amarone o al Recioto, dimenticando che il cosiddetto processo di ripasso, da cui il secondo nome per il Valpolicella, non è che un arricchimento per  questo rosso Doc.
Che ad esclusione di qualche cialtronata da enologo senza Dio, è già buono di suo. Non solo, Amarone è Amarone, Recioto è Recioto e  Valpolicella Ripasso è Valpolicella Ripasso, meglio ancora se Superiore. Questo checché ne possano dire i vari detrattori che lo vorrebbero come vino “furbo”, prodotto solo per accontentare quelle fasce intermedie di consumatori dai portafogli poco pingui per l’Amarone ma sufficientemente robusti per un vino oltre il Valpolicella Doc.

Il Valpolicella che va oltre

Il Valpolicella che va oltre Ecco, la definizione che più mi aggrada per il Ripasso, potrebbe essere proprio questa: un rosso Doc della Valpolicella che va oltre.  A maggior ragione se a metterlo in bottiglia sono uomini che della Valpolicella, intesa come straordinaria terra di vigne e uve generose, ne conoscono tutte le pieghe o quasi. Generazioni di vignaioli che da più di cent’anni accudiscono vigne di Corvina, Corvinone, Rondinella ma anche Forselina, Negrara, Oseleta e Molinara. Uscita, quest’ultima, dal disciplinare del Ripasso come obbligatoria  ma comunque permessa alla stregua di tutte le altre, nelle diverse percentuali. Tutte uve di questa terra veronese baciata dalla vocazione del fare vini di prima grandezza che non concorrono solo ad originare il Valpolicella Ripasso ma gli stessi Amarone e Recioto. Vini tanto diversi quanto è giusto che lo siano quanto più diverse sono le mani di chi va in vigna e in cantina.
Soprattutto, come anticipato, se portano  il cognome Tommasi e che, come avviene da generazioni, non sono certo gli ultimi arrivati quando è ora di mettere in bottiglia un vino come ad esempio il Bure Alto. Un Valpolicella Ripasso dei tenimenti Villa Girardi con il quale mi sono davvero deliziato il becco durante una cena organizzata per giornalisti, esperti e merli parlanti al seguito. Un gustoso desinare dove, ad accompagnare un sapido guazzetto di cozze con ristretto di pomodoro, un pasticcio di erbe selvatiche di campo con crostacei rossi e una frittura di pesci bianchi con dessert firmato Loison, in tavola, insieme a bollicine e bianchi di altri produttori, c’era pure una bottiglia di questo rosso. In compagnia pure di un suo fratello di cantina. Non a denominazione d’origine controllata come il Bure Alto, ma IGT. Questo per via della sua contaminazione di uve merlot nel blend di Corvina e Rondinella: il Great. Un rosso veronese molto beverino e simpaticamente ruffiano del quale però, anche se da merlo è quasi scontata la mia simpatia, data la composizione, non ve ne dirò in queste righe proprio per non perdere di vista il Ripasso Bure Alto di Villa Girardi.

Due annate già con la grinta di famiglia
 Due annate già con la grinta di famiglia Versato nei bicchieri da due bottiglie di annate diverse ma entrambi dai marcati profumi di frutta rossa e scura; ben speziati di pepe nero ma non così forte da far perdere la ciliegia. Che, con la prugna e i suoi richiami, al naso e al palato, presentano questo rosso rubino come un vero e proprio ambasciatore del buon bere. Pulito e di buona lunghezza, pur senza essere oltremodo complesso, rivela una  sua inclinazione all’ottimo inseguendo il tempo che passa. Meglio berlo, dunque,  il più lontano possibile dalla sua vendemmia. Specie se volete aumentarne il punteggio come vien da fare per il Ripasso 2012. Già sulla tacca dei 16 punti e oltre, grazie anche alla buona fedeltà alla Valpolicella, sua terra nativa.
Franco Tommasi
Va detto, per curiosità non da poco, che tornato qualche giorno dopo nel ristorante di pesce dove s’era svolto il convivio, e trovate due bottiglie, appena sboccate e non “asciugate” durante l’evento, ma ben richiuse con il loro tappo, non sapendo resistere, ho ritinto il becco: meraviglia. L’ossigeno assorbito nei giorni successivi alla prima stappatura ne aveva arricchito, arrotondandoli equilibratamente, profumi e sapori. Anche per il Ripasso, ancora sbarbatello, del 2013 con l’etichetta ridisegnata ma già pieno della grinta di famiglia. Come se il ritappo operato dalla parsimoniosa sommelier del ristorante, fosse stato  inconsciamente previsto dalla logica del ripasso...metodo Tommasi.
vinoecibo

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