sabato 14 giugno 2014

PASTA GAROFALO DIVENTA (52%) SPAGNOLA

Il 52% di Garofalo passa a Ebro Foods 
All'estero marchi per oltre 10 miliardi


Ebro Foods entrerà nel capitale sociale del Pastificio Garofalo con un investimento di circa 62 milioni di euro.
Il valore dei marchi dell’agroalimentare italiano finiti all'estero supera così i 10 miliardi di euro. Moncalvo (Coldiretti) confida in un'accelerazione della creazione di una filiera agricola tutta italiana
L’antico Pastificio Lucio Garofalo ha siglato un accordo preliminare per l'ingresso nella propria compagine azionaria, con il 52% del capitale sociale, di Ebro Foods, gruppo multinazionale che opera nei settori del riso, della pasta e dei condimenti, quotato alla Borsa di Madrid. Dopo la finalizzazione dell'accordo, prevista entro la fine del mese di giugno, Ebro Foods entrerà ufficialmente nel capitale sociale del Pastificio Lucio Garofalo Spa con un investimento complessivo pari a circa 62 milioni di euro.
La produzione del Pastificio Garofalo continuerà ad essere guidata dal quartier generale di Gragnano (Na) e l'identità dell'azienda rimarrà saldamente ancorata ai tratti distintivi, tra i quali professionalità e qualità, che l'hanno resa una dei principali attori nella produzione della pasta. L'accordo tra Ebro Foods e Garofalo Spa rappresenta una possibilità di crescita per le due aziende partendo dalla condivisione di una linea di sviluppo comune.
Massimo Menna
Massimo Mennea
 «L'ingresso del Gruppo Ebro nel capitale della Lucio Garofalo Spa - ha commentato l'amministratore delegato Massimo Menna (nella foto accanto) - ci dà la possibilità di consolidare il successo della nostra pasta nel Mondo. Questa operazione rappresenta un valore per il Sistema Italia e non va erroneamente letta come “un pezzo di Italia che se ne va”. La nostra azienda è sana e forte e questo l'ha messa nella posizione ottimale per cogliere la migliore opportunità di crescita».
«Abbiamo scelto Garofalo - commenta Antonio Hernández Callejas, presidente ed amministratore delegato Ebro Foods - per la qualità del suo prodotto, per gli eccellenti risultati raggiunti nel tempo e per le sue persone che, in particolare negli ultimi 15 anni, hanno permesso di dar vita ad una storia straordinaria e con cui abbiamo trovato una perfetta intesa professionale e personale».
Coldiretti: troppi marchi storici all'estero
«Con la vendita della pasta Garofalo agli spagnoli - dichiara il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo (nella foto in basso a destra) - supera i 10 miliardi il valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano passati in mani straniere dall’inizio della crisi, che ha favorito una escalation nelle operazioni di acquisizione del Made in Italy a tavola». Siamo di fronte ad una escalation della presenza spagnola in Italia con il passaggio del 25% di Riso Scotti nelle mani della stessa multinazionale alimentare iberica Ebro Food dopo che il Gruppo Agroalimen di Barcellona (Gallina Blanca) era salito al 75% nella proprietà di Star, mentre già nel 2011 la Fiorucci salumi era stata acquisita dalla Campofrio food holding s.l.
D’altro canto, l’operazione Garofalo segue da vicino l’acquisizione da parte della Bertolli da parte del fondo statunitense Cvc Capital Partners, che lo ha “strappato” al gruppo spagnolo Sos dopo che era già stato venduto all’Unilever. Ma il 2013 ha visto la cessione da parte della società Averna dell’intero capitale dell’azienda piemontese Pernigotti al gruppo turco Toksoz.
Prima ancora era stata la multinazionale del lusso Lvmh ad acquisire una partecipazione di maggioranza nel capitale sociale della Pasticceria Confetteria Cova proprietaria della società Cova Montenapoleone Srl, che gestisce la nota pasticceria milanese, mentre l’ultimo colpo nelle campagne toscane è stato messo a segno da un imprenditore cinese della farmaceutica di Hong Kong, che ha acquistato per la prima volta un’azienda vitivinicola agricola nel Chianti, terra simbolo della Toscana per la produzione di vino: l’azienda agricola Casanova - La Ripintura, a Greve in Chianti, nel cuore della Docg del Gallo Nero.
Nel 2013 si è verificato il passaggio di mano del 25% della proprietà del riso Scotti ceduto dalla famiglia pavese al colosso industriale spagnolo Ebro Foods. Nel 2012 la Princes Limited (Princes), una controllata dalla Giapponese Mitsubishi, ha siglato un contratto con AR Industrie Alimentari Spa (Aria), leader italiana nella produzione di pelati, per creare una nuova società denominata "Princes Industrie Alimentari SrL" (Pia), controllata al 51% dalla Princes, mentre il marchio Star passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen che ha aumentato la propria partecipazione in Gallina Blanca Star al 75%.
Infine, è volata in Inghilterra la Eskigel che produce gelati in vaschetta per la grande distribuzione (Panorama, Pam, Carrefour, Auchan, Conad, Coop). Nel 2011 la società Gancia, casa storica per la produzione di spumante, è divenuta di proprietà per il 70% dell'oligarca Rustam Tariko, proprietario della banca e della vokda Russki Standard; la francese Lactalis è stata, invece protagonista dell’operazione che ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino; il 49% di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group, la quale ha ora in corso una ristrutturazione degli impianti di lavorazione a Pomezia che sta mettendo a rischio numerosi posti di lavoro.
Roberto Moncalvo
Nel 2010 il 27% del gruppo lattiero caseario Ferrari Giovanni Industria Casearia Spa fondata nel 1823 che vende tra l’altro Parmigiano Reggiano e Grana Padano è stato acquisito dalla francese Bongrain Europe Sas e la Boschetti Alimentare Spa, che produce confetture dal 1981, è diventata di proprietà della francese Financière Lubersac che ne detiene il 95%. L’anno precedente, nel 2009, è iniziata la cessione di quote della Del Verde industrie alimentari Spa che è divenuta di proprietà della spagnola Molinos Delplata Sl, la quale fa parte del gruppo argentino Molinos Rio de la Plata.
Roberto Moncalvo
Nel 2008 è iniziata la cessione di Rigamonti salumificio Spa, divenuta di proprietà dei brasiliani attraverso la società olandese Hitaholb International, mentre la Orzo Bimbo è stata acquisita dalla francese Nutrition&Santè S.A. del gruppo Novartis. Con l’inizio della crisi si è dunque verificata una accelerazione nel processo di cessione dei marchi storici del Made in Italy che nell’agroalimentare era già in fase avanzata. Nel 2006 la Galbani era entrata in orbita Lactalis, ma lo stesso anno gli spagnoli hanno messo le mani pure sulla Carapelli, dopo aver incamerato anche la Sasso appena dodici mesi prima.
Nel 2005 la francese Andros aveva acquisito le Fattorie Scaldasole, che in realtà parlavano straniero già dal 1985, con la vendita alla Heinz. Nel 2003 hanno cambiato bandiera anche la birra Peroni, passata all'azienda sudafricana SABMiller, e Invernizzi, di proprietà dal 1985 della Kraft e ora finita alla Lactalis. Negli anni Novanta erano state Locatelli e San Pellegrino ad entrare nel gruppo Nestlè, anche se poi la prima era stata “girata” alla solita Lactalis (1998). Nel 1995 la Stock, venduta alla tedesca Eckes A.G, è stata acquisita nel 2007 dagli americani della Oaktree Capital Management, che lo scorso anno hanno chiuso lo storico stabilimento di Trieste per trasferire la produzione in Repubblica Ceca. La stessa Nestlè possedeva già dal 1993 il marchio Antica gelateria del Corso e addirittura dal 1988 la Buitoni e la Perugina.
«I grandi gruppi multinazionali che fuggono dall’Italia della chimica e della meccanica - ha affermato da Firenze il presidente della Coldiretti - investono invece nell’agroalimentare nazionale perché, nonostante il crollo storico dei consumi interni, fa segnare il record nelle esportazioni grazie all’immagine conquistata con i primati nella sicurezza, nella tipicità e nella qualità. Si è iniziato con l’importare materie prime dall’estero per produrre prodotti tricolori».
«Poi si è passati - conclude Moncalvo - ad acquisire direttamente marchi storici e il prossimo passo è la chiusura degli stabilimenti italiani per trasferirli all’estero. Un processo di fronte al quale occorre accelerare nella costruzione di una filiera agricola tutta italiana che veda direttamente protagonisti gli agricoltori per garantire quel legame con il territorio che ha consentito ai grandi marchi di raggiungere traguardi prestigiosi».
Italiaatavola

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