mercoledì 22 ottobre 2025

Dentro la crisi del personale: sei voci per capire

 

Dentro la crisi del personale: sei voci 

per capire perché 

la cucina italiana 

è allo stremo

La denuncia di una chef riaccende il dibattito sullo sfruttamento nella ristorazione: turni estenuanti, stipendi bassi e contratti irregolari mostrano le criticità dell’intero comparto. Samantha Merlo (Uiltucs), Rocco Pozzulo (Fic), Carlo Pierato (Cast Alimenti), Candida D’Elia (Alma), Andrea Chiriatti (Fipe) e Cristina Bowerman intervengono nell’inchiesta di Italia a Tavola

21 ottobre 2025 | 05:00
Schiavi in cucina: la denuncia che scuote la ristorazione italiana. Orari infiniti, salari da fame e contratti fantasma

Non è più solo una lamentela da “stagione difficile”: è una vera questione sociale. La denuncia di una chef italiana, pubblicata su Italia a Tavola, ha scoperchiato un vaso di Pandora che molti fingevano di non vedere: straordinari obbligati, affitti insostenibili, contratti irregolari e vite private azzerate. Un sistema che, in troppi casi, si regge su uno sfruttamento normalizzato. Sindacati, scuole e associazioni di categoria lanciano l’allarme: se non si interviene adesso, il settore rischia di collassare su sé stesso.

Dentro la crisi del personale: sei voci per capire perché la cucina  italiana è allo stremo

Turni insostenibili per i lavoratori della ristorazione

Dietro le cucine e le sale dei ristoranti italiani, soprattutto nelle località turistiche, si nasconde un mondo di doppi turnipause inesistenti e affitti insostenibili, dove «gli accordi firmati non rispecchiano le ore effettive» e le settimane lavorative superano facilmente le 60 ore. Oltre a questo, contratti "pirata" firmati da sigle minori e dumping contrattuale, evidenziati anche direttamente dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha chiesto maggior equità e giustizia nelle mansioni che riguardano il mondo della ristorazione.

Un problema che esiste, lo dicono tutte le parti in causa

«Non è un caso isolato», spiega Samantha Merlo, segretaria generale della Uiltucs, sottolineando come «i nostri uffici ricevano ogni giorno segnalazioni di lavoratori sfruttati». Il fenomeno colpisce in particolare il lavoro stagionale, dove flessibilità e precarietà diventano spesso sinonimo di abuso. Per Merlo, tuttavia, «nessuna difficoltà organizzativa può giustificare il mancato rispetto dei contratti».

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Samantha Merlo, segretaria generale di Uiltucs

Andrea Chiriatti, direttore area lavoro di Fipe, sottolinea che il problema della ristorazione non è l’assenza di tracciamento degli orari, ma la mancata organizzazione del lavoro. Il sistema per registrare le ore esiste già, anche se non sempre applicabile nei ristoranti tradizionali. Per Chiriatti, la priorità è la legalità, nel rispetto della direttiva europea che limita la settimana lavorativa a 48 ore. Le irregolarità derivano spesso da cattiva gestione più che da dolo. 

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Andrea Chiriatti, direttore area lavoro Fipe

Per Rocco Pozzulo, presidente della Federazione Italiana Cuochila radice del problema è nel modello di lavoro stesso: «Oggi la vera ricchezza è il tempo libero». Dopo la pandemia, molti professionisti hanno scelto di lasciare cucine e sale per ritrovare «la bellezza di stare a casa durante le feste». D'altro canto però, come afferma Carlo Pierato, docente formatore di Cast Alimenti, la ristorazione è un lavoro fisicamente e mentalmente logorante. «Chi lavora in accoglienza si espone continuamente, cerca di rendere felici gli altri, ma spesso dimentica sé stesso». Senza tempi adeguati di riposo, «la vita privata scompare», e con essa la possibilità di mantenere un equilibrio umano.

Straordinari: tra dovere, diritto e trasparenza

Il tema degli straordinari resta una delle principali criticità del settore. «Lo straordinario non deve mai essere obbligatorio e deve essere pagato correttamente» afferma ancora la Merlo, che chiede maggiorazioni più alte e un sistema di controllo più trasparente. La sindacalista ricorda che esistono regole sui tetti massimi e sulle maggiorazioni per festivi e notturni, ma serve «rafforzare la vigilanza e garantire tracciabilità delle ore effettive».

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Carlo Pierato, docente formatore di Cast Alimenti

Sul tema, il docente Carlo Pierato sottolinea come, fuori dai tirocini, «spesso non esista una tracciatura reale dell’orario di lavoro». Nelle grandi catene si timbra il cartellino, ma «nella ristorazione indipendente il controllo è meno diffuso». Serve quindi una maggiore rilevazione degli orari, per evitare che i forfait diventino pretesti di sfruttamento. Come conclude Pierato, «il lavoratore deve poter segnalare le anomalie e, se necessario, scegliere di cambiare contesto».

Contratti collettivi e dumping: il nodo della legalità

Il dumping contrattuale resta una delle piaghe più gravi del settore. «I contratti collettivi firmati da Cgil, Cisl e Uil stabiliscono regole chiare a tutela di tutti», spiega Samantha Merlo, «ma troppo spesso vengono aggirati con accordi siglati da associazioni di comodo». Una pratica che genera concorrenza sleale e «mina la dignità del lavoro, violando il principio di un salario equo e dignitoso sancito dall’articolo 36 della Costituzione».

In un importante intervento del presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato segnalato come i cosiddetti “contratti pirata” rappresentino una vera e propria mina vagante per il settore del turismo e della ristorazione. Accordi collettivi sottoscritti da rappresentanze poco rappresentative hanno portato alla diffusione di condizioni economiche e normative inferiori rispetto agli standard applicabili, generando dumping contrattuale, riduzione dei diritti e concorrenza sleale. Il richiamo del Presidente sul tema ha ridefinito la questione come priorità nazionale, sottolineando che «difendere il lavoro significa difendere salari, diritti e coesione sociale». Il fenomeno dei contratti pirata, oltre a colpire i lavoratori, danneggia le imprese rispettabili e rischia di compromettere la credibilità e competitività dell’intero comparto ospitalità.

Sui contratti, nel 2024 la Uiltucs ha firmato nuovi rinnovi contrattuali per il turismo e la ristorazione, introducendo aumenti salariali e misure per la conciliazione vita-lavoro. «Chi lavora nella ristorazione deve poter vivere, non solo lavorare», aggiunge la Merlo.

Formazione come equilibrio tra scuola e impresa

Nel mondo della ristorazione contemporanea, la formazione è diventata il punto d’incontro - e talvolta di scontro - tra scuole, imprese e lavoratori. «Il nostro ruolo è fare da ponte tra gli studenti e le brigate», spiega Candida D’Elia, responsabile della comunicazione esterna di Alma, scuola di alta formazione, «garantendo un equilibrio tra diritto all’apprendimento e bisogno dei ristoranti di avere professionisti pronti». Lo stage non deve essere «un sacrificio fine a sé stesso, ma una palestra di crescita».

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Candida D'Elia, responsabile delle relazioni esterne di Alma

Sulla stessa linea, anche Carlo Pierato di Cast Alimenti, che sottolinea il valore della formazione on the job: «La pratica conferma la teoria, e solo così si formano veri professionisti». Entrambe le scuole puntano sul monitoraggio continuo dei tirocini, per evitare derive di sfruttamento. Tuttavia, mentre D’Elia preferisce parlare di “scambio” più che di “abuso”, Pierato insiste sulla necessità di tracciare e valutare ogni esperienza, per intervenire se emergono criticità.

Divergono invece sul linguaggio: per D’Elia lo “sfruttamento” è un termine eccessivo, per Pierato è un rischio concreto da prevenire con formazione consapevole e partecipata. Entrambi però concordano sul ruolo centrale delle scuole come garanti di tutela, anche grazie al nuovo coordinamento tra istituti promosso da Fipe, che «unisce le voci del settore per non perdere i talenti e costruire percorsi sostenibili».

Apprendistato e crescita professionale

Sul fronte dell’apprendistato, il confronto resta aperto. Per Andrea Chiriatti (Fipe), la strada è quella di un «apprendistato di primo livello» che unisca formazione in aula e lavoro retribuito, offrendo ai giovani un ingresso qualificato nelle aziende. Anche Samantha Merlo della Uiltucs riconosce il potenziale di questo strumento, ma avverte: «L’apprendistato è utile solo se realmente formativo e non usato come scorciatoia per ottenere sgravi o eludere imposte».

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L'apprendistato è una risorsa per i giovani ma non va sfruttato in modo indebito

La Merlo chiede che ogni percorso sia retribuito e completato, e mette in guardia contro l’uso improprio dei tirocini come «forza lavoro a basso costo senza tutele né prospettive».

In sintesi, tutti concordano su un punto: formare bene significa prevenire lo sfruttamento. Solo percorsi chiari, monitorati e condivisi possono costruire una nuova cultura del lavoro nella ristorazione, dove crescere professionalmente non significhi rinunciare al proprio equilibrio umano.

Alloggi e sostenibilità del lavoro nella ristorazione

Il tema degli alloggi per stagisti e lavoratori stagionali è ormai una priorità per l’intero comparto. «Senza soluzioni abitative - spiega Candida D’Elia di Alma - non sarebbe possibile garantire la mobilità degli studenti. È un sacrificio per le strutture, ma un investimento sul futuro dei team».

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Avere un alloggio a prezzi accessibili è uno dei grandi problemi di chi lavora nella ristorazione nelle zone più turistiche

Anche Carlo Pierato di Cast Alimenti conferma la criticità: chi lavora in zone turistiche deve affrontare il problema di dove vivere. Le aziende, osserva, «possono scegliere se offrire stipendi più alti o vitto e alloggio, ma la vera questione è la qualità di questi spazi».Concorda Andrea Chiriatti di Fipe, che annuncia un decreto per finanziare staff house nelle aziende: un passo necessario in un Paese dove «il costo della vita erode il salario e rende insostenibile restare nel settore».

Agenzia nazionale per la ristorazione: regolazione e sostegno

L’idea di un’Agenzia nazionale per la ristorazione e l’accoglienza nasce dall’esigenza di dare valore e riconoscimento ufficiale ai ruoli professionali. «Servirebbe una regolamentazione chiara - spiega la D’Elia - che definisca stipendi, inquadramenti e competenze certificate. Non possiamo continuare con titoli autoattribuiti». Carlo Pierato aggiunge che il nodo principale resta economico: «Le regole ci sono, ma vanno applicate. Bisogna abbassare il carico fiscale e alzare gli stipendi», suggerendo un modello ispirato al sistema americano basato sulle percentuali di servizio.

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Un'Agenzia nazionale per la ristorazione può aiutare a risolvere i fattori più critici del settore

Un’Agenzia nazionale potrebbe inoltre coordinare controlli, formazione retribuita, monitoraggio di orari e straordinari e promuovere soluzioni concrete come alloggi e trasporti agevolati, oltre a favorire l’ingresso di professionisti qualificati tramite visti mirati, creando così un sistema integrato tra lavoro, turismo e filiere locali.

Soluzioni contro lo sfruttamento nella ristorazione

Contrastare lo sfruttamento richiede un approccio multilivello. Samantha Merlo della Uiltucs sottolinea l’importanza di «verificare orari e retribuzioni e aprire un confronto con l’impresa», promuovendo un sistema condiviso tra sindacati, imprese e istituzioni per monitorare regole e straordinari.

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Rocco Pozzulo, presidente Fic

La dignità sul lavoro è centrale per Rocco Pozzulo: «Molti locali non hanno spogliatoi adeguati», mentre la certificazione delle competenze e la formazione contribuiscono a rendere la professione più attrattiva. Anche Candida D’Elia insiste sull’accoglienza e il dialogo: «Non basta affidare un ragazzo a una macchina che macina ore di lavoro».

Carlo Pierato propone modelli retributivi alternativi, come la percentuale sul fatturato, e contratti più flessibili, mentre la chef Cristina Bowerman evidenzia che il problema passa anche per un alleggerimento fiscale per permettere alle imprese di assumere più personale.

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Chef Cristina Bowerman

Infine, Andrea Chiriatti ribadisce che «la legalità viene prima di tutto»: rispettare le 48 ore settimanali, pagare straordinari e pause, e pianificare i turni è essenziale. Denunciare abusi è legittimo e necessario per tutelare la dignità professionale. Pur riconoscendo l’alto costo del lavoro in Italia, Chiriatti lo considera secondario rispetto alla corretta gestione dei turni. Invita quindi le imprese a ottimizzare risorse e orari, anche con chiusure strategiche nei giorni meno redditizi, per costruire un sistema sostenibile e conforme alle regole.

Tutti però concordano su un punto: solo trasparenza, organizzazione e formazione possono trasformare lo sfruttamento in eccezione, garantendo sicurezza e dignità nel lavoro quotidiano.

Oltre la passione: verso una ristorazione giusta 

e sostenibile

La ristorazione non può più nascondersi dietro il mito della “passione”. Il lavoro resta lavoro, e come tale va pagato, regolato e rispettato. Se il settore vuole tornare ad attrarre talenti, deve smontare il modello dello sfruttamento sistemico e costruire un ecosistema sano, dove diritti e qualità di vita camminano insieme alla qualità gastronomica. Solo così la cucina italiana continuerà a essere non solo buona da mangiare, ma anche giusta da vivere.

Le interviste complete dell'inchiesta di Italia a Tavola

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