Il Congresso Nazionale Fisar 2025, svoltosi a Roma presso la Biblioteca della Camera dei Deputati, ha rappresentato un importante momento di confronto per il mondo del vino italiano. L’evento ha riunito produttori, sommelier, istituzioni e professionisti del settore per discutere il futuro della filiera vitivinicola nazionale, la necessità di rafforzare la comunicazione vino italiano e la collaborazione tra le diverse realtà del comparto. Tra i temi principali emersi: la valorizzazione dei territori, la formazione delle nuove generazioni e la costruzione di una rete solida a sostegno del vino come simbolo di cultura, identità e crescita economica. Il tutto in un periodo molto delicato per un settore che cresce ma che deve fare i conti con alcune problematiche, come i dazi Usa.
L’incontro della Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori, intitolato "Il vino come strumento di valorizzazione del Made in Italy", ha visto la partecipazione di importanti figure del panorama vitivinicolo nazionale. L’obiettivo principale è stato quello di evidenziare il ruolo strategico del vino nell’economia e nella cultura italiana, sottolineando la necessità di una comunicazione più efficace e di una collaborazione tra tutte le componenti della filiera.
Riccardo Cotarella e l’appello all’unità del settore
Nel suo intervento inaugurale, Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, ha sottolineato che il vino sta attraversando «un momento di riflessione e revisione», ma non di crisi. Secondo Cotarella, la forza del vino italiano risiede nella sua capacità di rigenerarsi, anche Dopo le difficoltà, grazie a una lunga storia di eccellenza e biodiversità. È stato ricordato come l’Italia sia «il più grande produttore al mondo e il più ricco di territori e culture vinicole».

Cotarella ha evidenziato l’importanza di fare squadra e di comunicare in modo più efficace il valore e l’identità del vino italiano, considerato un «patrimonio unico» e una componente essenziale dell’anima e della cultura del Paese.
Roberto Donadini: cooperazione
tra le associazioni di sommelier
Il presidente nazionale Fisar, Roberto Donadini, ha posto l’accento sulla necessità di «fare rete tra le associazioni di sommelier del vino». Questa collaborazione, ha spiegato, è oggi una necessità concreta per affrontare le sfide del futuro e promuovere una cultura del bere consapevole e di qualità.

Donadini ha ribadito che solo unendo le forze tra formazione, ristorazione e produzione sarà possibile valorizzare appieno il patrimonio enologico italiano. Fisar, ha sottolineato, è impegnata nel formare sommelier capaci di raccontare il vino con competenza e responsabilità, in stretta collaborazione con istituzioni e associazioni del settore.
Il contesto economico e le sfide del mercato vitivinicolo
Il congresso si è svolto in un periodo di trasformazione per il mercato del vino, segnato da nuovi dazi statunitensi e da un temporaneo rallentamento dell’export. I dati Ismea mostrano come gli importatori americani abbiano anticipato gli ordini nei primi mesi dell’anno, generando un effetto-scorta che ha alterato i flussi commerciali.

Nonostante ciò, il mercato europeo rappresenta ancora circa il 40% delle esportazioni complessive, segno di una filiera vitivinicola solida e resiliente. Più che una crisi, il settore attraversa una fase di riequilibrio che richiede una comunicazione più chiara e coordinata, capace di valorizzare il ruolo del vino come ambasciatore del Made in Italy nel mondo.
Michele Zanardo: la forza delle denominazioni italiane
Michele Zanardo, presidente del Comitato Nazionale Vini Dop e Igp, ha ricordato che l’Italia conta «oltre 530 denominazioni di origine e più di 500 vitigni autoctoni». Un patrimonio straordinario, ma anche fragile, considerando che solo dieci denominazioni coprono il 50% dell’export complessivo.

Zanardo ha evidenziato la necessità di valorizzare i territori minori, sostenendo la diversità come elemento chiave di competitività. Ha inoltre ricordato che l’Italia è stato uno dei primi Paesi europei a dotarsi di una legge sulle denominazioni nel 1963, un modello che resta oggi un punto di riferimento a livello internazionale. Il vino, ha aggiunto, «non è solo un prodotto economico, ma una forma di civiltà».
L’intervento dello chef Davide Pulejo:
il valore del fattore umano
Lo chef stellato Davide Pulejo ha concluso il convegno sottolineando l’importanza del fattore umano e della formazione dei giovani. È stato ribadito quanto sia essenziale educare le nuove generazioni al rispetto per il lavoro e alla valorizzazione delle proprie competenze.

Secondo Pulejo, il cibo e il vino rappresentano due pilastri fondamentali del Made in Italy, e chi li promuove nel mondo agisce da ambasciatore della cultura e dell’identità nazionale. Da questo impegno deve ripartire la crescita del Paese, attraverso la passione, la professionalità e la consapevolezza di ciò che l’Italia può offrire.

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