Home restaurant, regole in arrivo
Sicurezza e trasparenza anche in casa
Il ministero dello Sviluppo economico definisce gli home restaurant
“attività economica in senso proprio” e quindi soggetta alla normativa che regola la somministrazione al pubblico di alimenti. La fornitura di queste prestazioni comporta infatti il pagamento di un corrispettivo e il rispetto di certi obblighi.
Il ministero dello Sviluppo economico ha integralmente confermato, con una propria risoluzione, quanto Italia a Tavola e Fipe-Confcommercio hanno da sempre sostenuto relativamente alla natura commerciale delle attività effettuate dai cosiddetti “home restaurant”. Il Ministero, infatti, non solo definisce esplicitamente tali realtà come “attività economiche in senso proprio”, ma afferma anche che la disciplina commerciale applicabile agli home restaurant è quella relativa alle attività di somministrazione di alimenti e bevande al pubblico, sia per quanto riguarda il possesso dei requisiti necessari (morali e professionali) sia per l’obbligo di presentazione di una Scia (Segnalazione certificata inizio attività) o eventualmente della richiesta di autorizzazione, nel caso di attività svolte in zone tutelate. Una conseguenza di questo inquadramento è che tali attività sono quindi soggette all’accertamento del requisito della sorvegliabilità di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza.
“L’attività in discorso - precisa la risoluzione n.50481 del Ministero - anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitati, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Infatti, la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo, quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività si esplica quale attività economica in senso proprio”.
Lino Enrico Stoppani, presidente di Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) e vicepresidente Confcommercio, ha dimostrato grande soddisfazione per la nota del ministero dello Sviluppo economico che definisce gli home restaurant “attività economica in senso proprio”; «Ben venga - dichiara Stoppani - l’innovazione che rispetta le regole!». Una presa di posizione sostenuta già da qualche mese dal direttore di Italia a Tavola, Alberto Lupini, che ha sostenuto la necessità di una regolamentazione: “Se da un lato è certamente stimolante l’idea della convivialità domestica - ha affermato Alberto Lupini in un recente editoriale - dall’altro non si può accettare che, in assenza di qualunque controllo o regola, qualcuno possa costruire il proprio business basato sul cibo pur non essendo un cuoco professionista”.
«La risoluzione del Ministero - ha continuato il presidente Stoppani - ripristina, senza spazio per dubbi e interpretazioni, le regole per una competizione leale e corretta: a parità di attività ci vuole parità di regole, di tributi e di obblighi. Non è, infatti, ammissibile - prima di tutto per garanzia e sicurezza dei cittadini - che ci possano essere modalità diverse di fare ristorazione: da un lato quelle soggette a norme e prescrizioni rigorose a tutela della qualità e della salute; dall’altro quelle senza vincoli, senza controlli, senza tasse, senza sicurezze igieniche».
Italia a Tavola ha acceso i riflettori sugli home restaurant da quando questo fenomeno ha iniziato a diffondersi sempre di più al punto di essere considerato quasi una moda, e tra i primi a preoccuparsi degli interessi e diritti dei ristoratori, Matteo Scibilia, cuoco e ristoratore oltre che responsabile scientifico di Italia a Tavola, ha denunciato la mancanza di trasparenza di questi ristoranti domestici: “Da noi, con la crisi del lavoro, con una disoccupazione spaventosa, l’idea che si possa invitare gente estranea in casa propria, facendola naturalmente pagare, ha scatenato la fantasia di tanti, ma proprio tanti. Noi ristoratori italiani cosa dovremmo fare? Chiudere le nostre attività, chiedere una trasformazione d’uso dei nostri locali, trasformarli in appartamenti, così da diventare anche noi Home restaurant? Magari pagheremo un forfait di tasse?”
«Il settore della ristorazione - conclude Stoppani - è sempre più attento e aperto all’innovazione e alla sperimentazione di nuove formule, come dimostrano le migliaia di imprese che nel nostro Paese si sono conquistate la fiducia e l’apprezzamento dei clienti. Ben vengano quindi nuove idee e nuovi approcci, purché siano sostenute da un corretto spirito imprenditoriale, da trasparenza e da lealtà verso i consumatori e verso lo Stato».
COMMENTI
1) Ancora "Regole"
Allora, gioiamo tutti, perché finalmente altri lacci vengono posti alla libera iniziativa. Non battersi affinché la ristorazione non venga vessata con obblighi di corsi per i dipendenti, aggiornamenti ai corsi, controlli sugli scontrini come se si spacciasse droga, tasse assurde e impagabili, balzelli ad ogni pie' sospinto, no, meglio dar sfogo all'invidia e dire: visto che siamo degli smidollati, sempre pronti alla lamentela da bar, ma mai coesi per una protesta dura e costruttiva, allora che muoiano anche le altre attività. Ma dove pensate che arriveremo, con questa guerra tra poveri ? Perché, quando arrivano i controlli, spesso condotti con piglio intimidatorio, non siete felici di queste attenzioni da parte dello Stato ? Perché non pagate le tasse assurde con il sorriso sulle labbra, convinti di fare il vostro dovere ? Ancora non avete capito che il nemico delle attività imprenditoriali, almeno in Italia, non è il concorrente, ma è quello Stato vorace che oggi voi invocate ? E lo dico da ristoratore, non da dipendente pubblico a stipendio garantito ! In tanti anni di attività, mai ho sofferto la concorrenza di chi invita 5 o 10 persone, di tanto in tanto a casa sua, ma ho sempre fatto tanta fatica a pagare il pizzo che lo Stato esige. Comunque, da oggi sarò sereno: finalmente lo Stato risolverà i problemi della ristorazione.
Giuliano D'Ambros
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